martedì 2 agosto 2016

Sorelle

"Vengo anche io o resto qui?"

Kim e Neal si erano rifugiati nel loro angolino di mondo lontano dai figli, dal branco e dai rispettivi genitori. Abbracciati, con intorno solo il silenzio del deserto, a entrambi sembrava sempre di ritornare indietro nel tempo quando la vita era infinitamente più semplice e loro non erano altro che una coppia di scapestrati intenta a concedersi un primo, improvvisato, viaggio insieme. Potevano ancora permettersi di dormire in auto, nel bel mezzo del nulla, e chiudere gli occhi senza pensare ad altro che non fosse il respiro dell'altro sul proprio viso. Le cose, ultimamente, si erano fatte più complicate. Immensamente più complicate. Non era solo la storia del bracciale di Elianide, e del modo di riaprire le porte di Aasgard a turbarli. Avevano una famiglia numerosa a cui badare, figli che dovevano essere istruiti in un apprendimento sempre più complesso di poteri e rituali, una congrega ed un branco a cui avevano entrambi prestato giuramento. Sentivano le loro spalle cariche di un peso sempre maggiore. 

"Ti direi di restare a casa, con i bambini...ma credo che tu possa essere più utile venendo con noi. Elianide a quanto pare parla solo con te"

"E la cosa, a quanto pare, non fa piacere a qualcuno" - Neal si era girato a guardarla, aggrottando la fronte  nel notare sul viso della moglie un'espressione tanto preoccupata quanto triste. Si era rischiarato la gola, strusciando poi la guancia contro la tempia di lei "Non...ti ho detto niente perchè pensavo che avresti iniziato a borbottare al solito tuo. Che  ce l'ho con tuo padre e che sono di parte ma..." Si era interrotto, forse cercando le parole più giuste "Ultimamente...non ti sembra che lui stia un pò cambiando?"

Lei era rimasta in silenzio poi, lentamente, aveva annuito. Stellan era strano. Non sapeva se tutta quella storia avesse, semplicemente, tirato fuori il peggio di suo padre o se al contrario era davvero avvenuto un cambiamento in lui. Fatto sta che era sempre più nervoso e la rabbia prendeva il sopravvento con facilità estrema. Frequentava sempre meno i bambini, stando per la maggior parte del tempo rinchiuso nel proprio studio a cercare indizi e segni che riuscissero a fargli capire che strada seguire per poter, finalmente, arrivare alle porte di Aasgard. Kim non lo avrebbe mai ammesso, orgogliosa com'era,  ma il fatto che lui la cercasse semre e solo pper parlare del bracciale e di Elianide la feriva profondamente. Si sentiva, in un certo senso, abbandonata da lui. E tentava di scacciare dalla testa quel pensiero ripetendosi che non era più una ragazzina, era donna e madre, ed era comprensibile che suo padre non potesse passare un pò di tempo con lei. Si trattava di una missione piuttosto delicata, era in gioco la salvezza del mondo. Non era certo il momento di badare al rapporto genitore - figlia

"Credo...sia semplicemente l'ansia. Le aspettative. E' lui ad individuare i posti, e cosa stiamo cercando li dentro. Insomma, sono convinta che gli passerà non appena questa storia avrà fine" Neal non aveva detto niente, per un pò. Il punto era che "questa storia" durava ormai da anni, non più mesi. Ritrovare l'ingresso di Aasgard, dal momento in cui Kim aveva dato inizio alla profezia, richiedeva non solo una buona dose di intelletto nel ritrovare quanto indicato dalla mappa ma anche la pazienza di effettuare le spedizione nel preciso punto di congiunzione astrale necessario a rivelare luoghi e stratagemmi. Se c'era una cosa che il mannaro aveva imparato, in tutto quello, era che l'Alchemia era una scienza molto, molto complessa. E a lui, le cose complesse, stavano sul culo. Preferiva nemici visibili, concreti, piuttosto che ostacoli mentali. Infatti, neanche a dirlo, i Quesadillas gli stavano "simpatici"

"Cos'hanno scoperto i tuoi contatti riguardo i Brujos, invece?"

