"Papà, quando io da grande mi sposerò voglio farlo con la mia canotta degli Arizona e i pantaloncini"
"Ben detto, Selene"
"E mi sposerò con te"
"Su questo non c'è ombra di dubbio"
Seduto sui morbidi e impeccabili divani di lusso del più costoso e rinomato negozio d'abiti da sposa d'America Neal si stava annoiando oltre ogni ragionevole dubbio ed era solo la parlantina della bambina, seduta sulle sue gambe ed abbarbicata al suo collo, a rendergli meno penoso lo stare li. Ben, stravaccato alla sua destra, era invece distratto dal culo di una sposina che, sulla pedana li accanto, stava provando un abito decisamente attillato. Le donne di casa Saunders erano state diabolicamente ingegnose nel farsi scortare a New con la scusa del Super Bowl per poi trascinarli li alla ricerca dell'abito adatto per Dakota. Fidanzata da circa un annetto, la biondina di casa stava per convolare a nozze con un lupo del branco ben visto dall'intero nucleo familiare. Un unione felice, che però stava minando la salute mentale di Norwood. Grande assente in quel viaggio di famiglia, aveva preferito rimanere a Phoenix liquidando questa scampagnata come faccende da donnicciuole e dichiarandosi poco incline a passare il proprio tempo in contemplazione di pizzi e trini. La verità, amara quanto sacrosanta, era che non riusciva ancora ad accettare l'idea che Dakota se ne andasse di casa, e che da figlia diventasse moglie. Da buon Saunders, quando c'era qualche cosa di spinoso da affrontare preferiva rimandare i convenevoli e combatterla di petto in una volta sola. Dunque, se poteva risparmiarsi la visione della figlia in abito da sposa, non vedeva motivo per non approfittarne.
"Si?"
"Quando ti sei sposata tu con papà hai comprato qui l'abito?"
"No, amore, l'abito me l'ha scelto papà"
"Ed era da principessa come quello?"
Davon, seduto in braccio a Kim, aveva alzato il braccio verso un abito pomposo armoniosamente incrostato di strass che stava in esposizione su un manichino. Kim aveva rinsaldato la presa delle proprie braccia, intorno alla vita del piccolo
"Era più simile a quello di Pocahontas"
"Ed eri scalza come lei?"
"No, tesoro, avevo delle scarpe orribili. Anche queste, scelte da tuo padre"
Neal aveva aperto di poco le gambe, dandole una ginocchiata leggera, come a rimproverarla. Per tutta risposta lei gli aveva fatto la linguaccia, chinandosi a lenire l'onta del proprio commento con un breve bacio. Da quando si erano trasferiti in Arizona la carnagione della strega aveva assunto un punto di colore tendente al dorato che la rendeva estremamente invitante. Strizzata in quell'abitino corto, gli occhi luminosi e la bocca morbida e fresca al punto giusto, Neal si era dovuto trattenere dal saltarle addosso. Cassandra le sedeva accanto, tenendo tra le braccia il piccolo Ian, e aveva girato la testa nel sentire la voce della figlia. Dakota stava sfilando, diretta alla pedana di fronte a loro, con indosso un abito bianco, leggero e semplice, suscitando nei presenti diverse reazioni. A Cassandra era sfuggito un sospiro, e si erano inumiditi gli occhi. Ben aveva sollevato gli occhi al cielo, sbottando un "Era ora, quanto ci hai messo". Davon aveva alzato i pollici verso l'alto, Selene verso il basso con tanto di grande boccaccia e un "Zia, mettiti i pantaloni!". Joel aveva continuato a tormentare il ciuccio, in bocca. Quanto a Neal, dopo aver rivolto un'occhiolino e un sorriso alla sorella, si era girato a contemplare la reazione di Kim. Le brillavano gli occhi. E non gli era neppure sfuggita l'aria trasognata che aveva, appena entrata in negozio. Si guardava intorno come se si trovasse nel giardino delle meraviglie, allungando le mani a sfiorare ora un cristallo, ora un pizzo, ora un leggero tulle con curiosità mista a incanto. Rifletteva ancora su quest' immagine, quando Dakota aveva annunciato ai presenti che si, era proprio quello l'abito giusto per lei. Il che poteva significare solo una cosa, per lui: era finalmente giunta l'ora del Super Bowl.
