martedì 2 agosto 2016

Sorelle

"Vengo anche io o resto qui?"

Kim e Neal si erano rifugiati nel loro angolino di mondo lontano dai figli, dal branco e dai rispettivi genitori. Abbracciati, con intorno solo il silenzio del deserto, a entrambi sembrava sempre di ritornare indietro nel tempo quando la vita era infinitamente più semplice e loro non erano altro che una coppia di scapestrati intenta a concedersi un primo, improvvisato, viaggio insieme. Potevano ancora permettersi di dormire in auto, nel bel mezzo del nulla, e chiudere gli occhi senza pensare ad altro che non fosse il respiro dell'altro sul proprio viso. Le cose, ultimamente, si erano fatte più complicate. Immensamente più complicate. Non era solo la storia del bracciale di Elianide, e del modo di riaprire le porte di Aasgard a turbarli. Avevano una famiglia numerosa a cui badare, figli che dovevano essere istruiti in un apprendimento sempre più complesso di poteri e rituali, una congrega ed un branco a cui avevano entrambi prestato giuramento. Sentivano le loro spalle cariche di un peso sempre maggiore. 

"Ti direi di restare a casa, con i bambini...ma credo che tu possa essere più utile venendo con noi. Elianide a quanto pare parla solo con te"

"E la cosa, a quanto pare, non fa piacere a qualcuno" - Neal si era girato a guardarla, aggrottando la fronte  nel notare sul viso della moglie un'espressione tanto preoccupata quanto triste. Si era rischiarato la gola, strusciando poi la guancia contro la tempia di lei "Non...ti ho detto niente perchè pensavo che avresti iniziato a borbottare al solito tuo. Che  ce l'ho con tuo padre e che sono di parte ma..." Si era interrotto, forse cercando le parole più giuste "Ultimamente...non ti sembra che lui stia un pò cambiando?"

Lei era rimasta in silenzio poi, lentamente, aveva annuito. Stellan era strano. Non sapeva se tutta quella storia avesse, semplicemente, tirato fuori il peggio di suo padre o se al contrario era davvero avvenuto un cambiamento in lui. Fatto sta che era sempre più nervoso e la rabbia prendeva il sopravvento con facilità estrema. Frequentava sempre meno i bambini, stando per la maggior parte del tempo rinchiuso nel proprio studio a cercare indizi e segni che riuscissero a fargli capire che strada seguire per poter, finalmente, arrivare alle porte di Aasgard. Kim non lo avrebbe mai ammesso, orgogliosa com'era,  ma il fatto che lui la cercasse semre e solo pper parlare del bracciale e di Elianide la feriva profondamente. Si sentiva, in un certo senso, abbandonata da lui. E tentava di scacciare dalla testa quel pensiero ripetendosi che non era più una ragazzina, era donna e madre, ed era comprensibile che suo padre non potesse passare un pò di tempo con lei. Si trattava di una missione piuttosto delicata, era in gioco la salvezza del mondo. Non era certo il momento di badare al rapporto genitore - figlia

"Credo...sia semplicemente l'ansia. Le aspettative. E' lui ad individuare i posti, e cosa stiamo cercando li dentro. Insomma, sono convinta che gli passerà non appena questa storia avrà fine" Neal non aveva detto niente, per un pò. Il punto era che "questa storia" durava ormai da anni, non più mesi. Ritrovare l'ingresso di Aasgard, dal momento in cui Kim aveva dato inizio alla profezia, richiedeva non solo una buona dose di intelletto nel ritrovare quanto indicato dalla mappa ma anche la pazienza di effettuare le spedizione nel preciso punto di congiunzione astrale necessario a rivelare luoghi e stratagemmi. Se c'era una cosa che il mannaro aveva imparato, in tutto quello, era che l'Alchemia era una scienza molto, molto complessa. E a lui, le cose complesse, stavano sul culo. Preferiva nemici visibili, concreti, piuttosto che ostacoli mentali. Infatti, neanche a dirlo, i Quesadillas gli stavano "simpatici"

"Cos'hanno scoperto i tuoi contatti riguardo i Brujos, invece?"

Kim si era messa in contatto con Congreghe di altri stati, alla ricerca di indizi che potessero rivelare loro qualcosa di più cospicuo riguardo il gruppo di persone che appariva puntuale ad ogni loro spedizione

" A quanto pare si tratta di discendenti di sacerdoti Aztechi. Adoratori del male, nelle forme antiche con cui il male è conosciuto su questa terra. Non sono Brujos molto socievoli"
"Quindi non troveremo l'indirizzo della loro Congrega sull'elenco telefonico, vero"
"No. Ma a quanto pare hanno mezzi decisamente potenti e risorse cospicue. Non sono solo fanatici, sono fanatici molto ricchi"
"E noi cosa abbiamo, invece?"
"Il cannocchiale e il bracciale"
"Dio..."
"Si lo so, sembra poco. Ma si tratta pur sempre della mappa e della chiave d'accesso"
"Una mappa incomprensibile, e una chiave mezza rotta"
"Neal..."
"Non riusciamo neppure a vederla!"
"...La vedremo presto. Tra altri 15 morti, per l'esattezza"
"Dunque noi vogliamo distruggere l'ingresso di Aasgard. Loro invece vogliono aprirlo?"
"Non esattamente"
"Ah ok, stavo iniziando a preoccup..."
"Loro vogliono bagnare il mondo nel sangue, perchè credono che più sacrifici umani commetteranno più grandi e forti sono i loro poteri"
"..."
"Puoi preoccuparti, ora"
"Grazie per avermelo detto, Kim. Quando hai detto che dobbiamo partire?"
"Tra tre mesi, circa"
"In tempo per il compleanno di Selene, praticamente"
"Quest'anno sono sedici, Neal, preparati"
"...A cosa?"
"Beh. La patente. La macchina. Grande festa. Un bel vestito"
"A Selene non interessano tutte queste cose"
"...Ah no?" l'ironia nella voce di Kim era evidente
"No." aveva risposto, in tono piuttosto seccato, talmente buffo da strappare alla moglie un sorrisino
"Beh, staremo a vedere"
"Comunque mia figlia non metterà mai un fottuto abito rosa"

- - -

No non era rosa. L'aveva voluto rosso. Ed era semplicemente bellissima con addosso quell'abito. Per un attimo, nel vederla spuntare vestita in quel modo mentre stava seduto sul divano, il cuore di  Neal aveva vacillato. Chi era, quell'adolescente?  Che ne aveva fatto della sua bambina. La rivedeva tendersi nella culla, per tentare di arraffargli la barba, e gattonare per casa ridacchiando. La ciccia tra le giunture del corpo, la bocca sdentata. Ora la ciccia c'era ancora, ma era...al punto giusto. Sua figlia aveva il seno, e il sedere. Un sedere che ricordava moltissimo quello di sua madre. Ed anche la bocca era quella carnosa e sensuale di Kim. Lo sconforto aveva preso piede nel cuore del mannaro, che era rimasto muto anche quando la figlia aveva continuato a chiedergli

"Insomma papà, ti piace o no?"
"...Cosa?"
"Ma come cosa? L'abito"
"No"

No, non gli piaceva. Voleva che le rimettessero l'abitino rosso di quando aveva sei anni. Quello con il fiocco che lei aveva strappato dopo qualche minuto. Ecco, quello era l'abito per lei. Non quei tre metri di seta di un rosso quasi cupo, intenso, che fasciava il corpo snello e affusolato della figlia e pareva voler gridare ad ogni maschio della zona "Sono qui per te. Guardami. Prendimi. Mangiami"

"No Selene questo è...davvero. Brutto"
Aveva sollevato gli occhi nei suoi, fissando lo sconforto che aveva visto apparire nello sguardo della figlia
"Davvero papà?"
"Si trovo che  ti ingrassi"

Lei aveva abbassato la testa, fissando con mestizia l'orlo del proprio abito
"Ah...ok. Vado...vado a toglierlo"

L'aveva vista risalire le scale, seguendola con lo sguardo. E poi lui si era alzato, e precipitato fuori. Aveva percorso con una certa velocità i metri che separavano la casa dalla casetta in cui Kim conduceva i propri esperimenti e preparava intrugli. Non aveva bussato, non aveva proprio aperto la porta, sfondandola in un colpo solo e facendo sobbalzare la moglie

"Ma cosa cazzo fai!?" aveva gridato, la mano ancora al petto a placare il battito cardiaco. Offa sembrava quasi ridere di un tale ingesso e aveva accolto Neal col consueto scoppiettare  di fulmini
"Dobbiamo parlare, Kim. Subito. E' abbastanza urgente"
"Di cosa?"
"Di Selene"
"Che è successo? Sta male?"
"No. E' per la sua festa"

Il viso di Kim da preoccupato si era fatto scettico. Aveva sospirato, tranquillizzandosi, ritornando a girargli la schiena per concentrarsi sulle provette che aveva di fronte a sè sul tavolo. Se era la festa non era poi cosi urgente. Neal sembrava nervoso, ma diciamo che non era mai l'essenza della tranquillità

"Un minuto. Finisco di preparare questa pozione e..."

Lui non aveva aspettato. Si era avvicinato a lei, preso le provette, versato il contenuto di tutte nel pentolino che stava sobbollendo dolcemente. Senza una tecnica, senza un ordine preciso, senza badare alla quantità. Gli occhi di Kim si erano sgranati, non riuscendo a nascondere l'orrore di veder sfumare nel nulla il frutto di mesi di particolari procedure di distillazione. Le manacce del marito avevano rovinato non solo la preparazione base, ma anche gli ingredienti stessi

"Ecco qui, la pozione è fatta, ora parliamo"

Si era seduto, e l'aveva trascinata sulle sue ginocchia. Mentre Kim cercava di placare la propria rabbia onde evitare di infilare quella mannarica zucca vuota nella pentola e contava fino a un milione per non gridargli in faccia quanto inutili fossero quelle sue zampacce lui le aveva preso le mani, come se stesse per fare una preghiera

"Devi...devi preparare qualcosa. Un incantesimo, un rituale, una pozione. Qualsiasi cosa. Che non faccia crescere Selene"

E solo allora, nel vedere l'espressione di assoluto smarrimento e panico che era apparsa sul suo volto, ad accompagnare quella strampalata quanto infattibile richiesta, la rabbia era improvvisamente svanita per lasciare spazio ad una profonda, intensa, comprensione. E tenerezza

"Neal...so che vorresti che lei rimanesse per sempre la tua ciottolina lardolosa. Ma non può andare cosi. E so che questo lo sai anche tu" aveva cominciato, prendendo a carezzargli il viso
"Io so perfettamente quello che voglio e voglio...voglio che lei...che lei non..."

"Non vuoi che veda il mondo? Che viva esperienze simili alle nostre?"
"Intendi come quando mi è esplosa la testa del vampiro tra i denti? No"
"No. Intendo...come quando tu  e Aria vi siete infiltrati al matrimonio. O io e te abbiamo truffato quella gente al Casinò. Intendo vedere posti nuovi, conoscere gente che diventerà importante per lei" aveva fatto una piccola pausa, Neal non la guardava negli occhi "Non vuoi che si innamori?"

Lui aveva sollevato la testa di scatto, verso di lei, come se avesse appena bestemmiato tutte le divinità Native Americane in cui lui credeva. Ok forse credeva era un parolone, ad ogni modo erano quanto più affine ad un credo avesse

"NO! No che non voglio che qualcuno le infili una mano tra le cosce" si stava arrabbiando, era evidente. Kim rimaneva tranquilla invece, tra le sue braccia "E se non puoi pensarci tu rendendola piccola per sempre allora...allora ci penserò io. Uccidendo chiunque le si avvicini. Chiunqu.."