Kim si era messa in contatto con Congreghe di altri stati, alla ricerca di indizi che potessero rivelare loro qualcosa di più cospicuo riguardo il gruppo di persone che appariva puntuale ad ogni loro spedizione

" A quanto pare si tratta di discendenti di sacerdoti Aztechi. Adoratori del male, nelle forme antiche con cui il male è conosciuto su questa terra. Non sono Brujos molto socievoli"
"Quindi non troveremo l'indirizzo della loro Congrega sull'elenco telefonico, vero"
"No. Ma a quanto pare hanno mezzi decisamente potenti e risorse cospicue. Non sono solo fanatici, sono fanatici molto ricchi"
"E noi cosa abbiamo, invece?"
"Il cannocchiale e il bracciale"
"Dio..."
"Si lo so, sembra poco. Ma si tratta pur sempre della mappa e della chiave d'accesso"
"Una mappa incomprensibile, e una chiave mezza rotta"
"Neal..."
"Non riusciamo neppure a vederla!"
"...La vedremo presto. Tra altri 15 morti, per l'esattezza"
"Dunque noi vogliamo distruggere l'ingresso di Aasgard. Loro invece vogliono aprirlo?"
"Non esattamente"
"Ah ok, stavo iniziando a preoccup..."
"Loro vogliono bagnare il mondo nel sangue, perchè credono che più sacrifici umani commetteranno più grandi e forti sono i loro poteri"
"..."
"Puoi preoccuparti, ora"
"Grazie per avermelo detto, Kim. Quando hai detto che dobbiamo partire?"
"Tra tre mesi, circa"
"In tempo per il compleanno di Selene, praticamente"
"Quest'anno sono sedici, Neal, preparati"
"...A cosa?"
"Beh. La patente. La macchina. Grande festa. Un bel vestito"
"A Selene non interessano tutte queste cose"
"...Ah no?" l'ironia nella voce di Kim era evidente
"No." aveva risposto, in tono piuttosto seccato, talmente buffo da strappare alla moglie un sorrisino
"Beh, staremo a vedere"
"Comunque mia figlia non metterà mai un fottuto abito rosa"

- - -

No non era rosa. L'aveva voluto rosso. Ed era semplicemente bellissima con addosso quell'abito. Per un attimo, nel vederla spuntare vestita in quel modo mentre stava seduto sul divano, il cuore di  Neal aveva vacillato. Chi era, quell'adolescente?  Che ne aveva fatto della sua bambina. La rivedeva tendersi nella culla, per tentare di arraffargli la barba, e gattonare per casa ridacchiando. La ciccia tra le giunture del corpo, la bocca sdentata. Ora la ciccia c'era ancora, ma era...al punto giusto. Sua figlia aveva il seno, e il sedere. Un sedere che ricordava moltissimo quello di sua madre. Ed anche la bocca era quella carnosa e sensuale di Kim. Lo sconforto aveva preso piede nel cuore del mannaro, che era rimasto muto anche quando la figlia aveva continuato a chiedergli

"Insomma papà, ti piace o no?"
"...Cosa?"
"Ma come cosa? L'abito"
"No"

No, non gli piaceva. Voleva che le rimettessero l'abitino rosso di quando aveva sei anni. Quello con il fiocco che lei aveva strappato dopo qualche minuto. Ecco, quello era l'abito per lei. Non quei tre metri di seta di un rosso quasi cupo, intenso, che fasciava il corpo snello e affusolato della figlia e pareva voler gridare ad ogni maschio della zona "Sono qui per te. Guardami. Prendimi. Mangiami"

"No Selene questo è...davvero. Brutto"
Aveva sollevato gli occhi nei suoi, fissando lo sconforto che aveva visto apparire nello sguardo della figlia
"Davvero papà?"
"Si trovo che  ti ingrassi"

Lei aveva abbassato la testa, fissando con mestizia l'orlo del proprio abito
"Ah...ok. Vado...vado a toglierlo"