- - -
"Non ti pare che questo strofinaccio abbia un pò troppe paillettes per servire allo scopo?"
"Non è uno strofinaccio, è l'abito che indosserò alle nozze di Dakota e Riddick"
"CHE COSA?!"
- - -
Era stata una di quelle litigate leggere. Capitava non di rado che sbroccassero l'un l'altro per faccende prive di reale peso, e questo era uno di quei casi. Un pò come quei temporali estivi, improvvisi e del tutto passeggeri, i coniugi Saunders si erano accaponiti sulla faccenda "dress code del matrimonio di Dakota". E le loro urla avevano rieccheggiato per tutta la casa, la comunità, la provincia.
"Guarda che addosso mi sta una favola, sbraiti solo perchè la vedi sul manichino..."
"Kim..."
"..Ti manca la visione di insieme"
"E a te manca qualche fottuta rotella in quel cervello che reputavo intelligente"
"Senti, non è colpa mia se tu hai un evidente deficit della vista. L'abito è bellissimo, non c'è una ragazza gipsy che non lo indosserebbe per un matrimonio"
"Tu non sei una ragazza."
"Mi stai dando della vecchia!?"
"...gipsy, volevo dire. Non sei...fanculo, Kim, hai capito"
"Si che lo sono!"
"No invece! Sei mia moglie"
"Beh e allora ricordati un pò con chi ti sei sposato mister "Oh, Kim, quando avevi intenzione di mostrarmi questo tuo attaccamento alle tue origini gitane?""
"L'ho detto mentre ballavi per me. è totalmente diverso ora!"
"Ballerò per te anche al matrimonio, se ti farà stare meglio"
"UCCIDERTI, MI FAREBBE STARE MEGLIO"
"SEI GIA' IMPEGNATO AD UCCIDERE IL MIO SENSO DELLA MODA, NON CREDI DI ESSERE UN UOMO UN TANTINO IMPEGNATO!?"
Niente di grave, insomma. A dimostrare quanto poco profonda fossero le ferite emotive lasciate dalla presenza dell'abito, che Kim manteneva ostinatamente appeso nella maniglia dell'armadio della loro stanza esattamente di fronte al letto matrimoniale, era che si erano addormentati ciascuno all'estremità del proprio lato, per poi risvegliarsi abbarbicati come sempre. Il risveglio era stato morbido, sospirato, leccato, mordicchiato, goduto. Ma, ahimè, ripresi dal torpore della passione, ciascuno era piombato nella propria ostinata cocciutaggine in merito al completino della mise. Il giorno dopo, Neal era uscito a pesca con Selene. Il gene non si era ancora manifestato, in lei, eppure lui era certissimo che fosse una mannara. A cinque anni, aveva ereditato la bellezza delicata della madre e il temperamento deciso del lupo. La passione per gli scontri, per la competizione, e il fatto che traboccasse d'amore e adorazione per il padre gliela rendevano più cara, minuto dopo minuto, respiro dopo respiro da quando era nata. Non potendo portarla con sè nel bosco, come faceva con Ian, stava guidando verso un punto in cui il fiume diveniva popoloso. Con la bassa marea, i salmoni lo risalivano per deporre le loro uova, e morivano impantanati nell'acqua. Era un posto carino per trascorrere qualche ora in tranquillità con la piccola, che possedeva già un'innata predilezione per la caccia. Un posto carino secondo il giudizio di Neal, ovviamente. Ne sbirciava i movimenti, mentre seduta sul sedile anteriore contemplava il paesaggio scivolare attorno a loro. Pantaloni al ginocchio, t-shirts blu scuro, cappellino da baseball calcato al contrario sotto i lunghi capelli castani, stava fischiettando una canzone dei Guns'n'Roses e non pareva avere particolari turbe nonostante da qualche giorno in casa si urlasse. Sceso dalla macchina l'aveva presa in braccio, camminando con lei tra l'erba alta, verso la riva.
"Di un pò...a te non fa paura come a Davon, quando litighiamo con la mamma?"
"No..Taisha dice che tutti i genitori litigano. I suoi lo fanno ogni giorno"
"Ah"
"Dice che quando succede suo padre va via sbattendo la porta, e sua madre si chiude in camera a piangere"
"Ah...e fa cosi anche la mamma?"