Lei lo aveva baciato. Delicatamente, sollevandogli il mento con la punta delle dita. Lui aveva continuato a ringhiare e borbottare anche mentre lei gli schiudeva le labbra, con la propria lingua, e placava tutta quella furia nell'unico modo realmente efficace che conosceva. Solo quando lui si era un pò acquietato, e aveva sentito la mano del marito scivolare verso il culo, si era staccata, rimanendo vicino a lui, abbracciata, fronte contro fronte

"Tua figlia merita di essere felice. Ed io sono felice, con te. Lo sono stata dal primo momento in cui sei entrato nella mia vita. Non devi pensare a quando farà sesso...perchè prende da noi due, Neal, e lo farà presto" lui aveva spalancato la bocca per dire qualcosa ma lei ci aveva posato un dito sopra, azzittendolo "Devi pensare a quanto bello sarà per lei. A quanto felice potrà mai essere. E se qualcuno le farà del male, allora lo uccideremo insieme. Ma Neal...io non ti ho impedito di cambiare le mie abitudini, di fare in modo che le cose tra noi andassero come dovevano andare. Tu non puoi impedirle di fare i propri passi, in questo mondo"

Aveva continuato a baciarlo, sul collo, con dolcezza disarmante "Ti appartiene, e ti apparterrà sempre. Non ti voleva bene perchè la tenevi tra le braccia, te ne vuole perchè sei un padre meraviglioso. E continuerai ad esserlo anche in futuro. Lo sarai un pò meno se la murerai viva in un convento"
Aveva introdotto la mano nella sua camicia, facendo saltare dolcemente qualche bottone. E lui aveva cominciato a sospirare "Non vuoi che si senta felice? Come lo sei tu con me? Perchè tu sei felice, vero Neal?" Era una domanda retorica, che aveva formulato mentre la mano scivolava sotto la sua cintura, carezzandolo in maniera più intima. Lui aveva sospirato "Si" socchiudendo gli occhi.
"...E vuoi che io ti renda ancora più felice, adesso?" aveva chiesto, carezzevole e ruffiana, continuando con quel tocco delicato "Si...bambolina, fammi felice"  Kim aveva sorriso
"Bene" poi si era avvicinata alla sua bocca e aveva morso, con cattiveria, il labbro
"...Questo perchè tu ti ricorda di non toccare più le mie provette la prossima volta" lui aveva incassato, il sangue a scivolargli tra le labbra, gli occhi che pensavano già ad altro. Senza troppa fatica l'aveva sollevata in braccio, facendo risalire la gonna lunga oltre le sue gambe. Ora anche Kim, era ansante. Di li a poco, i vetri del capanno iniziarono ad appannarsi di quella che i Saunders conoscevano come una delle tante, piacevoli, manifestazioni della felicità

- - -

"Muoviti Kat"

Selene era raggiante. Lei e la sorellina erano andate a ritirare le ultime cose per la festa che si sarebbe tenuta da li a un paio di giorni per celebrare i suoi sedici anni. Le mani della maggiore erano impegnate a tenere due grosse buste di cartone pesante, mentre le manine della minore stringevano con particolare cura un enorme cono gelato. Katniss era decisamente il tipo di bambina che faceva fermare la gente per strada, al proprio passaggio. A sei anni aveva una bellezza diversa, rispetto a quella di Selene, ma altrettanto spiccata. Era biondissima, gli occhi di un colore indefinito tra l'azzurro e il verde e il sorriso facile e contagioso. A differenza dell'altra femmina di casa aveva una smodata predisposizione per il rosa, i fiocchi, gli abbellimenti. Neal aveva spesso storto la bocca nel vedersela zompettare davanti con qualche fiorellino tra i capelli, o qualche fermaglio sbrilluccicoso che recuperava chissà dove. Questa era un'altra prerogativa della bambina: rubacchiava. Non si sa bene se fosse gene materno, o paterno, ma se in casa spariva qualcosa era quasi sicuramente opera sua. E, altrettanto sicuramente, se appariva qualcosa di nuovo era stata lei a prelevarlo in giro.

"Lecca più veloce o finirà con lo scogliersi tutto"
"Ci sto provando, ma fa troppo caldo"

Selene aveva lasciato indietro la sorella di qualche passo, poggiando le buste a terra  e fermandosi per recuperare le chiavi dalla propria auto. Il tintinnare del metallo era stato interrotto da un grido, dietro di lei. Quando si era girata il gelato era a terra e Nicholas la teneva stretta per un braccio. Era lo stesso bambino che la ragazza aveva picchiato, anni prima, per difendere Katnissi. Che strattonava, ora, per liberarsi

"Lasciami! Lasciami!"
"Ehi! Ehi! Cosa credi..."
Selene si era bloccata, nel veder apparire da dietro i cespugli li vicino altri cinque ragazzi. Tra tutti, aveva riconosciuto Samuel. Fratello di Nicholas. Aveva picchiato anche lui tempo fa, e l'umiliazione di averle prese da una più piccola aveva scavato un solco profondo nella memoria del ragazzo. Lei aveva sgranato gli occhi, nel vederli sghignazzare, e avvicinarsi. Un conto era picchiare un solo ragazzo, in un cortile pieno di bambini, a scuola. Un altro doverne affrontare cinque, di cui due armati di mazza da baseball, in un parcheggio isolato dove erano loro. Il cuore di Selene aveva cominciato a battere sonoramente

"Guarda guarda chi c'è qui...sei diventata una vera bellezza, Selene Saunders"
"E tu sei rimasto un gran coglione con la faccia piena di pus, Samuel Corrigan"

Aveva risposto lei, innervosita. Aveva fatto qualche passo per avvicinarsi alla sorella ma era stata placcata e immobilizzata. La tenevano in due per braccio, e nel frattempo Samuel si era avvicinato a Nicholas e gli aveva passato la mazza da baseball, afferrando lui Katniss. La teneva ferma per entrambe le braccine, e la piccola gridava e cercava di morderlo, e scalciare

"Avanti Nick. E' ora di riscattarsi. Dimostra di essere cresciuto. Colpiscila"
"LASCIALA, LASCIATEMI"

Selene si disperava, gli altri ragazzi sghignazzavano

"Quanto tiri dolcezza. E non sei niente male. Scommetto che ti piace prenderlo con violenza, mh?" aveva commentato uno di loro, facendo scivolare un'occhiata lasciva sul corpo, soffermandosi ora sui seni ora sul culo. Il cuore della ragazza andava veloce, sempre più veloce. Aveva già avuto paura altre volte, ma ora era diverso. L'adrenalina che sentiva nelle situazioni eccitanti o pericolose non era niente a quell'emozione che faceva largo dentro di lei, e che aveva conosciuto il suo picco quando Nick, impugnata la mazza, aveva cominciato a colpire Katniss. Alle ginocchia, alle gambe, allo stomaco. Le grida della sorellina si mescolavano alle risate dei ragazzi, ai fischi e agli incitamenti. E poi, improvvisamente, qualcosa dentro di lei si ruppe. Non avrebbe saputo dire cosa, ma era come se un velo si fosse improvvisamente stracciato, se qualcuno le avesse acceso una luce nel cervello, o fatto scattare i freni che arginavano un torrente. Era successo, tuttavia. Un attimo prima era un ragazza spaventata, arrabbiata, minacciata. L'attimo dopo la bestia dentro di lei aveva cominciato a risvegliarsi. Il corpo si era improvvisamente fermato, cessando di strattonare, un pò come fanno i grossi predatori quando puntano la preda, e la voce si era modulata  in un ringhiare sommesso che non aveva davvero nulla di umano. Teneva gli occhi fissi sul viso di Katniss, sulla scena che si stava consumando li di fronte, e nel sentire i latrati la sorellina aveva riconosciuto quel bagliore dorata che si affacciava per la prima volta negli occhi di Selene. I ragazzi avevano smesso di ridere, e Samuel aveva allentato la presa. Non capivano cose stesse accadendo, ma avevano tutti e quattro ritratto le mani nel vederle il corpo mutare. La pelle liscia lasciava il posto ad una peluria via via più compatta, il viso si sformava. La bocca carnosa che tanto ricordava quella di Kim era sparita per lasciare posto a muso e zanne. Katniss non era una stupida. Crescere in una famiglia per metà mannara ti da il privilegio di sapere perfettamente che se assisti a una mutazione del genere per la prima volta ti resta una sola cosa da fare. Scappare. Lei era corsa via, più veloce che poteva, sopportando il dolore causato dai colpi della mazza da baseball. Gli insegnamenti del padre e della madre le rimbombavano nel cervello mentre cercava, con ansia crescente, un punto su cui arrampicarsi. In alto, doveva stare in alto. Dietro di lei il ringhiare si era attutito, ma a farla da padrone adesso erano le urla maschili che sentiva. Un brivido di paura le era corso lungo la schiena, facendole arrampicare i capelli. Un metro, ancora un altro, mentre qualcuno dietro di lei gridava "Colpiscila" o "Scappate".. Le manine ancora impiastricciate di gelato avevano impattato contro la corteccia, frettolosamente, e lei aveva preso ad arrampicarsi. Giusto un paio di passi, e poi eccola ruzzolare di nuovo giù, consumare l'abitino rosa all'altezza delle ginocchia. Eppure la bambina non piangeva. Ansimava, leggermente, le guance rese rosse da paura ed eccitazione, ma rimaneva forte e concentrata. Di nuovo, riprese la scalata. Il ramo era vicino, era cosi vicino. Riuscì finalmente a sedersi sul ramo, e si accorse solo allora di tremare, vistosamente, e di avere le gambe completamente ricoperte di sangue. Sudata, ansante, girò il viso per vedere cosa stava succedendo nel piazzare. Il ragazzo che Selene stava sbranando era ancora vivo. Lo sentiva gridare, mentre lo tirava per una gamba, riportandolo verso il centro del piazzale. Nicholas era a terra, abbracciato alla mazza da baseball, gli occhi sbarrati e la gola lacerata. Il sangue si allargava vistosamente lungo l'asfalto.
Katniss non seppe mai quanto tempo rimase li a fissare ciò che la sorella stava facendo. Si trattò di ore, comunque. La vide sfogarsi appieno, torturando i corpi fino a renderli irriconoscibili. Procedere a passo spedito verso il suo albero, ringhiare col muso sporco di sangue. Azzardare un paio di passi per cercare di afferrarla. Cosa che la fece gridare, di nuovo, e tirare su le gambe terrorizzata. Poi la lupa sbuffo, e scivolò silenziosa oltre i cespugli, in aperta campagna.
La bambina vide il sole tramontare, e sentì la morte nel cuore quando vide i fari di un auto. Aveva freddo e fame, le mancavano la mamma e il papà. Sapeva che non era prudente scendere, e sapeva anche che non aveva modo di avvertirli. Ma più di tutto era convinta che se avessero visto i corpi e trovato l'auto avrebbero dato la colpa alla sorella. Potete dunque immaginare il suo sollievo quando riconobbe la Jeep di Neal, e la figura del padre scendere dall'auto assieme a quella della strega.
Al mannaro non ci volle troppo per capire cos'era successo. Senza perdersi in chiacchiere si era trasformato. Spettava a  lui il compito di recuperare la maggiore. Kim ,invece, si era guardata intorno con l'ansia di chi ha il timore di girare l'angolo e ritrovare un corpicino tanto amato dilaniato dai morsi di qualcuno che amava allo stesso modo

"Mamma. Sono qui"
"Kat! Arrivo!" aveva sorriso, grata alla Dea, alla vita, o semplicemente felice. Filamenti sottili, di una tenue luce azzurrina, avevano dolcemente afferrato il corpo della bambina per farlo scivolare verso di lei, diretti al suo braccio
"Va tutto bene tesoro. C'è la mamma ora. E' tutto ok. Andiamo a casa"
"Mamma...Selene...lei mi ha difeso e..."
"Lo so, tesoro"
"Non la punirai vero?"
"No, ma adesso saliamo in macchina"
"E papà?"
"Tornerà più tardi, con lei"

- - -

L'aveva trovata nel fitto. Nuda e addormentata, spossata. Con colpi leggeri di muso le aveva sfiorato la guancia. Selene si era svegliata infreddolita, ringhiando appena, rincuorata nel vedere il padre

"Papà...papà" era ancora confusa, lo si capiva bene. Neal si era lentamente ritrasformato, per poi abbracciarla con trasporto
"Va tutto bene. E' tutto ok"
"Kat...io non l'ho...non l'ho uccisa, vero?"
"No. A lei non hai fatto niente"
"E...agli altri?"

Neal l'aveva scostata da sè, per guardarla seriamente negli occhi

"Gli altri sono morti Selene. Riesci a ricordare cos'è successo?"
"Io...loro avevano..." no, non ricordava. C'erano solo frammenti, e aveva un gran mal di testa. Ma Neal aveva capito. Le mazze, la presenza di tutte quelle persone. Non ci voleva un genio per capire che le avevano deliberatamente accerchiate
"Ascoltami Selene. Sai perfettamente ciò che sei. Sei stata cresciuta, per essere ciò che sei. Hai difeso la tua famiglia, il tuo branco. Non devi sentirti in colpa per questo, devi essere orgogliosa"
"Ma potevo uccidere Kat"
"Perchè ancora non controlli pienamente la tua natura. Ma a questo rimedieremo presto mh? Sono...cosi fiero, di te"

Lui era davvero felice. Entusiasta. La figlia sporca di sangue rappresentava il coronamento di un sogno che aveva covato, per lei, sin dal primo momento in cui l'aveva stretta tra le proprie braccia

"E cosa facciamo, adesso?"
"Ciò che va fatto" aveva concluso lui, semplicemente. Si era sollevato, e l'aveva aiutata ad alzarsi. Ritornati al parcheggio c'erano le luci di un auto altrettanto conosciuta. Kim aveva avvisato Norwood e Cassandra. Era la nonna ora a farsi strada tra i presenti, mentre altri del branco sollevavano i corpi infagottati dentro sacchi neri e li caricavano sul furgoncino, Teneva aperta una coperta indiana, con cui aveva drappeggiato il corpo di Selene. Tutti sembravano più felici che dispiaciuti per quanto successo. Ben presto i cadaveri vennero portati via. Il sangue lavato. La jeep fatta sparire. Sull'asfalto rimaneva semplicemente un cono gelato, ormai del tutto sciolto

 - - -

Era passato qualche giorno. Selene non si era staccata un minuto dal lettino in cui riposava Katniss. La bambina era stata medicata, ma le era salita la febbre per il freddo preso. Non era in pericolo, semplicemente aveva bisogno di un pò di riposo. Aveva riaperto gli occhi ritrovandosi li vicino la faccia di Selene

"Ciao pisciasotto"
"Ciao Lene"
"Come ti senti?"
"Mh. Cosi. Ho voglia di  gelato"
"...magari dopo, quando mamma non vede, te ne porto un pò ok?"

