sabato 6 dicembre 2014

Va avanti, non fermarti

Gli era bastata un'occhiata, per capire che qualcosa non andava. C'era quel certo non so che, nel suo viso, che preoccupava e rattristava insieme. Tanto che, istintivamente, Kim aveva allungato la mano verso lo schienale della poltrona, quasi temesse di sentire notizie talmente brutte da necessitare di un sostegno, in previsione di un futuro mancamento.

"Mio padre è morto"

Eccolo li, il colpo al cuore, e l'improvvisa quanto dolorosa sensazione che ti abbiano bucato le vene e il tuo sangue stia defluendo via, per sempre, dal tuo corpo lasciandoti le arterie aride come il letto di un fiume prosciugato dalla siccità. Se ne stava li a fissare il marito, sconvolta, al punto che persino l'aura si era fermata, cristallizzata in infine spine di ghiaccio addosso al corpo della strega

"Ma...come..."
"L'hanno ucciso stamattina"

La quiete era durata poco. Lungo quelle stesse vene aride di poco prima si era sollevata impetuosa la corrente della rabbia. Spazzava via ogni buonsenso e logica, impazzita come un torrente in piena. Aveva piegato le dita della mano, finendo con l'artigliare il divano e stringerlo saldamente

"Chi è stato?"
"Non lo so, ma dobbiamo partire. Subito"
"Ma..."
"Ma, ma, ma...non sai dire altro?! Smettila di chiedere le cose, non ho tempo per rispondere alle tue fottute domande, ti ho detto che dobbiamo partire  quindi non rompere il cazzo e muoviti"

Si era arrabbiato cosi tanto che aveva preso una sedia e l'aveva lanciata contro al muro. Non gli era costato nulla,  l'aveva fatto con la stessa noncuranza con la quale una vecchina getteva a terra i fazzolettini usati. E aveva alzato la voce, finendo con l'urlarle contro, e stemperando la frase in un ringhio incattivito. Ma bastava guardarlo negli occhi, per comprendere che non era lei nè le sue domande il vero problema. Per quanto ci fosse rimasta male, Kim aveva fatto un passo indietro, e girato il viso verso la culla. Li vicino Davon, svegliato dalle urla del padre e dal rumore della sedia, aveva cominciato a piangere. Neal si stava passando le mani sul viso, spalmandosi addosso esasperatezza e dolore. A parte il pianto del bambino, il silenzio tra loro due regnava sovrano. Alla fine era stato lui a concludere il discorso

"Partiamo stasera, sistemo delle cose col lavoro e torno a prendervi"

Non le si era avvicinato, nè aveva detto altro, girandogli le spalle e uscendo fuori. Kim era rimasta ferma al divano, ma l'aura si era proiettata in avanti. Mentre lui scivolava oltre la porta Offa si era sciolta in un tripudio d'acque commosse, finendo per avvilupparne il corpo. Lo abbracciava, disperatamente, riflettendo la disperazione di Kim. Che avrebbe volentieri assorbito un pò del suo dolore, e del suo tormento. Se solo fosse esistito un incantesimo simile, lei l'avrebbe praticato. Ma non c'era, oppure era lei a non conoscerlo. Fatto sta che Neal se n'era andato sbattendo la porta, e a lei non era rimasto che indossare il costume da brava moglie gipsy e fare ciò che ci si aspettava in questi casi da una come lei: ubbidire al marito.

- - -

Modestamente parlando, posso dire che ieri è stato uno dei pomeriggi più merdosi della mia intera vita. Se  la batte col pomeriggio del giorno in cui è morta mia nonna e quello in cui Neal mi ha raccontato del tradimento. Si, direi che fa parte della pole position. Siamo stati catapultati dalla tranquillità al casino nel giro di poche ore. Com'è che la sera prima guardavamo Wall-e con i bambini, e la sera dopo eravamo in viaggio per l'Arizona? Non si sa. O meglio, si sa. Quando Neal soffre è impossibile stargli vicino e parlarci, è bene attendere che sia lui a cercarti e a dimostrare di essere pronto. Tende a chiudersi a riccio e a sbroccare molto più facilmente del solito. Dunque, una volta fatta volare via la sedia e aver traumatizzato Davon a vita, una volta allontanatosi per sistemare il necessario alla partenza, ho attaccato mio figlio al capezzolo e preso al telefono. E' stata Dakota a spiegarmi meglio quanto accaduto. Brevemente, mi ha raccontato di un clan rivale, di continui assalti negli ultimi mesi, dell'idea di Norwood di tenere il figlio all'oscuro di tutto per non farlo preoccupare più di quanto non lo fosse già per il proprio branco. Infine l'omicidio, nella mattinata, il cadavere trovato impiccato di fronte alla porta di casa, Cassandra svenuta per il dolore. Servivamo li, la famiglia serve a questo. Quando ho riattaccato mi sentivo più vecchia di trent'anni, e  Davon mi guardava come se potesse riprendere a piangere da un momento all'altro. Delle volte è cosi empatico che mi spaventa. Percepisce i sentimenti altrui con una spontaneità e un'esattezza impressionanti. Morale: ho dovuto metterlo in marsupio, e occuparmi delle cose della casa con lui addosso. Selene non mi ha dato problemi, ma lui è voluto rimanere vicino a me, alla sua mamma. Che poi è un pò quello che vorrebbe fare anche  Neal al momento. 

