giovedì 29 gennaio 2015

Come una candela profumata

Luglio 2015 - Phoenix 

Era sveglio da un po’, e la guardava dormire. Nel lettone, Kim teneva il braccio allungato, a raccogliere vicino a sé Davon e Selene. I bambini avevano accolto il ritorno dei genitori dalla luna di miele, circa un mese prima, con strilli di gioia e gesti d’affetto. Davon aveva raccolto personalmente i fiori per la madre, componendo un mazzetto di margherite di campo e altre piantine selvatiche che, al momento, trionfava rinsecchito su un vasetto di vetro nel comodino li accanto. Selene, invece, aveva dato il suo tocco personale alla torta cucinata da Cassandra modellando mostriciattoli nella pasta di zucchero, perché sapeva che il padre adorava mangiare i mostri. O, per lo meno, lui gli raccontava sempre che ogni sera prima di andare a dormire mangiava quelli che stavano sotto al letto, dunque lei si era convinta che fossero parte integrante della sua dieta. I bambini non erano i soli, ad essere felici. A entrambi erano mancati sempre più intensamente, e il ritrovarli aveva implicato il riprendere le vecchie abitudini di sempre come le favole della buonanotte e la colazione consumata insieme, nel lettone. Nella stanza si respirava un’atmosfera quieta, riposante, e il mannaro stava perdendo tempo in contemplazione della propria famiglia. Mentalmente, Neal ripercorreva le settimane trascorse in Italia e i ricordi che aveva collezionato con lei. La rivedeva ridere, sbraitare, mangiare sporcandosi mento e dita, allontanarsi dalla riva in bracciate ampie dense di schiuma, addormentarsi addosso a lui, mugugnano parole incomprensibili, e risvegliarsi cosi piena di vita che le tende della stanza venivano regolarmente scosse da un vento anomalo. Gli occhi erano poi scivolati sulla curva dei suoi fianchi, e  i ricordi si erano tinti di sfumature erotiche piuttosto complesse. Aveva allungato una mano, da sopra il lenzuolo, per allungarle una carezza che era però stata interrotta da Selene. Nel sonno, la bambina si era girata scalciando, e Neal nel palmo si era ritrovato a stringere il suo minuscolo piedino. Cosa che l’aveva fatto ridacchiare, sommessamente. Certo senza i bambini fare sesso era più semplice. Senza vincoli o orari loro ne avevano approfittato ampiamente, delle volte interrompendo occupazione precedenti, per soddisfare quel desiderio che a tratti era vorace, altre volte rispondeva a ritmi più morbidi e lenti.  L’armonia del momento, tuttavia, si era interrotta improvvisamente quando il mannaro aveva percepito una sfumatura nuova nell’aria. Un po’ come quando si accende, in un ambiente, una candela profumata. La fiamma brucia lentamente, crepitando, lo stoppino di corda e solo dopo qualche minuto comincia ad avvertirsi l’aroma di testa diffondersi. Arriva al naso gradualmente, perché il fumo è lieve e delicato, divenendo via via più intenso di minuto in minuto. Finchè è praticamente impossibile, sniffando l’aria della stanza, non riconoscere l’odore e non apprezzare la consistenza e le sensazioni che esso rievoca alla mente. Ecco. Era successo più o meno cosi anche per Neal solo che era un’altra, la miccia che era stata accesa, e invece che una candela era un ventre il centro del suo interesse. Nonostante fossero passati ben due anni, sapeva perfettamente che cosa significava quando la pelle di Kim sapeva di lui. Lei era di nuovo incinta, e a breve ci sarebbe stato un altro cucciolo da quelle parti. Il cuore del mannaro si era riempito di gioia, e se non aveva raccolto la moglie tra le braccia per stritolarla era solo perché temeva di uccidere i figli nel mezzo.