Gli occhi della bambina si erano illuminati di gioia

"E tu come stai?"
"E'...tutto cosi strano. Sento le cose diversamente e...vedo. Le cose diversamente" aveva sniffato l'aria, un pò di volte
"Sai che ricordi molto lo zucchero filato? Il tuo odore sa di quello e di...non so. Qualcosa di fresco tipo. Acquoso"

Katniss aveva ridacchiato

"Mi piace lo zucchero filato
"Anche a me" c'era una sorta d'ansia, in Selene, che era impossibile non notare. Un apprensione che non si era mai del tutto placata, da quella sera, che si concretizzava in un nodo fisso alla gola. Gli occhi chiari della piccina si erano fissati per un pò in quelli della sorella. Con delicatezza, poi, Katniss aveva sollevato la mano

"Non mi hai spaventato. Lene. Avevo solo paura che qualcuno ti trovasse"

L'altra non aveva detto niente, lasciandosi carezzare la guancia, immobile e restia alle smancerie

"E non sono arrabbiata con te. Tu mi hai protetto" La mannara cercava assoluzione agli occhi della sorella. E, finalmente, l' aveva trovata

"E ti proteggerò sempre, pisciasotto. Perchè tu sei parte del nostro branco. E perchè ti voglio bene"
aveva sorriso, chinandosi in avanti. Invece di darle un bacino le aveva lappato la guancia, un paio di volte
"Non ti ci abituare però ok?"

Entrambe si erano messe a ridere. Perchè per quanto diverse, erano sangue dello stesso sangue, l'una parte dell'altra.
Famiglia.
Sorelle

lunedì 23 novembre 2015

Elianide

Il manufatto ritrovato quasi un anno prima, durante quella che doveva essere una semplice spedizione a caccia di un particolare tesoro risalente al periodo dei Conquistadores spagnoli, si era rivelata l'inizio di una nuova avventura, condita di magia, mistero, e nuovi nemici.  Nemici molto potenti, e ben organizzati. Il simbolo dell'Acqua Forte aveva dato inizio ad un progetto lungo, difficoltoso, promettente. Si trattava di risalire alle origini della magia, di smuovere qualcosa di tremendamente antico, e tremendamente potente. E se questo, in un certo senso, spaventava la Strega sembrava invece infervorare Stellan. Kim si rendeva conto, che tappa dopo tappa, il bracciale chiedeva sacrifici umani, la frenesia del padre cresceva, e gli uomini capitanati da quel Brujos erano sempre troppo vicini. Per quanto avessero provato ad utilizzare, sull'oggetto, la magia in modo da rivivere mentalmente i ricordi a cui era legato non erano riusciti a focalizzare nient'altro che l'immagine di un solido, inaccessibile, muro di mattoni. Era un gioiello protetto da un incantesimo tanto potente che neppure Nastas era riuscito a scalfirlo. L'idea di mettere in pericolo la propria famiglia, e i bambini, bastava a renderla pensierosa, preoccupata. I brujos che avevano incontrato potevano essere sulle loro tracce, trattarsi di un gruppo piuttosto esiguo o di un'organizzazione ben più complessa. Il fatto che Neal, una volta tanto, non minimizzasse e concordasse con lei sul fatto che si dovesse procedere coi piedi di piombo era una garanzia sufficiente a farle capire quanto l'impresa in sè fosse azzardata. 

Acqua Bollente - Fly Geiser - Pietra bianca - 5 morti


 Kim si era presa una piccola pausa, per via dell'arrivo di Katniss e Ian nelle loro vite, e non aveva accompagnato Larseen e Neal nel loro nuovo viaggio verso le miniere di Tombstone, nel sud dell'Arizona. Era un posto inquietante, dove si respirava ancora l'alone di morte e desolazione portato dallo sfruttamento delle popolazioni locali prima, e dalle lotte tra indiani e coloni molto tempo dopo. La terra dell'Arizona si dice sia rossa per l'immane quantità di sangue versata in quelle zone. E rossa è la roccia che si spacca, al centro, fino a finire diritta nel cuore della terra. Immersi nel silenzio della crosta terrestre, i filoni d'argento affiorano a sprazzi, rivelati da qualche colpo fortunato di piccone, illuminandosi sotto la luce fioca delle torce. Joe, Neal, Lathika, Stellan e Lapu avevano preferito non presentarsi inermi e disarmati stavolta. Diversi membri del branco e della tribù li accompagnavano, in quella che sembrava una vera e propria spedizione. Si erano accampati lungo i bordi dell'ingresso alla miniera, contando di intrufolarsi all'interno della stessa il giorno dopo. Stellan indossava il bracciale catalizzatore, che non sembrava altro che un semplice - comune - vecchio bracciale azteco. Fu lo stregone a svegliare Neal, nel cuore della notte, mostrandogli il polso. I simboli sul bracciale si erano illuminati, risplendevano di una luce azzurrina piuttosto fioca, evanescente. Non si poteva aspettare. Furono divisi i gruppi, riassegnati i ranghi, prese le torce. Joe sbadigliava, vistosamente, mentre camminava subito dietro Neal e poco prima di Lathika

"Il mio problema, Giglio Burroso, è che sono abituato  a svegliarmi con calma la mattina e in un certo modo. Rilassante. Non so se mi spiego" Non c'era stato verso di fargli imparare il vero significato del nome di Lathika, il mannaro si ostinava a chiamarla in quel modo, e ci provava spudoratamente con lei ad ogni occasione utile. E sebbene la strega non gli desse corda, c'è anche da dire che neppure lo mandava a quel paese, limitandosi a guardarlo con una certa intensità in pieno mutismo oppure a sorridere in modo lieve, accennato. Gli occhi e le orecchie di Neal, tuttavia, erano concentrati di fronte a sè. Norwood lo precedeva, guardandosi a sua volta in giro in cerca di una traccia, un segno.

"Aspettate!" aveva detto un tratto, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa "Che giorno è oggi?" Neal si era passato una mano fra i capelli, innervosito. L'avevano svegliato mentre dormiva, che era una cosa che già odiava, l'aveva svegliato il suocero, che di per sè tollerava per amore coniugale. Era lontano da casa, lontano dai culi cagamerdosi dei suoi marmocchi, lontano da sua moglie. Si, anche il culo di lei gli mancava. Ma sopratutto lo innervosiva il pensiero di averla lasciato sola ora che era (di nuovo) incinta. Stavano li, in un luogo chiuso, puzzolente e accidentato, diretti verso il centro della terra. E suo suocero gli chiedeva che giorno fosse "CAZZO NE SO IO, TI SEMBRA L'ALMANACCO DEL GIORNO!? SI PUO' SAPERE DOVE STIAMO ANDANDO, CAMMINIAMO DA UN'ORA!" Stellan non si era scomposto, non più di tanto, aveva ripetuto la domanda. Finchè Lapu non gli aveva risposto. A questo punto aveva piegato le dita, più e più volte, come se stesse contando.

"La luna è crescente?" Si, c'era anche quel piccolo particolare ad agitare Neal. Si era girato verso il gruppo. "Chiudete le torce". Nessuno aveva osato muoversi, guardavano tutti il lupo alfa. Solo quando il mannaro aveva annuito le torce si erano spente, facendo piombare la spedizione nel buio più profondo. A distanza si sentiva, chiaramente, il gocciole dell'acqua tra le stalattiti createsi col tempo. Per molto tempo nessuno parlo, finchè non fu Neal a far sentire la sua voce

 "...Non so, vogliamo giocare a mezzanotte scoccata?" 
Stellan aveva sbuffato "Fuori è nuvoloso,attendiamo qualche altro minuto".  
"...Joe? COSA CAZZO STAI FACENDO?" sempre Neal, a gridare
"Scusa capo, mi sono confuso" Altro silenzio, il rumore di uno schiaffo nel buio aveva fatto chiaro a tutti che Joe aveva abbandonato le chiappe di Neal e trovato quelle di Lathika. Qualche risatina si levò dal resto del gruppo. Finchè lentamente, dolcemente, da una piccola spaccatura nel terreno non apparve un timido raggio di luna. Scese nell'interno della roccia, riflettendosi qua e la sulle pareti. Stellan sollevò il braccio, avvicinando il bracciale al riflesso più vicino. E dal bracciale partì un altro fascio di luce, più corposo, più intenso. Un traccia via.  Adesso la camminata poteva veramente iniziare. 





Il percorso si interruppe a circa un chilometro di distanza. Su una parete di roccia, che sbarrava la strada, erano incisi simboli e numeri tra cui anche quello trovato in precedenza raffigurante il cannocchiale. Con pazienza, Lapu e Lathika si misero a scattare fotografie, per catalogarli. Neal e gli altri rimanevano di guardia, mentre Stellan illuminava a giorno la sala. Heron, un lupo piuttosto giovane ma scelto proprio perchè abbastanza robusto, camminava con indolenza li vicino "Ehi Joe, guarda qui" aveva mormorato, indicando un punto in cui la roccia diveniva più lucida e brillante, mostrando un grosso pezzo di argento "Non pare anche a te che qui ci sia una faccia?" Lo diceva ridendo, divertito dal modo bislacco in cui la natura si plasma delle volte. Ed in effetti, guardando meglio, era possibile scorgere i contorni di una mascella, l'abbozzo dell'osso nasale. L'attimo dopo la roccia si mosse, sollevando di scatto quelle che evidentemente erano e mostrando occhi neri come l'ossidiana. Il mostro si staccò dalla roccia urlando, e la sua voce era simile allo strofinare di una forchetta contro una pentola di alluminio. L'incantesimo di Stellan cessò, facendo piombare tutti nel buio. Per qualche attimo non vi fu che il panico. 

Argento - Miniera di Tumbstone -  Pietra celeste - 10 morti

- - - 

"Non ho mai visto niente del genere. Sembravano fatti d'argento, e dunque penseresti che fossero pesanti. Ma non era cosi, assolutamente. Erano tremendamente veloci" Neal se ne stava abbracciato a Kim, nel letto, e giocava con i suoi capelli. Non era una bella serata, no di certo. Erano tornati portandosi dietro i corpi di tre lupi, e quello di Lathika. Si era messa dietro la schiena di Joe, prendendosi un colpo al posto suo mentre il mannaro combatteva.  Il braccio del mostro l'aveva trapassata da parte a parte, strappandole via le budella. Kim aveva un aspetto orribile, sofferente e pallido. Lei gli aveva  raccontato della maledizione, e nuovi problemi si erano aggiunti al quadro. 
"Quando riporteranno in vita i ragazzi?" aveva chiesto lei, strofinando piano le labbra contro il suo petto, in una coccola leggera "Chatehussa dice che Lathika potrà tornare in vita domani. La sua anima è rimasta attaccata al corpo. Per gli altri, dovranno fare come hai fatto tu, e scendere all'Inferno a raccattare le loro anime. Ci vorrà tempo" Neal aveva sospirato, un movimento cosi profondo da far sollevare persino la testa della moglie. Lei aveva puntato il mento, sul suo petto, guardandolo negli occhi "Ed i Brujos, quando sono arrivati?" "Poco dopo l'attacco dei mostri. Ne abbiamo uccisi sei. In totale dieci morti. Non credo che sia una casualità" Era esattamente il doppio del primo sacrificio, se ne erano resi conto entrambi. "Non so, è come se sapessero dove siamo solo quando quelle...quelle...cose...vengono fuori" La strega aveva sollevato la mano, per carezzargli la guancia. Gli altri Brujos si erano dileguati, i mostri erano scomparsi dopo che l'ultimo uomo era morto. Il bracciale aveva una nuova pietra, di un celeste pallidissimo. Ma la voce non era riapparsa, l'aiuto della donna non si era manifestato  "Nel frattempo...ho trovato un rito piuttosto antico. Pensavamo di farlo domani. Sai, per divinare il bracciale e capire..."
Neal l'aveva stretta a sè, con una certa delicatezza, girandola in modo che lei finisse sotto. Attento a non schiacciarle il pancione, le aveva preso i polsi per inchiodarglieli ai lati della testa con le proprie mani, gli occhi che la fissavano con un leggero bagliore dorato come se fosse li li per trasformarsi da un momento all'altro. 