L'aveva vista risalire le scale, seguendola con lo sguardo. E poi lui si era alzato, e precipitato fuori. Aveva percorso con una certa velocità i metri che separavano la casa dalla casetta in cui Kim conduceva i propri esperimenti e preparava intrugli. Non aveva bussato, non aveva proprio aperto la porta, sfondandola in un colpo solo e facendo sobbalzare la moglie

"Ma cosa cazzo fai!?" aveva gridato, la mano ancora al petto a placare il battito cardiaco. Offa sembrava quasi ridere di un tale ingesso e aveva accolto Neal col consueto scoppiettare  di fulmini
"Dobbiamo parlare, Kim. Subito. E' abbastanza urgente"
"Di cosa?"
"Di Selene"
"Che è successo? Sta male?"
"No. E' per la sua festa"

Il viso di Kim da preoccupato si era fatto scettico. Aveva sospirato, tranquillizzandosi, ritornando a girargli la schiena per concentrarsi sulle provette che aveva di fronte a sè sul tavolo. Se era la festa non era poi cosi urgente. Neal sembrava nervoso, ma diciamo che non era mai l'essenza della tranquillità

"Un minuto. Finisco di preparare questa pozione e..."

Lui non aveva aspettato. Si era avvicinato a lei, preso le provette, versato il contenuto di tutte nel pentolino che stava sobbollendo dolcemente. Senza una tecnica, senza un ordine preciso, senza badare alla quantità. Gli occhi di Kim si erano sgranati, non riuscendo a nascondere l'orrore di veder sfumare nel nulla il frutto di mesi di particolari procedure di distillazione. Le manacce del marito avevano rovinato non solo la preparazione base, ma anche gli ingredienti stessi

"Ecco qui, la pozione è fatta, ora parliamo"

Si era seduto, e l'aveva trascinata sulle sue ginocchia. Mentre Kim cercava di placare la propria rabbia onde evitare di infilare quella mannarica zucca vuota nella pentola e contava fino a un milione per non gridargli in faccia quanto inutili fossero quelle sue zampacce lui le aveva preso le mani, come se stesse per fare una preghiera

"Devi...devi preparare qualcosa. Un incantesimo, un rituale, una pozione. Qualsiasi cosa. Che non faccia crescere Selene"

E solo allora, nel vedere l'espressione di assoluto smarrimento e panico che era apparsa sul suo volto, ad accompagnare quella strampalata quanto infattibile richiesta, la rabbia era improvvisamente svanita per lasciare spazio ad una profonda, intensa, comprensione. E tenerezza

"Neal...so che vorresti che lei rimanesse per sempre la tua ciottolina lardolosa. Ma non può andare cosi. E so che questo lo sai anche tu" aveva cominciato, prendendo a carezzargli il viso
"Io so perfettamente quello che voglio e voglio...voglio che lei...che lei non..."

"Non vuoi che veda il mondo? Che viva esperienze simili alle nostre?"
"Intendi come quando mi è esplosa la testa del vampiro tra i denti? No"
"No. Intendo...come quando tu  e Aria vi siete infiltrati al matrimonio. O io e te abbiamo truffato quella gente al Casinò. Intendo vedere posti nuovi, conoscere gente che diventerà importante per lei" aveva fatto una piccola pausa, Neal non la guardava negli occhi "Non vuoi che si innamori?"

Lui aveva sollevato la testa di scatto, verso di lei, come se avesse appena bestemmiato tutte le divinità Native Americane in cui lui credeva. Ok forse credeva era un parolone, ad ogni modo erano quanto più affine ad un credo avesse

"NO! No che non voglio che qualcuno le infili una mano tra le cosce" si stava arrabbiando, era evidente. Kim rimaneva tranquilla invece, tra le sue braccia "E se non puoi pensarci tu rendendola piccola per sempre allora...allora ci penserò io. Uccidendo chiunque le si avvicini. Chiunqu.."