"No..."
"E cosa fa quando io me ne vado, dopo che abbiamo litigato?"
"Mh.."
La bambina si era presa qualche secondo per riflettere, mordicchiandosi il labbro pensierosa
"Beh, di solito viene a giocare con noi. Oppure ci porta tutti fuori a passeggiare"
Il pensiero che invece di frignare la moglie si dedicasse ai piccoli, e che persino quando ricorreva ad un suo personale modo di attenuare il dolore, ossia la camminata all'aria aperta lontano dal mondo e dai suoi casini, se li portasse dietro riuscivano a riscaldargli un punto non ben definito del petto. Una sensazione molto, molto, piacevole. Arrivati al bordo della riva Neal l'aveva messa a terra, aiutandola a togliersi le scarpe ed eliminando le proprie a sua volta. Tenendola per mano si era incamminato lungo i ciottoli, mentre Selene ridacchiava per il solletico che l'acqua fredda del torrente e la patina viscida delle pietre le faceva ai piedini. Non era affatto profondo quel punto, e l'acqua arrivava loro alle caviglie.
"Ieri avete giocato?"
"No, ieri si è messa il vestito che tiene appeso sull'armadio, e ci ha chiesto cosa ne pensavamo"
"E voi cos'avete detto?"
"Thomas ha detto che era una maglietta carina"
A questo punto Neal era scoppiato a ridere, lasciando che la voce spessa e profonda coprisse per qualche minuto l'esposizione della bambina. Selene aveva ripreso, la mano sinistra stretta a quella del padre, la destra che si chinava a carezzare il pelo dell'acqua, tremolante dei riflessi del sole.
"Davon ha detto che era bellissima, ed io le ho detto che secondo me brillava troppo, mi facevano male gli occhi. E poi c'erano tutti quei cosi" probabilmente alludeva ai volants a lato dell'abito "Ed io odio quei cosi. Sono inutili e stupidi"
Si era chinato a guardarla, l'impronta di un sorriso ben impressa tra la barba
"Tuo fratello è in punizione, e tu ti sei appena guadagnata un bel gelato quando finiremo qui. Adesso guarda come fa papà, ok?"
Si era risollevato, spostandosi verso un punto dove il livello dell'acqua era brulicante. Di scatto, si era chinato, risollevandosi poi altrettanto rapidamente. Tra le mani teneva un grosso, boccheggiante, salmone e aveva girato il viso verso Selene, in attesa che anche lei facesse il proprio tentativo.
- - -
Il giorno dopo, quando era tornato a casa per la cena, aveva subito notato entrando in camera che il vestito era sparito. Al suo posto c'era l'abito rosso, lungo e sofisticato, che Neal aveva regalato a Kim per il San Valentino di parecchi anni prima. Era rimasto fermo sulla porta d'ingresso, e per un attimo la mente era volata a quella sera, alla gioia di Kim, alla cena al ristorante. Al modo in cui gliel'aveva levato via di dosso, una volta a casa. La moglie era nella stanza accanto, intenta a fare il solletico sul pancino scoperto di Joel. Si chinava, a riprese lente, soffiando sulla pelle tesa del ventre, e il cucciolo si scioglieva in grassissime risate. Di tanto in tanto lei si fermava, a contemplarlo, gli occhi innamorati di una madre completamente persa del proprio piccolo. Neal si era avvicinato proprio mentre era china, poggiandole le mani sui fianchi e facendole risalire lentamente lungo la schiena, verso il punto vita. Risollevandosi, lei si era girata a guardarlo, poco prima di ricevere il suo bacio. Improvviso, dal vago retrogusto di birra, lento e misurato. Qualcosa le diceva che aveva visto l'abito. Senza dire niente, aveva voltato il corpo in modo da poterlo abbracciare
"Ho pensato che quello è meglio. Ma solo perchè chissà quante indosseranno il celeste in un matrimonio che ha come tema il mare"
"Ed io ho pensato che ti porto a fare spese, domani. Cosi compriamo qualcosa insieme"
"Da quando ti va di venire per negozi a veder vestiti?"
"Da quando a provarti i vestiti sei tu, e ti serve qualcuno che ti sollevi la zip"
"...O me l'abbassi"
"O te l'abbassi"
Avevano riso, insieme. E Joel, vedendoli ridere, aveva riso a sua volta, quasi in simbiosi, battendo le manine e optando poi per infilarsele del tutto in bocca, sbavazzando allegro.