"Sta a sentire. Sono stato paziente fino ad ora, ma non sarà cosi anche in seguito. Hai voluto che andassi con tuo padre, nonostante tu stia davvero una merda. Mi hai mentito, e direi che con questa siamo pari per le volte che ti ho mentito io. Hai voluto iniziare questa missione, e sono già morte quindici persone. Non oso pensare quale sarà il computo alla fine. Hai voluto tenere questi bambini, anche sapendo che potevano nascere morti, o ammazzare te stessa" le aveva stretto i polsi, facendole male, e lei aveva sgranato gli occhi "Neal!"
"No, niente Neal. Sono stanco. Tu sei stanca. Domani non farai nessun rito. La spedizione si ferma, fino a nuovo ordine. Abbiamo altri problemi adesso, sono stato chiaro?"

Non lo aveva mai visto cosi arrabbiato con lei, in tutti quegli anni. La sensazione di rammarico che sentiva, all'altezza del petto, la faceva sentire malissimo. Ma furono le parole seguenti, a capovolgere completamente il senso di quella piazzata

"Ho rischiato di perderti una volta. Non succederà di nuovo. Non intendo rinunciare alla mia famiglia" aveva sussurrato, chinandosi a lapparle la bocca. E lei non poteva fare altro che sorridergli, annuendo. Ubbidire, e lasciarsi amare.
"Hai ragione. Non faremo niente. Pensiamo alla famiglia, adesso"

- - - 

Stellan non l'aveva presa bene, ma litigare con un mannaro durante la Luna Piena non era cosa saggia neppure per uno stregone del suo livello. Erano stati mesi difficili, complicati, intensi. La gravidanza più orribile che Kim avesse mai affrontato. Ma i bambini erano nati, ed erano sani. Bellissimi, e grassocci come lo era stato ogni piccolo Saunders. Mese dopo mese, i cuccioli erano cresciuti, la vita aveva ripreso a scorrere serenamente. Era in atto un barbecue, e lei teneva in braccio Katniss. Branco e tribù si erano riuniti insieme, le donne chiacchieravano sedute per terra, gli uomini bevevano birra poco oltre, i bambini correvano intorno. Aure diverse si intrecciavano nell'aria, e in quel momento di assoluta serenità sembrava davvero che tutte fosse perfetto. Kim si era ripresa meravigliosamente. Lo dicevano il suo colorito, la polposità del viso e del corpo, il seno pieno che offriva alla bocca avida della bambina. Cassandra, intenta a cullare Ian dietro di lei, le aveva dato una gomitatina indicandole Joe poco lontano. Il gigante nero era vestito alla maniera indiana, con tanto di copricapo piumato, e teneva tra le mani un mazzolino di fiori di campo che, tra quelle dita, sembrava minuscolo. Stava di fronte alla tenda  di Lathika, e non si decideva ad entrare

"Che sta facendo?"
"Credo voglia iniziare il corteggiamento"

Le donne si erano messe a ridacchiare, ma lui non si era girato. Lapu, accanto al mannaro, gli stava sistemando meglio gli ornamenti ed i ninnoli. Neal, una mano nella tasca e l'altra impegnata nella birra, aveva dato il suo contributo

"Coraggio, Joe. Alle donne si regalano sempre fiori e cioccolatini. Se non apprezzerà il tuo piccolo mazzo di certo gradirà il tuo cioccolatino. Un grande, fondente,  grosso cioccolatino ripieno" 

Il gruppo si era messo ridere, mentre il mannaro sollevava il dito medio come unica risposta. Poi si era chinato, aprendo di poco la tenda e introducendosi.

"Cosa succede ora nonna?" Chiedeva Selene, in piedi vicino a alle due donne "Adesso, se il lembo della tenda viene richiuso, significa che il corteggiamento è iniziato. Se resta aperto, significa che Joe uscirà tra poco, e che lui e il suo dono sono stati respinti"

Passarono diversi minuti, finchè una delicata mano femminile non si affacciò a raccattare il lembo, richiudendo la tenda. Gli schiamazzi di incoraggiamento, le urla e gli applausi di chi osservava furono cosi intensi da svegliare Ian, occhi sgranati come un chihuahua ed espressione sconvolta. Anche Kim rideva, ma bastò guardare il viso del padre che avanzava verso di lei con un foglio in mano per ritornare, di li a poco seria. Stellan si era messo seduto vicino a lei, indicandole ciò che vi era scritto sopra

"Ho decifrato il terzo simbolo. So dove dobbiamo andare adesso".

- - - 

Stavano di nuovo litigando. Kim, Neal e Stellan, chiusi nella loro casa dopo aver lasciato i bambini con i nonni. Kim prendeva ore le difese del padre ora del marito, trovandosi esattamente tra due fuochi e divenendo sempre più esasperata a mano a mano che non si giungeva a nessuna conclusione.

"Non ci saranno altri morti per due stupide monete antiche e qualche cassa di perle "
"Sei il solito ignorante, ragazzo. Qui non si parla di ricchezze, si parla di vita eterna"

Il tenore dei discorsi era più o meno quello. Kim, esasperata, aveva afferrato il bracciale con l'intento di scagliarlo nel fuoco del camino, e proprio in quel momento la voce si era ripresentata. Stavolta, però, la sentivano tutti e tre, ed era cosi intensa da aver fatto zittire tutti.

"FERMA! NON FARLO!"

Kim si era bloccata, trattenendo il respiro, Aveva riabbassato la mano, rivolgendosi al bracciale

"Perchè? Perchè non dovrei farlo? Mi hai chiesto di aiutarti, non mi hai detto chi sei. Sono morte persone, per colpa tua, e non sappiamo cosa tu voglia"

"Voglio che impedisci alla stirpe di Quesadillas di attuare il loro piano"

"Quale piano!? E chi sono questi, i Brujos?"

"Si"

"Hai un nome?"

"Elianide"

"Elianide. E...dove sei, adesso?"

"Io non sono più, da secoli ormai. Il mio spirito è rimasto intrappolato a metà, da un sortilegio antico"

Neal e Stellan stavano zitti, mentre le donne parlavano, entrambi erano abbastanza sconvolti

"Mi dispiace per i vostri morti. Ma non ho iniziato io, questa guerra. Ed è opportuno che voi la finiate"

"Perchè?" ora era stato Neal a parlare "Non è la nostra guerra, come tu dici. Perchè dovremmo essere noi a finirla?"

"Perchè ciò che io custudisco fa gola a molti. E se loro se ne impossessano, sarà la fine per il mondo che voi conoscete"

"Perchè non hai parlato prima?"

"Perchè solo quando Kim tocca il bracciale, posso manifestarmi. Più rituali completerete, più la mia manifestazione sarà completa" lei aveva abbassato gli occhi, sulle pietre che erano apparse nelle cavità, mostrandolo a Neal perchè capisse anche lui cosa fossero questi rituali. Solo a quel punto Stellan, guardando il vuoto, le si era rivolto.

"...Cos'è esattamente ciò che custodisci, e che possiedi?"

"Io sono l'ultima chiave di accesso ad Aasgard"

Per un attimo lo stregone vacillò,al punto che Kim gli si fece vicino, pronta a sorreggerlo.

"Cosa diavolo è Aasgard?" Suo padre era pallido, non le rispondeva. Ci pensò Elianide.

"Aasgard è il luogo in cui le Streghe sono nate, prima di mettere piede sulla Terra Kim. Tutti voi discendete da li, tutte le Streghe del mondo discendono da Aasgard. Aasagard è la tua vera casa, il posto da cui provieni"

Neal aveva guardato Kim, e Stellan "Beh, a me non pare una cosi cosi brutta. Insomma...è solo un posto"

"Non è come dici, figlio di Gaia. Aasgard non è solo un posto. E' il luogo dove la magia stessa, nasce. Possono entrare li solamente le Streghe. Ma, allo stesso tempo, da Aasgard può uscire qualsiasi cosa. Inclusi i numerosi mostri che lo popolano. Chi possiede le chiavi di Aasgard possiede la chiave per scatenare l'Apocalisse, sul mondo"

"Perchè proprio noi, perchè proprio adesso?"

"Perchè era prescritto nella profezia. Una figlia di Aasgard, dopo sei secoli, nel sesto giorno del sesto mese, darà inizio al rituale che romperà il sortilegio che lega la chiave di Aasgard a questo mondo"

"...E nel caso ci rifiutassimo?" Chiese Kim, avvertendo a pelle il nervosismo del marito

"Non ci si può sottrarre al proprio destino. Se non compierai quanto predetto, il mondo cadrà preda del Caos. Per sempre"

Ora era abbastanza chiaro perchè dovessero proseguire in quella dannata spedizione. La voce di Elianide venne coperta dalle bestemmie di Neal, e dal rumore del tavolo che - sollevato senza fatica dalle mani del mannaro, veniva scagliato contro la parete in un consueto gesto d'ira.


venerdì 28 agosto 2015

Sorelle

L'arrivo di Katniss non venne accolto con particolare gioia da Selene. Se Joel aveva il vantaggio di essere maschio, e dunque nella sua testolina lei rimaneva comunque la principessina di papà, l'avvento di una nuova - biondissima - Saunders in casa le sottraeva il primato della "cocca" di Neal e limitava in parte le attenzioni del suo genitore preferito. Se a questo aggiungiamo che in lei era insito un naturale - e di sicuro ereditario - senso di competizione possiamo ben capire come l'avvento di quel frugoletto tutto ciccia e riccioli fosse stato percepito come una concreta minaccia per la sua felicità, e dunque meritevole di un certo astio. Katniss era il male, e Selene era intenzionatissima a debellarlo, una concezione che aveva ampiamente maturato quando aveva visto la sorella tra le braccia del padre, sorridente. La gelosia era esplosa, in lei, violentemente ed oltre a mettere il muso a Neal per un intera settimana alla prima occasione utile aveva dipinto orribilmente il viso della bambina, usando i trucchi della madre. Quando le erano state chieste spiegazioni aveva risposto che lei si era limitata a sottolineare la bruttezza naturale della sorella.
Col tempo, il senso di odio verso la piccola si trasformò in vera e propria insofferenza. Katniss cresceva allegra e socievole, espansiva. Adorava la sorella maggiore, e gattonava spesso verso di lei in cerca di attenzione. Selene, sbuffando, faceva di tutto per scansarla e non averla quasi mai tra i piedi roteando gli occhi al cielo quando qualcuno della famiglia gioiva per qualche smorfia o piccolo traguardo della bambina ed impedendole categoricamente di sfruttare i suoi vecchi giochi o di entrare nella propria stanza. I maschi di casa -Thomas, Davon, Joel - non pativano certo di questi problemi nei confronti del nuovo arrivato Ian. Solitamente, anzi, erano proprio loro a "chiederlo in prestito" a Kim per i loro giochi. Da poco avevano sviluppato una vera passione per i film western, abbondantemente visti col padre, ed un piccolo bebè bavoso sembrava sempre un buon ostaggio per le trattative cruente tra indiani e cowboy. Era buffo notare quanto l'ambiente in cui vivevano influenzasse i loro giochi, nei quali non erano mai gli indiani i cattivi, ma sempre e soli "gli stupidi e inutili uomini". E sebbene Thomas non avesse di fatto alcun ascendente "particolare" in termini di razze, essendo il vampirismo della madre sicuramente non ereditario, nessuno di loro in cuor suo considerava il cugino una persona banale, e scontata. Mese dopo mese, il ragazzo era diventato l'eroe dei più piccoli, miglior amico di Davon e compagno di scorribande di Selene.
I Saunders non potevano essere, tra di loro, tanto diversi.
Davon aveva ereditato da Kim l'amore per la conoscenza, e da Neal il sorriso da schiaffi e l'approccio disinvolto col gentil sesso. A tredici anni andava benissimo a scuola, e collezionava lettere di fidanzatine adoranti. D'indole profondamente generosa e altruista, sentiva parecchio il senso di responsabilità da "fratello maggiore". Kim sapeva che sarebbe diventato uno Stregone, da alcuni piccoli eventi verificatisi quando era molto piccino. In presenza di forti stress, attorno a lui poteva capitare che si alzassero oggetti, si incendiassero tende. Era solo questione di tempo.
Selene, invece, pareva avesse assorbito i lati più cruenti dei genitori. I modi buzzurri di Neal, la superficialità di Kim. Era più interessata all'aspetto "sociale" della scuola, che non a quello istruttivo, e la sua popolarità era dovuta in parte all'avvenenza, in parte al carattere giocherellone. Era piena di vita, ma tremendamente impulsiva, e quando si arrabbiava non esitava minimamente ad utilizzare la forza. Intelligente, ma anche parecchio svogliata, era convinta di essere un Lupo sebbene i suoi poteri non si fossero ancora manifestati, e questo la faceva sentire automaticamente una spanna sopra gli altri esseri mortali. 
Joel era la quiete. L'aver sviluppato i propri poteri da Lupo mannaro in tenera età l'aveva reso di gran lunga più forte e consapevole degli altri fratelli. Aveva ereditato l'amore di Kim per la libertà, e quello di Neal per la foresta. Era il più silenzioso dei tre, e indubbiamente il più riflessivo. Un lupo solitario, che ritrovava l'uso della parola esclusivamente all'interno del proprio "branco", la famiglia. Davon e Selene amavano passare i pomeriggi nella casetta sull'albero costruita vicino casa loro. Lui prediligeva il bosco, e la forma animale. Era il beniamino di  nonna Cassandra, e l'accompagnava spesso durante lunghe battute di caccia. Quando tornava alla sua forma naturale, tuttavia, nudo e sporco di sangue, solitamente non scordava mai di portare un mazzo di fiori di campo per Kim. 

