lunedì 16 febbraio 2015

Si, padrona

Phoenix – Casa Saunders - 25 Febbraio 2016

Oltre all’arrivo del piccolo Joel un altro ometto aveva fatto il suo ingresso in casa Saunders. Thomas, il figlio che Aria era finalmente riuscita a strappare alla madre adottiva, era diventato membro effettivo della famiglia e presentato ai bambini in qualità di cugino. Selene e Davon ci avevano messo poco ad abituarsi a lui, andando ben presto a costituire insieme una vera e propria associazione a delinquere. Inizialmente il bambino, che aveva ricevuto tutt’altro tipo di educazione e proveniva da un’ambiente medio-borghese, aveva faticato un po’ a comprendere le meccaniche tipiche di quella casa e ad accettare tutte le diversità tra la sua vecchia e la nuova esistenza. Tra le tante novità c’era sicuramente il fatto che Neal fosse decisamente più presente, nella vita dei suoi figli, di quanto lo fosse mai stato suo padre. Ogni sera, quando si avvicinava l’orario del rientro a casa, Selene e Davon si nascondevano ridacchiando all’ingresso. L’uomo spalancava la porta ringhiando – e possiamo scommettere su quanto realistica gli venisse la scena – e andava a stanare i bambini inseguendoli e acciuffandoli per poi fingere di divorarli, con loro sommo gaudio e in un crescendo di grida e risate. La prima volta che era successo Thomas era rimasto abbastanza sconvolto, ma col passare delle sere aveva trovato divertente e piacevole l’abitudine. Come trovava piacevole il fatto che Kim rimboccasse loro le coperte, raccontando storie che andavano oltre alle tradizionali fiabe per bambini. In parte provenivano dalla tradizione orale gipsy, in parte erano storie realmente accadute a lei o al marito, altre ancora erano frutto di una fervida immaginazione che esternava in un crescendo di sorrisi e magie. La stanza si riempiva di luci, di proiezioni sui muri, di piccoli incantesimi che rendevano ogni racconto più vivido e veritiero. La vita scorreva tranquilla e felice, e l’esistenza dei piccoli procedeva ordinatamente tra le coccole della madre, i giochi del padre, e le frequenti visite di Cassandra e Dakota. Era proprio l’auto di quest’ultima a varcare il vialetto, in quella tiepida mattina di fine febbraio. Da poco avevano festeggiato il primo anno di Joel che, al momento, se ne stava sul prato davanti casa tentando di gattonare in maniera convincente. Kim era li vicino, intenta a stendere i panni, e teneva d’occhio il cucciolo. Di Selene, Davon e Thomas neanche l’ombra, segno che si erano rintanati nel boschetto li accanto. La cognata si era avvicinata, sorridendo entusiasta al bambino che, altrettanto felice, le aveva teso le braccia reclamando di essere raccolto e coccolato come si deve


“Ciao Kim! Hai un minuto?”

La strega aveva annuito, smettendo di sbrigare le incombenze del momento per andare a sedersi con lei sui gradini d’ingresso alla casa, e condersi una sigaretta in santa pace . Joel era tutto preso a  torturare la collanina di Dakota per poter dare retta ai discorsi che passavano tra le due donne, concentrate sul dividersi pensieri e tabacco.

“Come procedono i preparativi per il fidanzamento?”
“Bene, ma non sono qui per questo. E’ da un po’ di tempo che vorrei parlarti di un fatto, ed anche mia madre è del parere che dovresti sapere di certe situazioni”
“Che genere di situazioni?”
“Hai presente il Mocambo?”

Kim aveva annuito, di nuovo. Il Mocambo era uno dei tanti locali gestito dalla famiglia di Neal. Rispetto agli altri pub, in questo c’era un gruppo piuttosto variopinto di cameriere che si esibivano sul bancone e sui tavoli in balletti dal dubbio stile. Inutile dire che l’avvenenza delle ragazze attirava un nutrito numero di clienti. Lei sapeva anche che il marito ci andava almeno due volte a settimana, per riscuotere la cassa e perché lo usava come punto di incontro con gli uomini che gestivano gli affari nella zona Ovest di Phoenix.

“Da un paio di mesi è arrivata una ragazza nuova, si chiama Hattie. E’ una mannara pure lei. Pare che abbia puntato gli occhi su Neal, e non è raro che in sua presenza si metta in mostra sventolandogli tette e culo davanti. A quanto ne so ha avanzato anche proposte molto esplicite”

Kim aveva stretto la sigaretta, tra le dita, e concentrato lo sguardo su Dakota

“Se stai dicendo che Neal mi ha tradito, sappi che non ti credo né lo farò mai”

“No no…lui si comporta bene. Penso non ti abbia detto niente per non farti dispiacere, e perché non la considera una cosa importante. Le ha più volte fatto capire che non è interessato, ma lei non desiste. Ed anzi…” aveva fatto una piccola pausa, perché era il suo turno di fumare “…è andata in giro a dire che lui c’è stato, e più volte, e che ti toglierà di mezzo prima o poi. Le donne cominciano a mormorare che forse preferisci stare in casa a piangere, piuttosto che definire i confini del tuo territorio”

Kim era rimasta in silenzio, girando il viso verso l’orizzonte. I bambini ora si vedevano, Davon teneva in mano un mazzetto di fiori e Thomas e Selene giocavano al campanaro.