Aveva mal di testa. Da qualche giorno non faceva altro che svegliarsi con una morsa di ferro ben stretta attorno alle tempie, talmente intensa da darle la nausea. Non aveva ben capito se si trattasse del troppo sole, dal momento che era abituata al clima piovoso e orribilmente umido di Bontemps, oppure fosse da imputare a qualche malattia fisica. Fatto sta che anche quella mattina Kim si era alzata sottosopra, e quando era entrata in cucina e tutti si erano girata a guardarla lei, d’istinto, aveva girato il viso verso Davon credendo che guardassero il bambino che teneva in braccio. Ben era rimasto con la bocca aperta, e una ciambella in mano, Cassandra aveva la caffettiera sospesa verso la tazza del marito, Dakota il coltello intriso di burro al di sopra della fetta di pane. Neal, al momento, dava le spalle alla scena avendo messo Selene seduta sul ripiano della cucina e combattendo con i lacci della scarpa che la bambina si rifiutava di indossare. Quanto a Norwood, gli occhi si erano aperti in un’espressione di pura meraviglia, aveva battuto entrambi i pugni sul tavolo ed urlato un

“PORCO CAZZO MIA NUORA E’…”
“…IN RITARDO ! Sarah è già fuori che li attende per portarli giù all’asilo con gli altri cuccioli . Sbrigati Kim”

Norwood non aveva completato la frase, perché Cassandra lesta aveva afferrato una salsiccia dal piatto sul tavolo badando bene di infilargliela in bocca, assieme ad un’occhiataccia orribile. Era stato Neal, a finire il pensiero al posto suo, staccandosi dalla penisola con Selene al seguito e scaricando la bambina tra le braccia della madre

“Vai su, ci vediamo dopo”
“…Va bene. Che avete oggi? Sembrate un po’ nervosi”

Non aveva atteso risposta, dando loro le spalle e avviandosi al di fuori dell’abitazione. Norwood aveva sputato la salsiccia sul tavolo

“Ma che cazzo ti prende?”
“Non spetta a te dirglielo, è compito di Neal!”
“Si, pà, dovresti farti i fatti tuoi”
“Ben, bada un po’ alla tua ciambella. E ripassami quella salsiccia, è mia”
“Oh Neal, congratulazioni! Sono cosi felice per voi”
“Auguri figliolo, fatti dare un bacio”
“Grazie, grazie tante”
“Siediti, non ho voglia di alzarmi per darti una pacca di congratulazioni”
“Va bene pà”
“E’ da tanto che ci provate?”
“In che senso proviamo?”
“Beh…immagino che Kim se lo aspettasse. Ne avrete parlato prima, no?”
“Veramente, no”

C’era stato un minuto di silenzio nella stanza interrotto dal suono del cellulare di Norwood. Il mannaro si era alzato, facendo cenno a Ben di seguirlo, e Neal era rimasto li con la sorella e la madre. Entrambe sfoggiavano un’espressione perplessa

“Vuoi dire che è capitato per caso?”
“Si…che sono quelle facce?”



“Neal…ti è mai venuto in mente che forse Kim non vuole figli, al momento?”
“Che razza di stronzata è mai questa? Certo che ne vuole”
“No, non parlo per il futuro. Dico…adesso”
“Spiegati meglio”
“Beh, figliolo. Siete usciti da un periodo molto movimentato. Il trasferimento, l’incidente, la storia di tuo padre”
“…e avete due bambini ancora piccoli”
“Forse lei vorrebbe godersi un po’ il tempo con te e i bambini, senza gli affanni di una nuova gravidanza”
“Le poppate, le nausee. Non puoi fumare, non puoi bere. Sono tutto altro stress”

Neal era rimasto zitto, confuso. Aveva liquidato la cosa dicendo che non erano cose a cui voleva badare, e alzandosi per avvicinarsi alla finestra. Kim era all’esterno con i bambini. Selene frignava perché le avevano rimesso la scarpa, dandole svariati pugni sul petto. Davon, che era stato messo a terra, teneva le braccia tese per essere ripreso in braccio e urlava a sua volta. Lei stava nel mezzo, l’espressione seria e seccata di chi sta per distribuire pacche sul culo a iosa. Improvvisamente, la felicità del mattino si era stemperata in una nuova preoccupazione

“E se lei non volesse?”