Ad aggravare il nervosismo di Selene avevano contribuito due fattori: il fatto che Kim e Neal, imbarcati nell'impresa dei "tasselli alchemici" fossero più lontani del solito, fisicamente parlando, e che in una calda mattina di Primavera Davon, alzandosi dal proprio letto e recandosi in bagno, si era specchiato come al solito individuando, dietro di sè e per la prima volta, il formarsi allegro di un'aura di fuoco. 
Apriti cielo. 

"NON E' GIUSTO!"
"Si che lo è. Io sono figo e tu no"
"MAMMA!"
"Selene, per favore, smettila di strillare..."
"Siamo nati insieme, dobbiamo fare le cose INSIEME."
"Non mi pare che tu vada al cesso con tuo fratello, principessina"
"Ma...PAPA'"
"Insomma, ti vuoi calmare? Ognuno ha i suoi tempi, tuo fratello è maturato adesso, tu maturerai più tardi"
"L'HA FATTO APPOSTA"
"NO CHE NON E' VERO"
"Joel, diglielo anche tu!"
"..."
"Selene, se non ti calmi finirai con lo svegliar..."

Il pianto disperato di Katniss, intenta a sonnecchiare nella culla, venne seguito a ruota da quello di  Ian. Kim si portò la mano destra a massaggiarsi la fronte

"Splendido"
"Ragazzini, fatela finita o vi prendo testa con testa"
"Ma papà..."
"Selene, per favore. Va giù di sotto a prendermi il ciuccio di Katniss. Davon, tu oggi pomeriggio vieni con me da Nastas"
"ANDATE TUTTI AL DIAVOLO"

Era cominciata cosi, la mattinata. Tra urla, schiamazzi, congratulazioni, pianti. Una furente Selene era uscita di casa, conservando dentro di sè il rancore per quanto avvenuto, e avvertendo per la prima volta il desiderio di andare via dalla propria tana, incredibilmente stretta e affollata. 

- - -

Thomas aveva ricevuto in dono da Aria, per i suoi sedici anni, una splendida Cadillac nera con tanto di fiammate aerografate sui lati. Era entusiasta, di quel gioiellino, ed aveva pensato bene di condividere la sua gioia con Selene, passandola a prendere a scuola. Sapeva che era un periodo difficile, della sua vita, quella fase dell'adolescenza in cui odi il mondo, e il modo in cui non ti capisce. E sapeva anche che un giro in auto le avrebbe riportato il buon umore. Parcheggiò di fronte alla scuola, dove la ragazzina era intenta a parlare con un gruppo di amiche. Di Davon nessuna traccia. Non appena l'ebbe riconosciuto Selene accantonò rapidamente il discorso che stava portando avanti con un certo fervore.

"THOMAS!?" 
La bocca si era scucita in un "O", stupito, e aveva passato nervosamente la mano a tirare indietro i capelli
"Oh porca...oh porca.." non parve trovare un insulto adeguato per finire la frase, ma si staccò dalle ragazze avvicinandosi alla vettura, girandoci intorno una volta ferma
"E questa da dove salta fuori!? L'hai rubata?!" Non attense risposta. Sfilò la cartella dalla spalla e tirò una cartellata alla macchina, stizzita
"Thomas Stark, hai rubato una macchina senza portarmi con te!? Avevamo detto che lo avremmo fatto INSIEME prima o poi!"

"Sono certo del fatto che adesso tutte le persone nel raggio di venti metri sanno il mio nome! Sono Thomas!" disse lui sorridendo. rimanendo seduto al lato guida 
"Beh non sei contento? Dovresti ringraziarmi, ti ho reso famoso" si difese, tirando fuori il broncio di fronte alla sua mancanza di gentilezza nel non renderla partecipa della rapina
"Se ti avessi portato con me, chi lo avrebbe sentito tuo padre? Sempre nel caso in cui ci avessero scoperto. Ma è stato un gioco da ragazzi…" 
"Papà sarebbe stato orgoglioso, lo è sempre di me" specifico lei, con molta, molta poca, modestia battendosi  la manina sullo sterno. "E poi, ovvio che papà non doveva saperlo. Altrimenti perchè si parlava di farlo di nascosto?" Alzò gli occhi al cielo, esasperata dal fatto che lui si ostini a non capire il punto della faccenda.
"Ti piace?" le chiese. allungandosi appena sul sedile, facendo scendere gli occhiali da sole sul naso mentre accarezzava il volante con le mani assumendo un’espressione quasi maliziosa
 "Si, non è male" ammise infine, tra sè e sè, soppesandola. E detto da lei, era già un grandissimo complimentone non essendo tipo da facili lodi.
"Non è male?? E’ una bomba! Guarda i disegni sulla fiancata, è tutta tirata a lucido…E non hai dei del rumore che fa mentre accelero. E’ una sensazione meravigliosa". Si allungò appena sul sedile, facendo scendere gli occhiali da sole sul naso mentre accarezzava il volante con le mani assumendo un’espressione quasi maliziosa "Ti va di fare un giro?"

Selene l'osservò spostarsi verso la portiera, ancora piuttosto offesa "Un giro? Mh...Non saprei" faceva la preziosa, incrociando le braccia al petto, la cartella che penzola dal gomito, sospesa dalle bratelle. Thomas allungò la mano, per aprire la portiera, strizzandole l'occhio "Ti insegno a guidare se la smetti di lamentarti"
Questa promessa mise rapidamente fine alla guerra fredda che Selene aveva messo su nei confronti del ragazzo.

"Ok, andiamo. CIAO RAGAZZE!" sventolò rapida la mano verso le amiche, prima di fiondarsi nella vettura. Con la grazia di un sacco di patate si lasciò cadere sul sedile, sbarazzandosi della cartella che volò dietro, aprendosi. I libri di Selene si sparpagliano, sciupandosi, sopra quelli di Thomas "Ohhh, è comodo" commentò, molleggiando allegramente sul sedile "Allontaniamoci di qui però, prima che passi qualcuno del branco di pà" Decretò, allungando le gambe per poggiare le proprie converse sul cruscotto della Cadillac, perfettamente a suo agio "Siamo sicuri che la sai guidare, vero Thom?" chiese, con supponenza, pronta a fargli una mitragliata di critiche spietate al primo sbaglio.

"Allaccia la cintura" le disse, mentre sfilavano via da quella strada per percorrere ben presto delle vie più ampie e comode.

"Un giorno anche io avrò una macchina cosi figa" aveva ribadito Selene, sistemandosi meglio sul sedile e continuando a far scorrere lo sguardo sugli interni dell'auto "E le mie fiamme saranno più grosse delle tue..."
"Scommetto che sarà tutta rosa e con dei cuoricini di lato, e un chiwawa stampato a grandezza reale…" continuò a prenderla in giro, ben sapendo che in casa loro quel colore è tipo proibito, ma adorando stuzzicarla. Era così da quando erano piccoli, con lei ci litiga mentre con Devon ci va d’amore e d’accordo " E per quanto grandi le tue saranno sempre fiamme rosa"

"Sarà rossa" si sentì in dovere di specificare, guardandosi con noncuranza le unghie "Papà dice sempre che il rosso è il colore della vita, del cibo, e di un'altra cosa che non mi ha voluto spiegare e che dice che non è il caso che io conosca mai, altrimenti non crescerò più" Neal si riferiva al sesso, alla vagina in particolare, ma è un discorso che non sentiva necessità di fare con la propria "bambina" "E niente stupidi cani in mezzo ai piedi. Mi stanno sul culo quei sacchetti di pulci"

Man mano che raggiungevano la periferia la velocità aumentò fino alla super strada dove Thomas ingranò la quinta improvvisamente, in modo da rendere l’accelerazione ancora più evidente. Rideva mentre lo faceva, continuando a tenere la macchina a velocità costante fino a raggiungere lo sterrato dove si è esercitato per prendere la patente 
"Lo senti?" chiese, riferito al rombo del motore, mentre si lasciavano alle spalle una nube di polvere. "Pensi ancora che io non sappia giudare??"

 "WOW!" Decisamente, le cose azzardate le piacevano. Annuì, alla sua domanda sulla potenza "E' fighissima! Vai Thomas, vai" La piccola abbassò il finestrino, uscendo fuori per metà busto. Il vento la investì, spostandole indietro i capelli. Assaporò la sensazione di libertà, il braccio sinistro aggrappato allo sportello, il destro ben ritto verso il cielo "YEAHHH, PIU' VELOCE DELLA LUCE!" urlò, ridendo di nuovo. Si lasciò cadere nuovamente verso l'interno, allungando la mano per aumentare il volume della musica, per tornare a sbracciarsi verso fuori subito dopo
"THOM, GUARDA! LI CI SONO DEI BUFALI! ANDIAMOCI CONTRO!"
"Reggiti" le intimò affilando lo sguardo, premendo l’acceleratore e affiancandosi alla mandria che, spaventata dal rombo dell'auto, iniziò a sparpagliarsi correndo. Non aveva alcuna intenzione di mettersi in mezzo, sapendo benissimo che impattare contro uno di quei bestioni avrebbe potuto far ribaltare la macchina, ma in un certo senso iniziò una sorta di gara di velocità. Con tanto di rito medio sollevato verso un bufalo appena superato. Cosi concentrato da non accorgersi affatto di Selene.

Quando la macchina si era affiancata alla mandria lei era ancora sporta fuori. L'adrenalina particolarmente alta si mescolava all'odore degli animali portato dal vento, sbattendo con forza addosso alla ragazzina. Senza neanche rendersene conto, si ritrovò a schiudere la bocca e a ringhiare profondamente. Serrò le mani attorno al bordo del finestrino, il corpo proteso in avanti quasi lei volesse addentare al volo uno degli animali. Per una frazione di secondo la parte razionale di lei si era sconnessa, lasciando ampio spazio all'istinto. Qualcosa che legato ai suoi geni aveva scalpitato, dentro di lei, emergendo con prepotenza senza che la ragazzina potesse rendersene davvero conto e controllarlo. Un latrato puramente animale spezzò il tono morbido della risata per non più che un minuto. L'attimo dopo lei scrollò appena la testa, come se si fosse risvegliata da un sogno, e dimentica di quanto appena fatto si lasciò nuovamente ricadere sul sedile. La macchina cominciò lentamente a rallentare.

- - -

Stavano prendendo il sole, sdraiati sul cofano dell'auto. La corsa di poco prima aveva messo entrambi di buon umore, ma il pensiero di Selene era corso inevitabilmente al gemello.