- - -
Phoenix - Maggio 2018
Vestita del suo perfetto abito, nè troppo corto nè troppo noioso, nuovo di pacca e con un tocco decisamente sensuale, Kim si sentiva bellissima. E fortunata. Contrariamente alle nozze tipicamente indiane, Dakota aveva voluto mescolare la tradizione al moderno scegliendo di sposarsi all'aperto, nel cuore del bosco, con tutti gli accessori di nozze in piena regola. A celebrare la cerimonia sarebbe stato Nastas, ovviamente, e il rito era quello caro a tutti loro. Ma c'erano i fiori, c'erano i dettagli tipici di un matrimonio come il bouquet, l'arco sotto il quale celebrare le nozze, le damigelle. Già. Le damigelle. Selene non aveva preso benissimo il suo ruolo di bambina dei fiori. Quella che doveva essere una leggiadra creatura in tulle celeste che, con garbo, attraversava il corridoio che portava all'altare spargendo petali di rose bianche si era, in realtà, trasformata in una sguaiata apparizione. Il cerchietto di fiori le penzolava lateralmente dai capelli, attaccato alle ciocche da un'ultima, stoica, forcina. Alcuni fiori dell'abito si erano, rovinosamente, staccati. Teneva la borsetta colma di petali come se fosse una mazza chiodata, facendola roteare in aria. I petali si erano distribuiti a casaccio, mentre passava tra le file ordinate di panche, tra le risate generali degli invitati, calcando i passi come se stesse facendo una marcia veloce. Giunta alla fine, si era andata a sedere sulle gambe del padre, estremamente divertito, che aveva posato un bacio delicato sulla fronte aggrottata, ringraziandola per la meravigliosa entrata. Lei aveva replicato che sembrava una "stupida femmina" e che il tulle "le faceva prudere il sedere" suscitando nuovi scrosci di risate. Interrotti, poco dopo, dall'arrivo della sposa.
Norwood era emozionato. Aveva guardato malissimo Riddick, una volta giunto di fronte a Nastas, e nel mollare il braccio di Dakota sembrava tentennare. Riluttante, si era seduto al proprio posto accanto a Cassandra, gli occhi lucidi "per la polvere di questo fottuto posto", il cuore stretto da una sensazione a metà tra la gioia e la tristezza.
Qualche ora dopo, erano lontani da li, nel patio di fronte casa. Un grande gazebo bianco accoglieva diversi tavolini e la pista da ballo. C'era gente che beveva, gente che mangiava, gente che rideva. E c'era Neal, che era finalmente riuscito a sequestrare la sorella, portandola in pista. Solo dopo poco, tra una chiacchiera e l'altra, aveva trovato il tempo di affrontare un argomento scivoloso
"Senti...queste...cose" aveva fatto un giro col dito, a indicare il contorno della serata "..a te piacciono davvero?"
"Ovvio, Neal. Le ho scelte io"
"Mh. E piacciono a voi femmine, in generale?"
"Se escludiamo Selene, direi di si"
C'era stato un pò di silenzio, durante il quale i loro occhi avevano cercato i membri della propria famiglia. Selene stava giocando a carte con Norwood, al tavolo. Kim, invece, ballava con Davon. Il bambino rideva, in braccio alle madre, che volteggiava allegra attorno alla carrozzina di Joel
"E...senti. Ci hai messo tanto, a organizzare tutto?"
"No, non tanto. Perchè me lo chiedi?"
"Cosi. Giusto per sapere. Lo sa Riddick che hai il culo cosi peloso che devi farti la ceretta una volta a settimana?"
"Si, Neal, lo so che sei felice per noi due. Ti ringrazio"
"...Perchè se non lo sa ho una tua foto, mentre ti depili, che potrei passargli"
Lei gli era salita sul piede, col proprio, facendolo ringhiare dal dolore. Poi avevano ripreso a ballare, allegri. Solo a fine canzone, quando Neal l'aveva riaccompagnata dal marito, prima di scostarsi da lei aveva sussurrato
"In settimana tieniti libera. Ho bisogno del tuo aiuto"
- Fine Prima parte -
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.