-          - -
Avevano cenato, e lasciato i bambini con i nonni e gli zii, perché Neal ci teneva a “mostrarle una cosa”. Si erano allontanati a piedi, procedendo per circa un quarto d’ora nel territorio del branco. Il terreno procedeva in salita, ed entrambi camminavano senza particolare fretta, mano nella mano. Alla fine, una distesa desolata li aveva accolti e Neal si era fermato, rischiarandosi la voce

Eccoci qua. Ti piace?”

 Kim si era guardata intorno, incerta. Da quel punto si teneva d’occhio tutta la zona. Era visibile la casa dei suoceri, e nello sfondo il villaggio indiano. Piccoli fuochi nella notte rischiaravano quel pezzo di Arizona, e una luna calante avvolgeva timidamente i cactus di una patina argentata. Ma, a parte quello, li non c’era assolutamente nulla.

“Beh…è un bel posto” aveva ammesso, confusa , continuando a rimanere piuttosto perplessa
“No…non parlo del posto. Parlo di questa”

Aveva piegato la testa verso il basso, fissando un punto lungo il terreno.  A Kim c’era voluto un po’, nella penombra notturna, per capire di cosa si trattasse

“E’ una pietra?”
“Si. E’ la pietra su cui pensavo di costruire la nostra casa”

Aveva rialzato il viso, stupita, schiudendo appena le labbra

“Sempre che a te piaccia la zona. Altrimenti, troviamo un altro posto”
“Ma…pensavo che avremmo vissuto con i tuoi!!!”
“Casa dei miei va bene per un paio di settimane. Tu hai i tuoi ritmi, io i miei. E mi mancano i muffin carbonizzati che mi cucinavi. Non possiamo mangiare mica sempre bene come da mia madre, ti pare?”

Lei era scoppiata a ridere, finendo con l’abbracciarlo. L’aveva stretto a sé intensamente, ricoprendogli il petto di baci. Neal aveva continuato a carezzarle i capelli, proseguendo il discorso in maniera un po’ più vaga

“…e comunque a breve la casa sarà troppo piccola per tutti”
“In che senso?” aveva chiesto, senza smettere di baciarlo. A quel punto lui aveva sospirato, afferrandola dalle braccia per guardarla bene in viso. Illuminato dalla luna, tinto dalla bellezza della notte, i suoi lineamenti sembravano surreali. Non era una creatura di quel mondo, almeno quanto Neal non era del tutto umano. Aveva deglutito, fissando gli occhi in quelli della moglie

“Hai di nuovo il mio odore nel tuo, Kim”

Dopo un breve momento di silenzio lei era scoppiata a ridere, cominciando a saltellargli tra le braccia

“Un bambino! Neal! Un altro bambino”
“Non…sei depressa, vero?”

Si era fermata di colpo, trafelata, fissandolo come se improvvisamente si fosse maculato di rosa

“Come ti salta in mente?!”
“E’ che non ne abbiamo parlato prima. E Dakota e mia madre dicono che forse, dopo l’ultimo periodo, volevi un po’ di calma. E i nostri figli sanno essere dei veri diti al culo delle volte. Inoltre sappiamo quanto ti piaccia bere e fumare”

Gli si era spinta contro, prendendogli il viso a coppa tra le mani, l’espressione intenerita di chi ha di fronte un uomo impacciato, più che un feroce capo