"Davon si è perso tutto il divertimento per stare dietro a quelle sue fottute tavole astronomiche" commentò, tirando appena su col nasino
"Tuo fratello è in modalità topo di biblioteca, ci sono passato anche io…" risposte Thomas, braccia incrociate dietro la testa ed occhi chiusi "Ma la prossima volta lo preleviamo di forza e lo portiamo con noi. Insegniamo anche lui… credi che potrebbe piacergli?"
"Uhm, non credo. Papà dice che probabilmente da piccolo mamma l'ha sbattuto da qualche parte e non gliel'ha detto. Oppure, mentre usciva, zia Momò se l'è fatto scappare e ha scucuzzato contro il bordo della vasca. Penso che il suo ritardo sia irreversibile. E poi ora è tutto preso da questa storia della magia" 
"Vedrai che si sveglierà anche lui. Anche se siete diversi, avete comunque, lo stesso sangue… Cerca di coinvolgerlo, a me sarebbe piaciuto tanto avere un fratello o una sorella…" aveva fatto una piccola pausa, perdendosi nei suoi pensieri, prima di ribadire "La prossima volta organizziamo in tre, magari saltiamo qualche ora di scuola e rapiamo Devon… così non dirà nulla a nessuno"
Selene sollevò la mano per dare una paccata sulla fronte al ragazzo "EHI! Tu hai due sorelle e tre fratelli" gridò, capricciosa, includendo tutti i piccoli Saunders nel novero "Ok, gli ultimi due sono cagasotto e balbuzienti. E Katniss è davvero inutile. Ma la famiglia sta insieme nelle avversità. Ci sono toccate queste due disgrazie, e ce le dobbiamo tenere" Non perdeva occasione di ribadire quanto poco amasse la sorellina, trattando i nuovi arrivati con più scazzamento e meno affetto di quanto non abbia fatto con Joel "Pensi che zia Aria un giorno mi presterà la sua moto?" Per un attimo si immaginò da sola, nel deserto, con la moto della zia. E sospirò,deliziata

"Ovviamente. Non la presterebbe a nessuno ma a voi si. Non so più nemmeno quante ne ha, puoi persino scegliere.Tra l’altro non so nemmeno dove sia, è partita con qualche d’uno, forse una nuova fiamma…" non sembrava troppo entusiasta della cosa, in quanto figlio maschio aveva sempre quella certa gelosia che lo teneva legato a sua madre. Aria spesso era in viaggio, non stava mai ferma Selene si era tirata su, rimanendo a guardarlo
"Non sei felice che si diverta? Ne ha passate tante" Lei non aveva bene in mente quante ne abbia passate, zia Aria. E' una frase che ha assorbito dai discorsi dei genitori, e che adesso tirava fuori con aria da saputella saggia. Thomas non disse nulla, ma riaprì gli occhi e rimase a fissare il cielo a lungo, prima di tirarsi su anche lui, cambiando discorso.
"Senti, ti piacerebbe venire un giorno a New York? C’è mia nonna e vorrei fartela conoscere, è una tipa forte…"
"Certo che si. Anzi. Perchè non ci andiamo adesso?" propose, assolutamente incurante dei propri impegni scolastici e del fatto che dovevano chiedere il permesso a casa. Si decide e si va. Questo l'aveva certo ereditato dalla madre, assieme al meraviglioso tipo di sorriso che scuce subito dopo al cugino "Facciamo che guidi tu, però" scese dal cofano, ammiccando. Che a tredici anni lei avesse capito come arruffianarsi i maschietti con un sapiente gioco di ciglia e labbra era indubbiamente frutto di insegnamento materno "Andiamo e torniamo, in giornata"Questo la diceva lunga su quanto poco si rendesse conto delle distanze, e dei costi di una simile spedizione. " E poi a casa sono tutti presi dalla mocciosa. Non si accorgeranno della mia assenza" Questo, invece, la diceva lunga su quanto poco amasse non essere più la primadonna.

"Adesso?"aveva ruotato la testa di scatto, come folgorato da quella proposta. Ci pensò su diversi istanti, masticandosi il labbro inferiore con gli incisivi. C’era una parte di lui che sapeva benissimo che era sbagliato, se che doveva riportare Selene a casa,  ma ovviamente quella voce era troppo debole, schiacciata dai suoi sedici anni di incoscienza e temerarietà. La spensieratezza di Selene, annienta del tutto i propri dubbi, i suoi occhi ambrati si illuminano e lui annuisce poco dopo "Perché no…" mormorò, scendendo giù a sua volta e mettendosi al lato guida. "Ovvio che guido io, altrimenti finiamo o in prigione o al camposanto in tempo zero…"

"Allora è deciso! Si parte per New York!"

- - -

La faccia di Neal, mentre Kim completava il rituale di localizzazione, era terribile e avrebbe scoraggiato chiunque ad avvicinarsi a lui. Sembrava quasi che gli occhi possedessero zanne proprie, e che anche un solo sguardo avrebbe potuto azzannarti alla gola. Braccia conserte, muscoli tesi di impazienza trattenuta, rimaneva oltre il cerchio tracciato dalla moglie, altrettanto crucciata. L'orologio in sala segnava che era l'una di notte. Avevano passato le ultime sei ore a cercare Selene, da quando Davon era tornato da scuola spiegando che non era con lui, ma era uscita molto prima da casa. Inizialmente pensavano fosse in giro, per i territori della riserva. Ma, a poco a poco, il dubbio si era trasformato in ansia. L'ansia era diventata rabbia quando un giro di telefonate tra le amiche della ragazzina aveva rivelato che si era allontanata nel pomeriggio con il cugino. E quando la pendola di Agata si puntò fissa in un punto preciso della mappa che indicava il deserto a est di Phoenix, Neal non potè trattenere un ringhio basso davvero poco rassicurante.
Kim si era rialzata, sospirando. Dakota sarebbe rimasta a casa con i bambini, mentre lei prendeva la giacca e seguiva il marito nell'auto
"Torniamo subito, non fate casino" aveva ordinato, anche se i bambini avevano fiutato aria di tempesta e quella sera erano tutti quieti e silenziosi.
In macchina Neal aveva tirato un pugno contro il volante
"Che cazzo ha quella ragazzina in testa!"
"Vedrai che ci sarà una spiegazione. Calmati ora. Prima vediamo se sta bene. E che non sia ferita" aveva sussurrato lei, lasciando scorrere la mano sul suo braccio "Se è tutta intera la faremo a pezzi insieme" Due genitori arrabbiati non sono mai una bella cosa. Due genitori come loro, incazzati, è un pessimo, pessimo inizio di serata.
I fari della Jeep avevano illuminato la Mustang. Selene e Davon erano fuori, intenti a controllare il motore. Nel vedere la macchina del padre la piccola aveva sentito lo stomaco rimescolarsi, ma gli era corsa comunque intorno.

"Papà!" aveva gridato, felice e entusiasta. Erano rimasti in panne, e non riuscivano a far ripartire l'auto. Bloccati nel deserto, non sapevano come tornare a casa. C'era dunque un certo sollievo nella sua voce. Neal era scivolato giù dall'auto, muovendosi verso di lei senza nessuna fretta, e quando ce l'aveva avuta a tiro aveva allungato il braccio. La mano aveva impattato contro la guancia di Selene, con una forza tale da farla volare a terra. Sconvolta, lei si era tirata su, tenendosi la mano sulla guancia
"NON OSARE FARLO MAI PIU'. ED ORA FILA IN MACCHINA. E ZITTA" aveva tuonato, un ringhio basso tra le parole, il tono di chi non ha intenzione di discutere ulteriormente.

Umiliata, per essere stata picchiata  di fronte a Thomas, ed immensamente triste per aver deluso il padre, si era risollevata finendo dritta in macchina. Neal si era avvicinato il ragazzo, che aveva abbassato gli occhi
"A te ci penserà tua madre, che ho già avvertito. Sali sulla tua auto, ti rimorchieremo noi" anche per lui non c'erano stati sorrisi o pacche incoraggianti, ma uno sguardo a metà tra il deluso e l'incazzato.

Mentre Neal sistemava la corda per trainare la macchina Kim rimaneva ferma sul sedile, guardando avanti. Anche volendo non avrebbe potuto bloccare il braccio del marito, impedendogli di picchiare Selene. Ma il punto era che era perfettamente d'accordo con lui. Selene, seduta dietro di lei, poggiò una mano sulla spalla della Strega

"Mamma..."
"Pensavo che fossi più matura, Selene. Sparire per ore senza lasciare traccia non è una mossa intelligente, sicuramente non è la scelta di una persona matura. Tuo padre era preoccupato, io ero preoccupata. Tutta la famiglia lo era. Se stai cercando di farti volere più bene di Katniss creandoci problemi sappi che questa è la strada sbagliata. Vi vogliamo bene tutti, allo stesso modo. E farci piombare nel deserto, nel cuore della notte, lasciandoci credere che tu sia fuggita o in pericolo ci dimostra solo quanto tu tenga poco a noi tutti"

Non l'aveva neppure guardata. Se Neal l'aveva ferita con la forza, Kim l'aveva ferita con le parole. La bambina si accasciò sul sedile, sentendosi immensamente triste, e infelice.

- - -

Era stata una lunga, penosa, serata. Una volta tornati a casa c'era Aria ad attenderli. Selene e Thomas erano stati fatti sedere in salotto, e cazziati a turni alterni da Kim e la vampira. Neal stava di lato, a braccia conserte, fissando i  due ragazzi che avevano, brevemente, spiegato cosa era loro capitato e cosa intendevano fare.
Le punizioni erano state assegnate, e i due colpevoli erano stati spediti a letto.
Avvolta nelle lenzuola, ben a riparo dagli sguardi altrui,  Selene si era messa a piangere nel modo più silenzioso possibile. Davon aveva aperto la porta poco dopo. Si era infilato nel letto della sorella, abbracciandola da dietro. L'aura di fuoco aveva avvolto entrambi, come una coperta, e la ragazzina si era sentita meno triste, sebbene il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi fosse stato quello di precisare che non stava piangendo, ma che certamente si era raffreddata nel deserto.
Neal, invece, non riusciva a chiudere occhio. Le dava le spalle, ma Kim era certissima che avesse le palpebre aperte. Anche Offa si era accoccolata addosso a loro. Con dolcezza, lei era scivolata sotto le coperte. Spensierata, come una bambina, aveva superato il corpo del marito all'altezza delle gambe, finendo con rispuntagli davanti tra le lenzuola.
"Ciao" gli aveva mormorato. Se lui non si girava, era lei che gli si poneva di fronte. Neal aveva sorriso
"Ciao. Da quanto tempo. Che ci fai da queste parti?"
"Volevo darti questo" mormorò lei, spingendosi a baciarlo, e lasciandosi abbracciare. Il mannaro l'aveva accolta tra le braccia, grato del sollievo che il contatto con la moglie riusciva a dargli "...e dirti che non hai sbagliato niente. Andava fatto tutto"
"Chi ti dice che io pensi di aver sbagliato?" borbottò lui, mentre lei continuava a carezzargli il viso, rimanendogli vicina 
"Nessuno. Si faceva tanto per dire"

Per un attimo rimasero in silenzio, lei intenta a passargli le dita sul volto, lui intento a guardarla

"Per un attimo temevo che l'avessero rapita"
"Lo so"
"Pensi che sia infelice, con noi?"
"No. Penso che sia solo una fase. Non se ne voleva andare veramente. Ed è nostra figlia...entrambi non siamo mai stati troppo affezionati a un luogo. Prende da noi"
"Già" un sorriso soddisfatto gli incurvò le labbra "E' bello che non abbia pianto, vero?"
"E' arrogante come il padre"
"Ed è moscia come la madre. Visto com'è caduta a terra?"

Lei l'aveva baciato, di nuovo, e lui l'aveva stretta più forte. Quando si era staccata aveva strusciato piano il naso contro il suo

"Selene ti adora. E farà di tutto per farsi perdonare da te in questi giorni. Non è una stupida, sa bene che dovevi punirla per ciò che ha fatto. Ti amerà di più, anche per questo"
"Ed io ti amerei di più, se mettessi questa tua adorabile lingua tra le mie labbra. Cosi..."