Lei lo aveva baciato. Delicatamente, sollevandogli il mento con la punta delle dita. Lui aveva continuato a ringhiare e borbottare anche mentre lei gli schiudeva le labbra, con la propria lingua, e placava tutta quella furia nell'unico modo realmente efficace che conosceva. Solo quando lui si era un pò acquietato, e aveva sentito la mano del marito scivolare verso il culo, si era staccata, rimanendo vicino a lui, abbracciata, fronte contro fronte

"Tua figlia merita di essere felice. Ed io sono felice, con te. Lo sono stata dal primo momento in cui sei entrato nella mia vita. Non devi pensare a quando farà sesso...perchè prende da noi due, Neal, e lo farà presto" lui aveva spalancato la bocca per dire qualcosa ma lei ci aveva posato un dito sopra, azzittendolo "Devi pensare a quanto bello sarà per lei. A quanto felice potrà mai essere. E se qualcuno le farà del male, allora lo uccideremo insieme. Ma Neal...io non ti ho impedito di cambiare le mie abitudini, di fare in modo che le cose tra noi andassero come dovevano andare. Tu non puoi impedirle di fare i propri passi, in questo mondo"

Aveva continuato a baciarlo, sul collo, con dolcezza disarmante "Ti appartiene, e ti apparterrà sempre. Non ti voleva bene perchè la tenevi tra le braccia, te ne vuole perchè sei un padre meraviglioso. E continuerai ad esserlo anche in futuro. Lo sarai un pò meno se la murerai viva in un convento"
Aveva introdotto la mano nella sua camicia, facendo saltare dolcemente qualche bottone. E lui aveva cominciato a sospirare "Non vuoi che si senta felice? Come lo sei tu con me? Perchè tu sei felice, vero Neal?" Era una domanda retorica, che aveva formulato mentre la mano scivolava sotto la sua cintura, carezzandolo in maniera più intima. Lui aveva sospirato "Si" socchiudendo gli occhi.
"...E vuoi che io ti renda ancora più felice, adesso?" aveva chiesto, carezzevole e ruffiana, continuando con quel tocco delicato "Si...bambolina, fammi felice"  Kim aveva sorriso
"Bene" poi si era avvicinata alla sua bocca e aveva morso, con cattiveria, il labbro
"...Questo perchè tu ti ricorda di non toccare più le mie provette la prossima volta" lui aveva incassato, il sangue a scivolargli tra le labbra, gli occhi che pensavano già ad altro. Senza troppa fatica l'aveva sollevata in braccio, facendo risalire la gonna lunga oltre le sue gambe. Ora anche Kim, era ansante. Di li a poco, i vetri del capanno iniziarono ad appannarsi di quella che i Saunders conoscevano come una delle tante, piacevoli, manifestazioni della felicità

- - -

"Muoviti Kat"

Selene era raggiante. Lei e la sorellina erano andate a ritirare le ultime cose per la festa che si sarebbe tenuta da li a un paio di giorni per celebrare i suoi sedici anni. Le mani della maggiore erano impegnate a tenere due grosse buste di cartone pesante, mentre le manine della minore stringevano con particolare cura un enorme cono gelato. Katniss era decisamente il tipo di bambina che faceva fermare la gente per strada, al proprio passaggio. A sei anni aveva una bellezza diversa, rispetto a quella di Selene, ma altrettanto spiccata. Era biondissima, gli occhi di un colore indefinito tra l'azzurro e il verde e il sorriso facile e contagioso. A differenza dell'altra femmina di casa aveva una smodata predisposizione per il rosa, i fiocchi, gli abbellimenti. Neal aveva spesso storto la bocca nel vedersela zompettare davanti con qualche fiorellino tra i capelli, o qualche fermaglio sbrilluccicoso che recuperava chissà dove. Questa era un'altra prerogativa della bambina: rubacchiava. Non si sa bene se fosse gene materno, o paterno, ma se in casa spariva qualcosa era quasi sicuramente opera sua. E, altrettanto sicuramente, se appariva qualcosa di nuovo era stata lei a prelevarlo in giro.