“Neal..”
“...cioè, io adoro Selene e Davon, ma i pannolini…Cristo, so quanto possano dare fastidio”
“…Neal…”
“Ed immagino che tu volessi riprendere a lavorare. Qualunque cosa fosse prima, per te, lavorare..”
“…Neal…”
“..Che c’è?”
“Ho fatto due gemelli con te. Pensi che mi sia dimenticata, come nascono i bambini?”
“No, ma che c’entra?”
“Rifletti. Se non avessi voluto figli non pensi che avrei preso una qualche precauzione?”
“Beh, si…”
“Non credi che invece di tenerti aggrappato a me, con le gambe, mentre venivi ti avrei scalciato lontano contro il muro?”
“…Sappiamo entrambi che hai le gambe troppo sottili per questo genere di ripicche”
“Neal…”
“…certo però devo ammettere che sono anche molto elastiche. Dio, bambolina, quando fai la spaccata mentre ti impal…”
“Neal, non divagare. Il punto è che sapevo di poter rimanere incinta. E se non ho fatto niente per evitarlo è perché lo volevo. Al momento c’è una sola cosa, che mi preoccupa”
“E sarebbe?”
“Il fatto che tu voglia ancora chiamarlo come l’inventore delle ciambelle, se viene fuori un maschio”

- - - 

Febbraio 2016 - Phoenix 

Eccoci qui, otto mesi dopo. Io e il mio splendido pancione. La seconda gravidanza è, per certi versi, molto diversa dalla prima. So cosa aspettarmi, cosa attendermi mese per mese, quali dolori e quale gioie mi riserva una certa analisi o un determinato periodo del mese. Il primo trimestre è stato fantastico, e rispetto al viaggio dei gemelli non ho sofferto di nausee né vomito incessante. In compenso, la voglia di stare addosso a Neal ha sfiorato livelli imbarazzanti. C’è da dire che lui ha preso molto a cuore il ruolo del padre pronto a soddisfare le voglie della moglie. Mattone per mattone ha costruito la nostra nuova casa. Ed è calda, accogliente, spaziosa. Affrontare una cosa simile col pancione non è stato semplice, ma ho ricevuto tutto l’aiuto possibile dalla famiglia. Le donne del branco si prendono cura dei miei figli, e so che anche a me toccherà fare lo stesso con i loro quando sarà il momento. Norwood viene a trovarmi ogni mattina, di nascosto dagli altri, portandomi una tazza colma di zabaione. Dice che fa bene al bambino, ed io la trovo un’adorabile premura. Ci sono dei momenti in cui Neal è talmente orgoglioso e felice che mi pare di vederlo camminare sulle nuvole. Abbiamo scelto di attendere, per sapere il sesso del bambino, perché vogliamo che ci faccia una sorpresa. Inoltre, senza Moonie, l’idea dell’ospedale non mi piace affatto. Partorirò in casa, esattamente come la prima volta, e ci saranno Dakota, Cassie, e la levatrice dei Navajo ad assistermi. Per scaramanzia, ho chiesto a mio marito di tenere a portata di mano un cd degli AC/DC e un rametto di rosmarino da accendere. Dopotutto col primo parto ha funzionato, no? Il bambino, o la bambina, è tremendo. Scalcia quanto Selene e Davon insieme, e non conosce giorno né notte. Quanto a me, ho l’aspetto di una piccola mongolfiera, ma Neal non fa che ripetermi quanto sia bella. Probabilmente gli sta venendo la cataratta. I cuccioli vogliono in continuazione che io mostri loro la pancia. Se ne stanno con l’orecchio sul ventre teso, lo riempiono di baci e raccontano storie al bebè. Promettono di condividere giochi e passatempi con lui, e Selene è certissima che toccherà a lei accudirlo. Hanno chiesto più volte come sia successo, ed io e Neal abbiamo deciso di non prenderli per il culo con capre, broccoli e cicogne. Gli abbiamo detto che mamma e papà, in Italia, hanno deciso che era il momento di allargare un po’ la famiglia. Che si sono abbracciati, e dati tante carezze, prima di fare una magia. Una magia che loro impareranno a fare più in la. Davon a 14 anni, Selene a 41 secondo Neal. Ormai è quasi tutto pronto, manca solo lui. O lei. Il parto stavolta non mi fa più paura, ho solo una voglia matta di vederlo. Di toccarlo, di guardarlo negli occhi, di sentire che è mio e mi appartiene. Ecco, in questo la seconda gravidanza è del tutto diversa dalla prima. Pensavo che non mi sarei emozionata cosi tanto. Invece, tolte di mezzo le paure, adesso c’è solo l’ansia dell’attesa, come quando aspetti i regali a Natale.
Il mio regalo pare essere molto grosso. Ma, d’altronde, a noi Saunders piace fare le cose in grande.