- - -

Era passato quasi un anno, da quando era successo il fattaccio del Deserto. La storia era stata ampiamente digerita, e una quattordicenne Selene aveva cominciato a guardare con meno diffidenza la sorellina. Katniss, di quattro anni, cresceva meravigliosa. La testolina bionda era sempre in giro per casa, intenta a distribuire sorrisi e strampalati discorsetti al resto dei componenti della famiglia. Neal era sempre più convinto che, di fronte, avesse una copia in miniatura di Moonie. A prescindere dai colori, la predisposizione della piccola verso il rosa, e l'abitudine di dare bacetti e abbracci a tutti i componenti della famiglia sostenevano la sua tesi. Aveva però scoperto che la sua capoccetta era adattissima a tenere ferma la lattina di birra durante le partite, e non era raro che se la mettesse sul divano nella stagione di campionanti, con la scusa di "educarla allo sport". Solitamente dall'altro lato c'era sempre Selene, abbarbicata al padre.
Il tempo dell'asilo era arrivato anche per la piccolina e per Ian, e entrambi i Saunders pensarono che fosse un bene mandare i piccoli nella stessa struttura dove andava a scuola i fratelli. Non era raro che le classi si ritrovassero tutte in cortile, durante la ricreazione, piccoli inclusi.
Selene stava giocando a palla con una compagna, quando aveva sentito la sorellina gridare.
Un bambino di sei anni la teneva con la faccina rivolta verso la sabbia, nell'aiuola dei giochi. Non era la prima volta che lo vedeva importunare la bambina. Le tirava le code, le macchiava gli abiti, la tormentava coi dispetti. Ma sapeva che lei non aveva raccontato niente a nessuno dei genitori.
Inizialmente si era girata, tornando al gioco, pensando tra sè e sè che Katniss dovesse crescere e imparare a badare a se stessa. Poi, però, qualcosa l'aveva spinta a voltarsi di nuovo.
Aveva mollato la palla, e si era avvicinata all'aiuola
"Lasciala stare" aveva sibilato. Per nulla intimorito, il bambino aveva calcato con le braccia il corpicino di Katniss.
Selene aveva dato sfoggio della sua scarsa propensione al dialogo afferrandolo dalla collottola e gettandolo lontano. Il bambino si era messo a piangere, rialzandosi e correndo a chiamare il fratello. La ragazzina aveva tirato su la sorellina, prendendola in braccio e mettendola in piedi su un tavolinetto li vicino. Con calma, le aveva spolverato le ginocchia sbucciate, togliendole la sabbia dai vestiti
"Glassie" aveva mormorato Katniss, tra grossi lacrimoni
"Si può sapere perchè non ti difendi da quel cretino?!"
"Pecchè io non lo so fale" aveva sospirato, asciugandosi gli occhi coi pugnetti chiusi
"E perchè non lo dici a mamma e papà?"
"Pecchè non vojo che papà pensa che io sono debole" aveva aggiunto, intimorita. Selene la guardò negli occhi, e stava per aggiungere altro quando senti una voce alle spalle
"Ehi, stronzetta. E' vero che hai picchiato mio fratello?"

Si era girata. Il fratello del bambino aveva diciassette anni, ed era molto più alto di lei. Di nuovo, la ragazzina non perse troppo tempo. Si staccò dalla sorellina, chiudendo la mano a pugno. Pestò con forza l'alluce del ragazzo, e approfittando del suo abbassarsi caricò il pugno contro il suo naso, facendolo cadere a terra. Il sangue cominciò a defluire, i bambini si erano radunati intorno a loro eccitati dal combattimento, qualcuno era già filato a chiamare la maestra

"Se tu e tuo fratello toccate ancora mia sorella vi spacco la faccia. Chiaro?" aveva gridato. Il ragazzo l'aveva afferrata dalla caviglia, facendola cadere a terra.
Due ore dopo, Neal e Kim erano seduti in Presidenza. La dirigente scolastica stava spiegando loro cos'era successo, mentre Selene aspettava seduta fuori, in corridoio, con Katniss sulle ginocchia

"Sai, da glande io vojo essere fotte come te Lene" aveva mormorato la bambina, carezzandole i capelli. Selene si era spaccata un labbro, ma al ragazzino era andata molto peggio, con il setto nasale rotto. L'idea di essere un esempio, per la sorellina, aveva risvegliato qualcosa dentro di lei. Le piaceva, essere il centro d'interesse altrui. Si ritrovò a volerle bene senza sapere bene come, e senza avere la minima intenzione di ammetterlo
"Sai cosa facciamo, pisciasotto? D'ora in avanti ti alleni un pò con me. Cosi ti insegno a difenderti da sola, e a diventare forte. Vedrai che papà sarà contento uguale"
"Affare ffatto!" Kat era cosi contenta che si dimenticò persino di piangere per il nomignolo con cui l'aveva chiamata, e che di solito la faceva disperare.

La porta si aprì, e poco dopo uscirono i genitori. Kim prese Katniss in braccio, girandosi un'ultima volta verso la preside, che urlava sconvolta
"...era una minaccia, signora Saundera?"
"Niente affatto. Era una promessa. Se lei non sa garantirmi che ai miei figli non verrà torto un capello me ne occuperò in prima persona. Dopodichè passerò a trovarla"

Sia per lei che per Neal non era assurdo che Selene avesse picchiato Michael, il ragazzino più grande, quanto che la scuola li avesse chiamati per lamentarsene. I Saunders si difendevano, in caso di attacco, e nessuna stupida scuola gli avrebbe mai insegnato diversamente.
Neal si era avvicinato a Selene, aspettando che Kim lo superasse, e camminandole accanto. Aveva sentito i discorsi tra sorelle, da dentro lo studio. Attese che entrambi fossero soli, prima di girarsi a guardarla

"Lo so che ti sei beccata una nota di demerito Selene. Ma hai affrontato un ragazzo più grande e l'hai ridotto malaccio. E l'hai fatto per difendere tua sorella" 
Si era inginocchiato, per guardarla meglio in viso
"Io so che presto diventerai una mannara. Dipende solo da quando i tuoi geni si risveglieranno. Ma quello che hai fatto oggi non dipende dai geni, ma da te stessa. Ed è ciò che farebbe qualsiasi lupa per il suo branco. Sono molto fiero di te"

La bambina sentiva il cuore scoppiarle di gioia, ma non disse niente. Persino Neal aveva parlato troppo. Gli gettò le braccia al collo, stringendolo stretto. Con noncuranza, lui le passo un braccio dietro la schiena, sollevandola di peso e dirigendosi verso la macchina

"Allora, chi vuol fermarsi da Starbucks oggi?"


lunedì 8 giugno 2015

Saunders vs Larssen

"Ricapitolando"

Neal stava finendo di vestirsi, infilando di fretta la canotta ad occultare gli intricati tatuaggi sul busto e sistemando con qualche tintinnio il cinturone in vita, di fronte ai figli schierati in ordine gerarchico. Thomas,  Selene, Davon e Joel lo fissavano con la stessa dedizione  e fiducia che un piccolo plotone di soldatini avrebbe riposto nel proprio impavido comandante.


"Thomas, tu sei il più grande. Niente casino eccessivo, niente morti, nè feriti. Se i piccoli se le danno tu separali" gli occhi del mannaro erano scivolati su Davon, saltando momentaneamente  Selene

"Tu sei quello intelligente. Per cui se dovessero presentarsi problemi logistici del tipo lattine che non si aprono e cose che non si trovano spetterà a te rimediare" aveva poi girato il viso verso la figlia, sorridendole
"E tu sei quella cazzuta, dunque tieni a bada questi sciocchi maschietti e prepara loro la merenda"

"Si papà!" aveva trillato lei, battendo persino il piede a terra e sollevando la mano a emulare il saluto militare. Neal era poi sceso di diversi centimetri, inginocchiandosi in modo da inquadrare Joel. Il più piccolo dei cuccioli di casa era intento a sbavazzare un pupazzo a cui aveva staccato la testa

"E tu evita di scagazzare troppo, per lo meno finchè non viene zia Dakota, mh? Mi raccomando, a lei piace sempre tanto quando te la fai nei pantaloni. Appena la vedi apri pure i boccaporti, figliolo"

Si era rialzato, braccia incrociate dietro la schiena, aveva esaminato con una certa severità il gruppo di bambini che aveva di fronte

"E cosa molto, molto importante, non disturbate la mamma. O la zia, nel caso di Thomas. Ha bisogno di riposare" finendo con lo specificare poi, scanso equivoci "E non come Selene ha fatto riposare il pesce rosso l'altro giorno. Intesi?"

Diverse scarmigliate di capelli e buffetti sulle guance erano stati distribuiti, prima di infilarsi dentro la camera da letto. Kim stava al buio, una pezza umida sulla fronte, l'odore intenso dello zenzero e di altre erbe mediche a riempile la stanza. Neal si era seduto sul bordo del letto, notando che teneva gli occhi chiusi. Aveva sollevato la mano, in una carezza leggera al viso, e lei aveva sollevato appena le palpebre.


"Sto andando a prendere Dakota, la porto qui e poi andiamo a fare questa benedetta visita, va bene? Tu, nel frattempo, potresti evitare di morire nel tuo stesso vomito?"


Lei aveva tirato l'angolo destro delle labbra, in un sorriso leggero, tornando a socchiudere gli occhi.

"Se aspetti che anche io mi metta in fila e ti faccia il saluto militare allora caschi male" la voce era piuttosto assonata, flebile e decisamente stanca "Vai comunque. Io e il bambino ti aspettiamo qui" Aveva tamburellato lievemente sul ventre, arrotondato dalla gravidanza, e lui  si era chinato a darle un bacio prima di uscire dalla stanza. Una stanza in cui aveva lasciato, oltre ad una moglie che in nessuna delle precedenti gestazioni era mai stata cosi male, anche un palpabile senso di apprensione e preoccupazione.

- - -

Tutto sommato, però, Kim era felice. Lo stava giusto pensando mentre Nala, l'infermiera Navajo che rappresentava il loro "aggancio sicuro" all'Ospedale di Phoenix, gli premeva contro la sondina dell'ecografo. Era rassicurante sapere che, anche li, c'era qualcuno su cui potevano contare in caso di problemi. Questa gravidanza stavo procedendo molto, molto male. Rispetto alle altre volte, sin da subito aveva cominciato ad avvertire sintomi piuttosto intensi. Vomito, insonnia, nausea, cefalea erano già da quattro mesi i suoi compagni di viaggio. Problemi che solitamente finiscono con l'avvento del nuovo trimestre, e che in lei si erano intensificati. C'era qualcosa che non riusciva a farla stare tranquilla, un certo non so che, una sensazione che l'aveva spinta a fare un esame un pò più approfondito di quello che la levatrice indiana avrebbe potuto condurre sul proprio corpo. Ed eccoli qui, adesso. marito e moglie intenti a fissare lo schermo con una certa trepidazione

"Molto bene. Vediamo un pò cos'abbiamo qui" la voce nasale e pacata della ragazza illustrava gradualmente le varie fasi della procedura. Finchè non aveva aperto l'audio. E il tripudio di un battito sconnesso e imperfetto aveva fatto trasalire Kim sul lettino

"Oh!"
"Oh cosa?" Avevano chiesto entrambi all'unisono mentre lei muoveva la sonda e sgranava appena gli occhi. Nessuna risposta. Neal, innervosito, aveva ribadito
"Oh cosa? Oh cazzo, Oh Dio, Oh che bello?! Che significa "Oh"?"

Nala si era girato a guardarlo, sorridendo

"Scusami Neal ma...è la mia prima..." aveva abbassato gli occhi verso Kim "..beh direi che l'esclamazione di prima è più un "Oh che bello, qui non c'è un solo bambino, ce ne sono due".

La scena, a questo punto, si era spaccata. E se il Mannaro aveva cominciato a festeggiare e gioire, gridando e abbracciando Nala e Kim, la strega si era raggelata di botto. Sembrava le avessero appena diagnosticato una malattia molto, molto grave, ed allo stato terminale per giunta.

"No..." aveva bisbigliato, deglutendo "No, non è possibile. Ho...già avuto, due gemelli. Non può essere. Non.."

Nala non sembrava essersi accorta del terrore che si leggeva negli occhi della strega. Si era staccata da Neal per ripulirle il ventre, e finire la stampa dell'ecografia

"Si, è altamente improbabile che un umana abbia due gravidanze gemellari nell'arco della propria vita. Ma tuo marito non è umano. E anzi, per i mannari è piuttosto frequente, credo che Neal te l'abbia detto"

No, non gliel'aveva detto. E il modo in cui il gel conduttore si era sollevato dal tavolo, per rovesciarsi addosso alla testa del marito, diceva molto di quanto lei fosse poco contenta di questa loro particolare prerogativa.

- - -

"Si può sapere qual è il problema?"

Erano fermi nel parcheggio dell'Ospedale, in macchina. Neal aveva l'aria crucciata, Kim aveva l'aria crucciata, e l'atmosfera era decisamente tesa. Niente di lieto e gaio, nessuna sdolcinatezza da coppia che ha appena saputo di..

"...hai già sfornato due gemelli, che problema hai a rifarlo di nuovo?"
"Il problema,  Neal Saunders, è che avresti dovuto dirmelo! Tu lo sapevi, e non mi hai detto niente'"
"E cosa avresti fatto? Cosa sarebbe cambiato? Ti saresti messa a fare la selezione all'ingresso? Tu entri, e tu no?"

L'idea di Kim che contava gli spermatozoi gli ha strappato un sorriso che, tuttavia, la donna non è riuscita a ricambiare

"Avrei trovato una soluzione, senza dubbio"
"Le soluzioni si trovano ai problemi. E i figli non sono problemi"

Era di nuovo serio, e persino un pò incazzato. Chiunque, vedendolo allungare le mani verso di lei, avrebbe pensato che stesse per strangolarla nell'abitacolo della propria Jeep rossa. E invece l'afferrò per le spalle, tirandosela vicino con delicatezza. Incastrata la moglie contro il proprio petto, Neal aveva cominciato a baciarle piano la tempia

"Che ti succede, bambolina?"
"Succede che non sono più giovane come un tempo, Neal, e..."