“Cosa intendi fare?” la voce di Dakota l’aveva distratta, e lei si era girata a guardare la mannara. Sapeva che il branco in certe cose era molto determinato. Le voci, i pettegolezzi, andavano troncati in un certo modo, e dai legittimi interessati. Non era onorevole che della faccenda si occupassero Dakota o Cassandra, la moglie era lei. Ed era la moglie dal maschio alfa, tra le altre cose. Pur non essendo mannara, questo significava che ogni giorno doveva dimostrare di essere due volte meglio, e di meritarsi quel marito, cosi come il posto “d’onore” all’interno della comunità.

“Intendo sistemare la faccenda, definitivamente e a modo mio. Le zingare sono dannatamente brave in questo” aveva sorriso, porgendole nuovamente la sigaretta e riprendendo Joel tra le braccia, abbassando la spallina quanto bastava per denudare il seno e porgergli il capezzolo. Fuori era tranquilla, e serena, e di certo la cognata non poteva vedere il modo in cui si stava addensando l’aura intorno a lei. Nuvole e lampi si manifestavano sopra la testa di Kim, facendo presagire quanto la faccenda in sé la urtasse, e come le notizie della cognata poco avessero rallegrato il suo spirito.



Mocambo – Phoenix 27 Febbraio


Neal era al locale, quella sera, e aveva da poco finito di contare l’incasso settimanale. Non erano ancora aperti ma c’era già qualche cliente storico ai tavoli e al bancone, persone che venivano fatte entrare prima del previsto perché amici di famiglia, o perché dovevano parlare con calma con i proprietari. Al suo ingresso al Mocambo Hattie gli si era buttata al collo, abbracciandolo sotto gli occhi di tutti, e chiedendogli di fermarsi un po’ più del previsto quella sera. Sospirando, si era liberato dalla sua presa scostandola da lui, invitandola ad andare a cambiarsi perché di li a poco avrebbe iniziato il turno. Poi si era avvicinato al bancone, ed era ancora li a chiacchierare con Jack il barista quando un insieme corposo di fischi e la brusca interruzione del discorso dell’uomo – letteralmente a bocca aperta – aveva accolto l’ingresso di Kim. 





Non era una delle solite mise, eppure la portava divinamente. I pantaloni di pelle nera sembravano esserle cuciti addosso, mettendo in risalto la lunghezza delle gambe e la rotondità di un sedere che ondeggiava vistosamente, complice la vertiginosa altezza del tacco nero. Il ventre era nudo, la pelle sottile mostrava il rilievo appena accennato dei muscoli, e sopra non indossava che una micro giacca in pelle. La zip era abbassata, mostrando un reggiseno nero ornato di piccole borchie, a incorniciare il seno pieno su cui ballonzolavano vistosamente i ciondoli delle collanine. I capelli erano sciolti, ulteriore vanto al suo aspetto, e aveva truccato in maniera vistosa occhi e bocca, conferendo ai lineamenti un'impronta ulteriormente sensuale e smaccatamente femminile. Camminava come fosse la regina del mondo, senza girarsi minimamente ai fischi di chi le stava accanto, e sopratutto senza degnare di un'occhiata Neal. Parzialmente sorpreso, rimaneva li a guardarla, e non aveva mosso paglia neanche quando lei si era fermata al centro del locale, guardandosi intorno.

"Bel posto. Bel posto davvero...Ben, per cortesia, chiameresti tutte le ragazze qui, per me?"

Si era rivolto al cognato, fermo di fronte allo spogliatoio, rimasto con la propria birra sospesa in aria tra lui e la bocca. Un minuto dopo cinque diverse ragazze si erano presentate. Kim le aveva guardate tutte, una ad una, con attenzione badando bene  che tutte la osservassero con la medesima attenzione. Nel suo atteggiamento c'era una fierezza ed un'arroganza che avrebbero fatto onore a tutte le sue antenate traveller

"Chi di voi è Hattie?"

Una ragazza bassa aveva fatto un passo avanti. Il corpo ricoperto di tatuaggi, i capelli corti e di un palese biondo finto, simili a paglia mal tagliata, non era poi questa gran bellezza. Indubbiamente aveva la sua attrattiva, e le forme erano quelle adatte ad un ballerina. Ma appariva volgare, e sciapa, specie ora che Kim gli si era piazzata davanti, fronteggiandola. L'aveva guardata negli occhi, a lungo, e con una minacciosità tale da far arretrare di qualche passo le ragazze, che parevano non voler avere nulla a che fare con quella storia. 

"Non credo che nessuno ci abbia mai presentato, e sebbene io non abbia praticamente mai sentito parlare di te, so per certo che tu parli spesso di me"

Aveva cominciato, iniziando a girare intorno a lei con una certa flemma. Il rumore dei tacchi della Strega era l'unica cosa di concretamente udibile nella stanza.