"Lecca più veloce o finirà con lo scogliersi tutto"
"Ci sto provando, ma fa troppo caldo"

Selene aveva lasciato indietro la sorella di qualche passo, poggiando le buste a terra  e fermandosi per recuperare le chiavi dalla propria auto. Il tintinnare del metallo era stato interrotto da un grido, dietro di lei. Quando si era girata il gelato era a terra e Nicholas la teneva stretta per un braccio. Era lo stesso bambino che la ragazza aveva picchiato, anni prima, per difendere Katnissi. Che strattonava, ora, per liberarsi

"Lasciami! Lasciami!"
"Ehi! Ehi! Cosa credi..."
Selene si era bloccata, nel veder apparire da dietro i cespugli li vicino altri cinque ragazzi. Tra tutti, aveva riconosciuto Samuel. Fratello di Nicholas. Aveva picchiato anche lui tempo fa, e l'umiliazione di averle prese da una più piccola aveva scavato un solco profondo nella memoria del ragazzo. Lei aveva sgranato gli occhi, nel vederli sghignazzare, e avvicinarsi. Un conto era picchiare un solo ragazzo, in un cortile pieno di bambini, a scuola. Un altro doverne affrontare cinque, di cui due armati di mazza da baseball, in un parcheggio isolato dove erano loro. Il cuore di Selene aveva cominciato a battere sonoramente

"Guarda guarda chi c'è qui...sei diventata una vera bellezza, Selene Saunders"
"E tu sei rimasto un gran coglione con la faccia piena di pus, Samuel Corrigan"

Aveva risposto lei, innervosita. Aveva fatto qualche passo per avvicinarsi alla sorella ma era stata placcata e immobilizzata. La tenevano in due per braccio, e nel frattempo Samuel si era avvicinato a Nicholas e gli aveva passato la mazza da baseball, afferrando lui Katniss. La teneva ferma per entrambe le braccine, e la piccola gridava e cercava di morderlo, e scalciare

"Avanti Nick. E' ora di riscattarsi. Dimostra di essere cresciuto. Colpiscila"
"LASCIALA, LASCIATEMI"