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Un Neal emozionatissimo era uscito fuori dall'Hoogan, poco dopo lo strillo che annunciava platealmente l'ingresso in scena del neonato. Il tempo di urlare, a squarciagola, che era un maschio e che era sanissimo, prima di ritornare da Kim, e dal bambino. Fuori, gli ululati si erano mescolati ai festeggiamenti della tribù Navajo, in un clima di festa che avrebbe coinciso - come per ogni nascita delle due etnie - in ubriacature e festeggiamenti di vario genere. Cassandra aveva raggiunto Norwood già al secondo giro di Rhum, dopo aver ripulito la stanza e dato un ultimo abbraccio al figlio, una carezza a Kim ed un bacio in fronte al nipote, seguita a ruota da Dakota. Ma, ovviamente, la Strega non pareva accorgersi del baccano all'esterno. Tutto il suo mondo sembrava racchiuso in quella copertina sottile che stringeva il corpicino spaventato e scalpitante di Joel. Si era già attaccato al seno, e per quanto esausta la donna appariva felice e fiera, almeno quanto il piccolo sembrava avido del suo latte. Neal si era rimesso nel letto, accanto a loro, abbracciandoli entrambi e sussurrando piano al suo orecchio

"Questo sembra più rattrappito degli altri due, non trovi?"
"Si...e dire che ha avuto anche più spazio"
"Forse si aggiusterà col passare dei giorni"
"Aggiustare? Smettila, Neal, è un bambino bellissimo"
"Come lo chiamiamo, questo bambino bellissimo?"

Lei ci aveva pensato un pò su, continuando a cullarlo tra le braccia, semi appoggiata al petto del marito.

"Joel. Joel mi piace"
"E' il nome di uno dei tuoi ex?"
"No"
"Di qualcuno che ti sei fatta?"
"No"
"Di qualcuno che ti voleva fare?"
"No"
"E allora va benissimo. Ha un bel suono. Joel Saunders. Dammi il cinque, figliolo"

E nel dirlo aveva premuto il pollice, gigantesco, contro il palmo, minuscolo, del piccolo che continuava a ciucciare beatamente. Kim aveva girato il viso, a guardare Neal con uno sguardo dal quale la felicità sembrava trapelare come fa il sole tra le assi delle tapparelle, in estate.

"Va a prendere i bambini"
"Perchè? Possono vederlo domani, ora sei stanca e di sicuro..."
"...voglio che dormino con noi. Con noi due e con Joel. Tutti insieme"

Si era azzittito, principalmente per il fatto che lei si era ricordata di un suo desiderio, ed anche perchè certi gesti da parte di Kim avevano sempre lo strano potere condensarsi in gola in groppo che faticava a inghiottire. Nel silenzio ricreatosi scandito dai versetti del bambino, occhi negli occhi con lei, il baccano all'esterno ovattato dalle mura della stanza, per un attimo gli era parso che il tempo si fermasse e che quel momento durasse per sempre. Si era chinato a darle un bacio, ed era un pò il suo modo di dirle grazie per tutti quei doni, per quell'amore, per essere ritornata ed essere viva e dispensatrice di vita. Era il suo modo per dichiararsi, per marcare il territorio su di lei, per ricordarle che era sua. Era il suo modo per dirle quanto fosse orgoglioso della sua forza, del suo carattere, e innamorato dei suoi occhi, della sua bocca, del suo odore. Era tutto ciò che lui riusciva a fare, in quel momento. Ed era tutto ciò di cui lei aveva bisogno, per sentirsi completa.

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