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Lui era ritornato in serata, con addosso una marea di orribili sensazioni. Cercava di non pensare al padre morto, di contenere la rabbia, di riflettere con lucidità. Ma faceva fatica a contenere quel nodo che si ingrossava sempre di più in gola,  di ora in ora. Gli affari erano sistemati, ed aveva persino trovato il tempo di vedersi con Jackson. Paccate sulle spalle, da veri uomini, una birra e dimostrazioni di solidarietà gli avevano sottolineato ulteriormente quanto fosse prezioso quel lupo come amico, compagno, fratello. Le luci accese delle casa erano riuscite, in parte, a lenire il suo dolore. In un modo o nell'altro era sempre bello tornare dalla moglie e dai bambini, sebbene la sua uscita pomeridana non fosse poi stata cosi gentile. Aveva sentito ridacchiare da dentro il camper, che era chiuso a chiave. I bambini erano li dentro, e le luci del mezzo erano accese. Kim, invece, l'aveva trovata in salotto. Il tavolo era totalmente sgombero, fatta eccezione per alcune sacche. La casa sapeva di pulito, e lei indossava un paio di jeans, una felpa nera, scarpe da ginnastica e l'espressione efficiente che mostrava in simili situazioni. Era intenta a stringere i nodi di alcune buste, che faceva poi sparire dentro un grosso cestino, quando lui era entrato. Gli aveva sorriso, come se fosse tutto apposto, come gli sorrideva ogni sera quando rientrava da casa

"Allora. Qui è tutto ok, sono pronta. Ho preso le ferie da lavoro, a tempo indeterminato. Ho chiesto ad Aria di passare a controllare la casa, di tanto in tanto. Preparato i bagagli per me, te e i bambini, e caricato tutto sul camper. Ai bambini ho messo anche un amuleto della calma in tasca, a ciascuno, cosi non faranno capricci durante il viaggio. Ho pensato che è meglio muoversi con quello, piuttosto che con la Jeep, perchè è più comodo per loro. Ma se preferisci muoverti in Jeep allora possiamo..."

Si era avvicinato, e l'aveva abbracciata. Senza dire niente l'aveva stretta a sè, e qualcosa tra loro due si era sciolto. Il riepilogo della situazione era stato accantonato, confuso nell'abbraccio e nei baci che si erano scambiati. La commozione si era fatta palpabile quando entrambi, spontaneamente, avevano iniziato a piangere. Sarebbero stati giorni difficili, e lo sapevano. Sapevano che sarebbero rimasti in Arizona per molto, molto tempo, e che li aspettavano numerose difficoltà. Che sarebbe stato chiesto loro di mantenersi forti e saldi, perchè avevano bisogno del loro aiuto e non di altri due da consolare, aiutare a loro volta. Ma, per il momento, erano ancora Neal e Kim. Nella loro casa, lontana dalle cattiverie del mondo. Erano semplicemente lì, l'uno per l'altra, e potevano mostrarsi senza temere di essere giudicati, additati, pesati, scartati. Erano scivolati a terra, ma il sesso questa volta non c'entrava. Per un tempo che a Kim parve infinito, rimasero li sul parquet rannicchiati, a cullarsi a vicenda, a sussurrarsi parole di cui non avrebbero ricordato il significato nè la consistenza ma che, in quel momento, erano balsamo per le loro ferite. Quando si erano rialzati, asciugandosi gli occhi, dandosi un ultimo bacio con tanto di schiocco a stampo come due adolescenti. si sentivano di nuovo padroni. Delle loro emozioni, di loro stessi, della propria vita. Uscirono di casa insieme, senza guardarsi indietro, senza crogiolarsi in rimorsi o rimpianti. Neal si era messo al volante, e lei aveva poggiato la mano sulla sua, ferma sulla leva del cambio. Si erano guardati, e avevano trovato la forza di sorridersi. Erano pronti per un altro viaggio, per una nuova guerra, per un nuovo inizio. Qualunque cosa li aspettasse loro erano insieme e si sentivano forti. Il resto era solo polvere, che nell'avanzare del camper andava ad attaccarsi al parabrezza, sporcandolo di ricordi e di addii.