Selene si disperava, gli altri ragazzi sghignazzavano

"Quanto tiri dolcezza. E non sei niente male. Scommetto che ti piace prenderlo con violenza, mh?" aveva commentato uno di loro, facendo scivolare un'occhiata lasciva sul corpo, soffermandosi ora sui seni ora sul culo. Il cuore della ragazza andava veloce, sempre più veloce. Aveva già avuto paura altre volte, ma ora era diverso. L'adrenalina che sentiva nelle situazioni eccitanti o pericolose non era niente a quell'emozione che faceva largo dentro di lei, e che aveva conosciuto il suo picco quando Nick, impugnata la mazza, aveva cominciato a colpire Katniss. Alle ginocchia, alle gambe, allo stomaco. Le grida della sorellina si mescolavano alle risate dei ragazzi, ai fischi e agli incitamenti. E poi, improvvisamente, qualcosa dentro di lei si ruppe. Non avrebbe saputo dire cosa, ma era come se un velo si fosse improvvisamente stracciato, se qualcuno le avesse acceso una luce nel cervello, o fatto scattare i freni che arginavano un torrente. Era successo, tuttavia. Un attimo prima era un ragazza spaventata, arrabbiata, minacciata. L'attimo dopo la bestia dentro di lei aveva cominciato a risvegliarsi. Il corpo si era improvvisamente fermato, cessando di strattonare, un pò come fanno i grossi predatori quando puntano la preda, e la voce si era modulata  in un ringhiare sommesso che non aveva davvero nulla di umano. Teneva gli occhi fissi sul viso di Katniss, sulla scena che si stava consumando li di fronte, e nel sentire i latrati la sorellina aveva riconosciuto quel bagliore dorata che si affacciava per la prima volta negli occhi di Selene. I ragazzi avevano smesso di ridere, e Samuel aveva allentato la presa. Non capivano cose stesse accadendo, ma avevano tutti e quattro ritratto le mani nel vederle il corpo mutare. La pelle liscia lasciava il posto ad una peluria via via più compatta, il viso si sformava. La bocca carnosa che tanto ricordava quella di Kim era sparita per lasciare posto a muso e zanne. Katniss non era una stupida. Crescere in una famiglia per metà mannara ti da il privilegio di sapere perfettamente che se assisti a una mutazione del genere per la prima volta ti resta una sola cosa da fare. Scappare. Lei era corsa via, più veloce che poteva, sopportando il dolore causato dai colpi della mazza da baseball. Gli insegnamenti del padre e della madre le rimbombavano nel cervello mentre cercava, con ansia crescente, un punto su cui arrampicarsi. In alto, doveva stare in alto. Dietro di lei il ringhiare si era attutito, ma a farla da padrone adesso erano le urla maschili che sentiva. Un brivido di paura le era corso lungo la schiena, facendole arrampicare i capelli. Un metro, ancora un altro, mentre qualcuno dietro di lei gridava "Colpiscila" o "Scappate".. Le manine ancora impiastricciate di gelato avevano impattato contro la corteccia, frettolosamente, e lei aveva preso ad arrampicarsi. Giusto un paio di passi, e poi eccola ruzzolare di nuovo giù, consumare l'abitino rosa all'altezza delle ginocchia. Eppure la bambina non piangeva. Ansimava, leggermente, le guance rese rosse da paura ed eccitazione, ma rimaneva forte e concentrata. Di nuovo, riprese la scalata. Il ramo era vicino, era cosi vicino. Riuscì finalmente a sedersi sul ramo, e si accorse solo allora di tremare, vistosamente, e di avere le gambe completamente ricoperte di sangue. Sudata, ansante, girò il viso per vedere cosa stava succedendo nel piazzare. Il ragazzo che Selene stava sbranando era ancora vivo. Lo sentiva gridare, mentre lo tirava per una gamba, riportandolo verso il centro del piazzale. Nicholas era a terra, abbracciato alla mazza da baseball, gli occhi sbarrati e la gola lacerata. Il sangue si allargava vistosamente lungo l'asfalto.
Katniss non seppe mai quanto tempo rimase li a fissare ciò che la sorella stava facendo. Si trattò di ore, comunque. La vide sfogarsi appieno, torturando i corpi fino a renderli irriconoscibili. Procedere a passo spedito verso il suo albero, ringhiare col muso sporco di sangue. Azzardare un paio di passi per cercare di afferrarla. Cosa che la fece gridare, di nuovo, e tirare su le gambe terrorizzata. Poi la lupa sbuffo, e scivolò silenziosa oltre i cespugli, in aperta campagna.
La bambina vide il sole tramontare, e sentì la morte nel cuore quando vide i fari di un auto. Aveva freddo e fame, le mancavano la mamma e il papà. Sapeva che non era prudente scendere, e sapeva anche che non aveva modo di avvertirli. Ma più di tutto era convinta che se avessero visto i corpi e trovato l'auto avrebbero dato la colpa alla sorella. Potete dunque immaginare il suo sollievo quando riconobbe la Jeep di Neal, e la figura del padre scendere dall'auto assieme a quella della strega.
Al mannaro non ci volle troppo per capire cos'era successo. Senza perdersi in chiacchiere si era trasformato. Spettava a  lui il compito di recuperare la maggiore. Kim ,invece, si era guardata intorno con l'ansia di chi ha il timore di girare l'angolo e ritrovare un corpicino tanto amato dilaniato dai morsi di qualcuno che amava allo stesso modo

"Mamma. Sono qui"
"Kat! Arrivo!" aveva sorriso, grata alla Dea, alla vita, o semplicemente felice. Filamenti sottili, di una tenue luce azzurrina, avevano dolcemente afferrato il corpo della bambina per farlo scivolare verso di lei, diretti al suo braccio
"Va tutto bene tesoro. C'è la mamma ora. E' tutto ok. Andiamo a casa"
"Mamma...Selene...lei mi ha difeso e..."
"Lo so, tesoro"
"Non la punirai vero?"
"No, ma adesso saliamo in macchina"
"E papà?"
"Tornerà più tardi, con lei"

- - -

L'aveva trovata nel fitto. Nuda e addormentata, spossata. Con colpi leggeri di muso le aveva sfiorato la guancia. Selene si era svegliata infreddolita, ringhiando appena, rincuorata nel vedere il padre

"Papà...papà" era ancora confusa, lo si capiva bene. Neal si era lentamente ritrasformato, per poi abbracciarla con trasporto
"Va tutto bene. E' tutto ok"
"Kat...io non l'ho...non l'ho uccisa, vero?"
"No. A lei non hai fatto niente"
"E...agli altri?"