"Io sono Kim Saunders, e in quanto Saunders tu sei anche alle mie, dipendenze. Ti abbiamo assunta per ballare sui tavoli e servire i clienti" si era fermata di fronte a lei, le mani poggiate ai fianchi, un sorriso cattivo sulle labbra 

"Quanto a mio marito fotte con me, regolarmente, ogni giorno e non ha bisogno delle tue offerte. Se davvero hai tanta voglia di tirare la lingua fuori, puoi sempre ficcartela nel culo, prima che lo faccia io"

Hattie era palesemente nervosa, e aveva sollevato le labbra a mostrare i denti. Kim si era chinata di un pò, per guardarla occhi negli occhi, per nulla intimorita

"Tieni la tua fica sfatta lontano da mio marito. O sarò io a starti molto, molto vicino. Hai capito?"

Hattie aveva stretto i pugni, e dopo un silenzio carico di tensione si era limitata a scucire un basso assenso

"Si"
"Si padrona, non "si". Ripeti"
"..."
"Ripeti, ho detto"

Lei stava zitta, e allora Kim aveva raddrizzato la schiena. Dentro il locale si era improvvisamente manifestato il vento. Una brezza tutt'altro che gentile aveva avvolto il corpo di Hattie, e si era fatta cosi sferzante da causarle due tagli all'altezza dei fianchi. 

"Ripeti" aveva chiesto, i tagli che divenivano cosi profondi tanto da chiazzare la camicia di sangue. Altri tagli avevano cominciato ad apparire, sul viso e all'altezza delle braccia, delle gambe. La ragazza si era lasciata andare ad un gemito di dolore prima di rispondere

"...Si, padrona"

Il vento era cessato d'incanto, esattamente come era iniziato, e Kim aveva sorriso soddisfatta.

"Molto bene. Buon lavoro"

Si era girata, proseguendo verso il bancone, nel silenzio generale

"Una tequila, per favore"

Incurante di Hattie, che era ritornata all'interno dello spogliatoio, si era messa in modo che il proprio sedere sporgesse vistosamente. Gli avambracci toccavano il bancone di legno,e la schiena era graziosamente curata. Neal aveva fatto il giro, sistemandosi al suo fianco, poggiandole una mano sulla spalla proprio mentre il liquore le veniva servito

"Non ho fatto niente, Kim"

"Lo so. Non sono venuta qui per te, ma per lei" Aveva precisato, portandosi il bicchiere alla bocca e tirandolo giù tutto d'un fiato, offrendogli ancora il proprio profilo.

"E' stato un bel discorso, comunque" Le stava sorridendo, compiaciuto, e la sua mano era scivolata dalla spalla al fianco, finendo col fermarsi sul sedere di lei, strizzandolo. Kim si era risollevata, premendoglisi contro, lasciandosi toccare meglio e respirare a fondo

"Dal momento che sei qui anche tu...Adesso farai il bravo marito, e mi farai visitare questo posto vero? Compreso il tuo ufficio"

Gli stava carezzando il petto, un sorriso malizioso che prendeva piede sulla bocca dipinta. La voce si era abbassata

"E una volta li, farò in modo che nessuno da qui a Tampa abbia più dubbi di quanto io sia brava con la bocca"

Ovviamente, Kim non si stava riferendo ai bei discorsi. Altrettanto ovviamente, le urla dall'ufficio del capo quella sera avevano messo definitivamente a tacere le voci su di loro.

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Phoenix - Casa Saunders - 27 febbraio

Quando erano tornati a casa era mattino presto. Dakota aveva fatto da baby sitter ai bambini, felice che i due se la fossero spassata, complice nell'improvvisata di Kim. Neal si era infilato sotto la doccia, e lei era andata a cambiarsi. Aveva appena aperto l'acqua quando la moglie si era affacciata, facendo scorrere il vetro della cabina

"Ehi...vuoi lavarti con me?"
"Dopo magari, adesso devi venire a vedere una cosa"

Incurante del fatto che fosse nudo e in parte bagnato, scalza e spogliata per metà, l'aveva portato in camera loro trascinandolo fino alla culla dove riposava Joel. Non c'era nessun bambino, però, tra le lenzuola. Un piccolo cucciolo di lupo, in compenso, con accanto i brandelli di quella che doveva essere una tutina e ben stretto accanto ad un pupazzetto, riposava beato. Entrambi non sapevano cosa dire. Era il loro primo figlio, a manifestare i tratti tipici di una delle loro nature, e per tutti e due l'emozione era vistosamente palpabile. Kim aveva gli occhi lucidi, e stringeva forte la mano di Neal. Il mannaro si era chinato, sulla culla, non potendo resistere all'istinto paterno di distribuire su quel musetto diverse lappate affettuose. Joel era  un lupo, come lo era Neal. Si erano abbracciati, nel buio della stanza, entusiasti e orgogliosi. Per preoccuparsi di come avrebbe ridotto casa, dal momento che era diventato mannaro cosi presto, ci sarebbe stato tempo il mattino dopo. 



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