Non era questo, e lo sapevano entrambi. L'uomo aveva tirato indietro il collo, per guardarla negli occhi. Alla fine aveva sospirato

"Me lo dirai quando lo riterrai opportuno. Torniamo a casa adesso"

- - -

Non abbiamo abbandonato il progetto "Nuovo Mondo, Nuovi Casini", cosi come Joe ha scherzosamente definito la serie di spedizioni che abbiamo in mente di portare avanti per svelare il mistero dietro al cannocchiale e, sopratutto, impadronirci del ricco tesoro spagnolo che supponiamo legato al manufatto. Non posso prendervi parte in prima persona, dal momento che sono piuttosto incinta, ma ho comunque aiutato mio padre a condurre una serie di ricerche, a svelare il mistero nascosto dietro il catalizzatore, la voce nella mia testa, i simboli alchemici tratteggiati sul cannocchiale. Quando si parla di Alchimia un qualunque essere umano penserebbe da subito alla Pietra Filosofale, all'eterna giovinezza, alla trasmutazione dei metalli in Oro. Per una strega, invece, è un pò diverso. L'Alchimia coincide con gli albori della pratica magica, e con il luogo da cui ebbe origine la prima Strega. In quanto creature non comunemente umane sappiamo di non appartenere del tutto a questo mondo, per via di leggende e tradizioni orali tramandatesi da Coven in Coven, da madre a figlia, da grimorio a grimorio. Eppure non sappiamo come, quando, cosa. Siamo tutte un pò orfane, da questo punto di vista, tutte prive di solidissime radici. Mio padre sembra come infervorato, ringiovanito da una simile impresa. So che a lui non interessano le ricchezze, o il prestigio che una scoperta simile potrebbe portargli. A catturarlo, entusiasmarlo, è la sete di sapere, l'amore assoluto per la conoscenza in quanto tale. Passa ore ed ore a contemplare i manufatti, a fare ricerche, a cercare di evocare lo spirito che mi è apparso. E' talmente assorbito dalla faccenda  in sè che mi sento appena trascurata, da lui. No, la verità è che sono gli ormoni. Ormoni che mi fanno sembrare orribile quello che mi sta succedendo. Ormoni che mi fanno invidiare pazzamente lui e Neal, che la prossima settimana partiranno alla scoperta del prossimo simbolo. Un'altra settimana di silenzio, e poi potrò parlargli. Ho chiesto a Nastas di aiutarmi a fare un incantesimo che disturbi le percezioni altrui, in modo che gli altri non mi vedano sofferente. Non voglio che nessuno disturbi la spedizione, che impensieriscano Neal più di quanto non sia necessario. Un'altra settimana, e potrò confidarmi. Il ventre cresce, il malessere pure. Ho paura, e non so a chi dirlo, perchè mio padre ha le orecchie piene delle parole di quello spirito. Anche se è colpa sua, se sto cosi. Anche se è merito suo, se ho tanta paura 

- - - 

Erano tornati. La spedizione era stata un successo, e lo spirito si era di nuovo manifestato. Il luogo individuato si trovava ai confini dello stato, su una montagna impervia. In una vecchia miniera d'argento, erano riusciti a compiere un altro passo per avvicinarsi alla soluzione del mistero. C'era stato uno scontro terribile, e stavolta i mostri avevano le sembianze di creature fatte interamente di metallo. Neal lo stava giusto raccontando a Kim, mentre sedevano entrambi sul dondolo esterno all'abitazione. I bambini avevano preso d'assedio il padre, mancato da casa per una settimana circa, ed era costato loro un bel pò di fatica convincerli che era ora di mettersi a letto, a dormire. Adesso, nella quiete della notte, Kim osservava suo marito descriverle come erano andati i fatti, sorridendo lievemente.

"E poi?"
"Poi tuo padre ha detto che lo spirito gli era apparso. Credo appaia solamente in prossimità del luogo giusto, e sia visibile solo a chi tiene il catalizzatore nelle mani. Abbiamo trovato un frammento, con delle iscrizioni, e proprio in quel momento sono apparsi gli amichetti della volte precedente"

Il racconto era proseguito con un certo fervore, Neal gesticolava parecchio nel descrivere alla moglie le scene dei combattimenti, minuto per minuto, interrotto solo di rado da alcune domande di lei.

"Insomma, adesso brilla una pietra nuova, dopo l'incantesimo di tuo padre, sul catalizzatore. E' blu. Sono morte cinque persone, ma nessuno era dei nostri, per cui..." 

La sua soddisfazione era palpabile ma, d'un tratto, il sorriso sulla sua bocca era scemato e gli aveva poggiato una mano sul ventre rigonfio.

"Stai male, vero?"

La domanda era arrivata a bruciapelo, e lei aveva schiuso appena le labbra

"Cosa ti fa pensare..."
"Di solito fai il diavolo in quattro, per partecipare a cose simili. Stavolta sei stata zitta e buona. Di solito, quando torno da un combattimento, usi la tua magicabula su di me, per riviverlo in prima persona. Stavolta non l'hai fatto, hai preferito che io ti raccontassi la storia. Cosi come preferisci usare sempre meno i tuoi poteri. E, dal momento che mi pareva strano che tu fossi sempre splendente e piena di energie secondo mio madre ho fatto una telefonatina a Lapu, e mi sono fatta passare Nastas"

E Nastas aveva cantato tutto. Kim aveva aggrottato la fronte, borbottando 

"Stupido stregone, gli avevo detto che volevo apparire moderatamente in forma, non nel pieno delle mie energie vitali"

Neal era arrabbiato, lo avrebbe capito anche un cieco. Non gli piacevano i silenzi, i camuffamenti, le negazioni, Kim aveva socchiuso gli occhi, deglutendo

"Senti, te l'avrei detto oggi. Aspettavo solo che mi finissi di raccontare la storia. Avevo bisogno di distrarmi un pò"
"Vuoi distrarti? Ti stacco la testa e la mando un pò nello spazio, a vedere un pò di mondo da una nuova prospettiva. Falla finita e parla donna. SUBITO"

Si era umettata le labbra, passando la mano di fronte al viso. L'incantesimo era svanito rivelando una Kim nella sua reale forma. Pallida, sciupata, stanca e debole. Qualcosa che aveva fatto tremare, vistosamente, il cuore del marito

"Mio...nonno. Anzi no. Il nonno di mio nonno. Insomma, il ramo paterno dei miei avi ha fatto una sorta di maledizione, sulla nostra stessa famiglia" comincia cosi il racconto tutt'altro che allegro che Kim si appresta a fare, sistemandosi meglio tra i cuscini "Parla di una vecchia maledizione, legata alla mia famiglia, frutto di un'antica faida tra streghe. I miei antenati hanno fatto qualcosa di orribile, ma non si sa bene cosa, a questi tizi e loro hanno creato un vincolo di sangue. Ogni quinto figlio della casata dei Larseen dovrà morire, per ripagare i morti che hanno causato loro" era tetra, in viso, il dolore che lentamente si dipingeva sul suo volto. Aveva abbassato le mani sul pancione, carezzandolo dolcemente. Neal era rimasto impietrito

"Per questo non volevi due gemelli?"
"Si...quando ho detto a mio padre che ero incinta mi ha spiegato della maledizione, del fatto che non esistesse modo di cancellarla. E mi ha raccomandato di fermarmi al quarto figlio. Poi, l'ecografia, ha messo in chiaro che eravamo andati ben oltre, al solito nostro"

Una lieve paura stava cominciando a farsi largo, nel corpo del mannaro.
"E cosa succederà adesso?"
"Non si sa. Tu non sei una strega, ed i nostri figli hanno anche il tuo sangue. Inoltre sono gemelli, dunque...mio padre non può prevederlo. Forse nasceranno entrambi, e saranno sani. Forse uno nascerà morto. O moriranno entrambi, o..."

La voce le si è rotta, al pensiero che i propri bambini possano non vedere la luce. Ha  gli occhi pieni di lacrime, e accarezza con dolcezza disarmante la pancia.

"O...potresti morire tu?"
"Forse. Anche"
"...E perchè non me l'hai detto prima?"
"Perchè non volevo che mi chiedessi di abortire. E ho aspettato che fossero grandi abbastanza da non permetterti di chiedermelo più, perchè non posso"
"Kim..."
"Perchè non voglio, sono i miei bambini"
"..Kim.."
"...E i figli non sono problemi, giusto? Non sono problemi"

Adesso piangeva, un pianto rotto da singhiozzi e disperato, che ne scuoteva il corpo, le spalle sottili. Neal se l'era tirato vicino, preda di una tristezza in cui si stemperavano rabbia e impotenza. L'aveva coccolata a lungo, tenendola accanto al proprio corpo, carezzandole il viso e dandole baci finchè non si era calmata. 

"Andrà tutto bene, in un modo o nell'altro, ce la faremo. Vedrai che ce la faremo. Non osare più  tenermi un segreto del genere, o ti apro il cranio e ci cago in bocca. Ma a parte questo...andrà tutto bene, bambolina. Ci sono io, con te, e ci sarò quando sarà il momento."

- - - 

Già, il momento. Eccolo li. Kim era uscita di casa un solo, stupido, giorno di tutta la sua lunga e ricca di malesseri gravidanza. Un unico giorno. Per andare a comprare un tacchino in vista dell'imminente Festa del Ringraziamento. Le contrazioni erano cominciate dal momento in cui aveva preso tra le mani una confezione di marmellata di mirtilli, proprio quella che Neal detestava tanto sul tacchino. Quando il marito era entrato al supermercato l'aveva trovata a terra, circondata da persone che le facevano vedere come fosse il caso di respirare. Resistendo all'istinto di sbranarli tutti l'aveva sollevata tra le braccia, rivolgendosi dolcemente a lei in un modo soave

"CHI CAZZO TI HA DETTO DI USCIRE?"
"MA INSOMMA, NON VEDO LA LUCE DEL GIORNO DA UNA SETTIMANA"
"E POTEVI DIRLO, ABBATTEVO IL MURO DELLA CAMERA DA LETTO, SAI CHE LUCE?!"
"AHHHHH"
"AH COSA?"
"Fa male"
"E' UN PARTO KIM, NON E' UNA SEDUTA DALL'ESTETISTA"
"MA PERCHE' DIAVOLO CONTINUI A URLARE?!"
"PERCHE' E' IL MIO MODO DI SFOGARE LO STRESS, VA BENE? TU SOLLEVI LE FOGLIE DEL VIALETTO DI CASA, IO MI TROVO A MIO AGIO URLANDO."

Se pensate che una volta a casa la situazione fosse migliore, vi sbagliate. Uno Stellan agitato, che aveva latito parecchio nelle ultime settimane dal momento che Neal lo reputava colpevole massimo della maledizione, si era fatto trovare in tenuta da chirurgo. Al momento Kim se ne stava sdraiata sul proprio letto matrimoniale, le gambe divaricate, il vestito sollevato, mentre padre e marito si urlavano contro maledizioni, insulti, e colpe. Alla fine, esasperata, si era sollevata appena col busto.

"SILENZIO"

Si erano entrambi girati a guardarla

"Ho...bisogno di mio padre. E di un medico. E ho bisogno di mio marito. Adesso. Dopo. Potete. Ammazzarvi. Ma adesso, mi servite" breve pausa per fare una serie rapida di respiri
"Non morirò. Non moriranno. Aiutatemi a farli uscire, o vi giuro. Che. Quando avrò finito. Coi fulmini. Di voi non rimarranno. Neanche. Le ceneri"

Parlare le costava fatica. Ma funzionava piuttosto bene. Neal si era precipitato al suo fianco, suo padre tra le sue cosce.

- - -

Il più doloroso, dei miei parti. Il più gioioso. Vita, li dove pensavamo ci fosse solo morte e disperazione. Ho tra le braccia Katniss, la mia splendida bambina, e la sto allattando mentre Neal da il biberon  a Ian, il mio splendido bambino. Lei ha i capelli biondi, esattamente come Neal. Lui ha i capelli scuri, e nel sonno sorride. I miei bambini, i miei bellissimi bambini. La famiglia ora è al completo, decisamente. Mio marito appenderà le palle al chiodo, ed io mi cucirò l'utero se necessario. Siamo apposto cosi, pieni di bambini, pieni di gioia, pieni di vita.
E fanculo agli antenati, i Saunders sono riusciti a farcela anche stavolta.