Neal l'aveva scostata da sè, per guardarla seriamente negli occhi

"Gli altri sono morti Selene. Riesci a ricordare cos'è successo?"
"Io...loro avevano..." no, non ricordava. C'erano solo frammenti, e aveva un gran mal di testa. Ma Neal aveva capito. Le mazze, la presenza di tutte quelle persone. Non ci voleva un genio per capire che le avevano deliberatamente accerchiate
"Ascoltami Selene. Sai perfettamente ciò che sei. Sei stata cresciuta, per essere ciò che sei. Hai difeso la tua famiglia, il tuo branco. Non devi sentirti in colpa per questo, devi essere orgogliosa"
"Ma potevo uccidere Kat"
"Perchè ancora non controlli pienamente la tua natura. Ma a questo rimedieremo presto mh? Sono...cosi fiero, di te"

Lui era davvero felice. Entusiasta. La figlia sporca di sangue rappresentava il coronamento di un sogno che aveva covato, per lei, sin dal primo momento in cui l'aveva stretta tra le proprie braccia

"E cosa facciamo, adesso?"
"Ciò che va fatto" aveva concluso lui, semplicemente. Si era sollevato, e l'aveva aiutata ad alzarsi. Ritornati al parcheggio c'erano le luci di un auto altrettanto conosciuta. Kim aveva avvisato Norwood e Cassandra. Era la nonna ora a farsi strada tra i presenti, mentre altri del branco sollevavano i corpi infagottati dentro sacchi neri e li caricavano sul furgoncino, Teneva aperta una coperta indiana, con cui aveva drappeggiato il corpo di Selene. Tutti sembravano più felici che dispiaciuti per quanto successo. Ben presto i cadaveri vennero portati via. Il sangue lavato. La jeep fatta sparire. Sull'asfalto rimaneva semplicemente un cono gelato, ormai del tutto sciolto

 - - -

Era passato qualche giorno. Selene non si era staccata un minuto dal lettino in cui riposava Katniss. La bambina era stata medicata, ma le era salita la febbre per il freddo preso. Non era in pericolo, semplicemente aveva bisogno di un pò di riposo. Aveva riaperto gli occhi ritrovandosi li vicino la faccia di Selene

"Ciao pisciasotto"
"Ciao Lene"
"Come ti senti?"
"Mh. Cosi. Ho voglia di  gelato"
"...magari dopo, quando mamma non vede, te ne porto un pò ok?"

Gli occhi della bambina si erano illuminati di gioia

"E tu come stai?"
"E'...tutto cosi strano. Sento le cose diversamente e...vedo. Le cose diversamente" aveva sniffato l'aria, un pò di volte
"Sai che ricordi molto lo zucchero filato? Il tuo odore sa di quello e di...non so. Qualcosa di fresco tipo. Acquoso"

Katniss aveva ridacchiato

"Mi piace lo zucchero filato
"Anche a me" c'era una sorta d'ansia, in Selene, che era impossibile non notare. Un apprensione che non si era mai del tutto placata, da quella sera, che si concretizzava in un nodo fisso alla gola. Gli occhi chiari della piccina si erano fissati per un pò in quelli della sorella. Con delicatezza, poi, Katniss aveva sollevato la mano

"Non mi hai spaventato. Lene. Avevo solo paura che qualcuno ti trovasse"

L'altra non aveva detto niente, lasciandosi carezzare la guancia, immobile e restia alle smancerie

"E non sono arrabbiata con te. Tu mi hai protetto" La mannara cercava assoluzione agli occhi della sorella. E, finalmente, l' aveva trovata

"E ti proteggerò sempre, pisciasotto. Perchè tu sei parte del nostro branco. E perchè ti voglio bene"
aveva sorriso, chinandosi in avanti. Invece di darle un bacino le aveva lappato la guancia, un paio di volte
"Non ti ci abituare però ok?"

Entrambe si erano messe a ridere. Perchè per quanto diverse, erano sangue dello stesso sangue, l'una parte dell'altra.
Famiglia.
Sorelle

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