- - -




Cha'tima, che nel linguaggio comune si traduce con "Colui che chiama" era il Negromante più potente che Kim avesse mai conosciuto. Persino Maya, a confronto, non era che una novellina. La sua aura si scindeva in una moltitudine inquietanti di corvi neri. Volteggiavano, intorno a lui, e occupavano il cielo fin quasi ad oscurarlo. Ne era rimasta cosi impressionata ed era talmente visibile il proprio sgomento che, istintivamente, Neal si era spostato in modo tale da coprirla in parte col proprio corpo e mettersi a scudo tra lei e l'uomo. Erano arrivati da appena un'ora, ed una donna del branco si stava prendendo cura dei gemelli dando modo loro di occuparsi del cadavere di Norwood custodito in una sala della tenuta. In quel momento, la stanza era affollata. Cassandra era stravolta dal dolore, e Dakota la sorreggeva al fianco destro, mentre Ben si manteneva al sinistro. Alla vista del padre privo di vita il marito era impallidito, ma non si era lasciato andare in lacrime o disperazioni varie. Sfoggiava un dolore composto, preferendo concentrarsi sui vivi piuttosto che sui morti, e dedicandosi alla madre e ai fratelli. Per lo meno finchè Nastas non era giunto, accompagnato da una piccola delegazione. Tra questi c'era il Negromante. Dakota traduceva per Kim la discussione che stavano tenendo in lingua Navajo

"Ashkii, il mio cuore piange col tuo. Ma non è ancora tempo che tuo padre si unisca al Grande Spirito. Siamo qui per aiutarti"
"Secondo la legge del branco quando un capobranco muore il cadavere va reso al fuoco, e alla polvere del deserto"
"Si, quando muore in uno scontro, e quando ciò avviene con onore. O quando il suo tempo nella terra è finito. Ma tuo padre è stato tradito, Ashkii, e se non vuoi che il suo Spirito vaghi in cerca di vendetta dobbiamo riportarlo tra noi"

A questo punto era stato Cha'tima a parlare. Fino ad ora non aveva dato neppure un'occhiata a Kim, rimanendo concentrato su Nastas e Neal

"C'è un rituale, molto delicato e piuttosto difficile da portare avanti, che consente ai Non Vivi di ritornare tali. Ma dobbiamo agire in fretta, prima che il corpo si decomponga. E ci vorrà del tempo, anche dopo"
"Dopo cosa?"
"Quando Norwood tornerà in vita, se mai tornerà in vita, non ricorderà niente per molto tempo e sarà troppo debole per poter fare il capo. Esattamente come un neonato, dovrete prendervi cura di lui. Inoltre..."
"Inoltre?"
"Abbiamo bisogno di un pegno. Un sacrificio. Qualcuno da uccidere e consacrare alla Morte per riscattare l'anima di tuo padre. Sappiamo che avete catturato degli uomini, legati al suo omicidio. Uno di loro, uno qualsiasi, sarà più che sufficiente"

Nella voce di Cha'tima c'era un tono talmente inquietante che, di nuovo, l'aura di Kim si era increspata manifestando un disagio crescente. C'era stato un rapido consultarsi di sguardi, tra  i membri della famiglia Saunders. Alla fine era stato di nuovo Neal a decidere.

"Va bene. Avrete tutto ciò che vi occorre. Andiamo"
"Tu non potrai con noi"
"Io vado dovunque vada il suo corpo"

Un ringhio sommesso aveva accompagnato le parole di Neal, e Nastas era intervenuto.

"La cerimonia va fatta nel Cerchio di Pietre ai piedi della Devil's Tower. Sai bene che non è consentito l'accesso ai comuni mortali"
"Io non sono un comune mortale"
"Sei un lupo, Neal. Lo siete tutti. Nessuno di voi può venire"
"No, non nessuno. Lei può"

Cha'tima stava puntando gli occhi su Kim, e d'improvviso si erano girati tutti a guardarla. Un brivido leggero era corso lungo la schiena della donna, ma era stato nuovamente il mannaro a rispondere

"Lei non va da nessuna parte"
"Sarebbe una buona idea, Ashkii, tua moglie è forte, e farebbe comodo un viso caro a tuo padre che lo guidi tra le ombre"
"Non hai sentito vecchio!? Lei non farà nessuna fottutissima cerimonia.."
"Neal..."

Era la voce della strega, assieme alla sua mano posata sul braccio del marito, ad attirarne l'attenzione

"Lascia che io vada"
"No. Ha detto che è rischioso"
"No. E' rischioso per il morto, non per chi è vivo. Non correrò alcun pericolo"
"Kim..."
"C'è Nastas con me. E Lapu. Non mi succederà niente"

Venti minuti dopo il corteo funebre si era allontanato in una processione silenziosa che aveva come meta ultima il deserto. Kim era con loro

 - - -

Abbiamo mentito, abbiamo mentito tutti. Non ho mai fatto un rito del genere, ma ho letto spesso di queste pratiche nei grimori negromantici dei Nash. E ricordo benissimo che in tutti accennavano alla possibilità che gli officianti perdessero la vita. O qualche arto. O qualche funzione fondamentale. Ho avuto conferma della faccenda quando Nastas mi ha bisbigliato in spagnolo se ero incinta. No, non lo sono. Ma con Neal si pensava di ampliare la famiglia, un giorno, dunque gradirei che il mio utero non diventasse la culla di Lucifero, grazie. Oddio. Pensavamo anche di andare a fare un giro al lago, domenica...ed eccoci qui. Eccomi qui. Sono scalza, ho il corpo dipinto da segni indiani, fa un freddo boia e la pelle di daino che mi avvolge non è calda abbastanza. Il tizio che il branco ha rapito se ne sta appeso su un palo, di fronte all'altare sul quale giace il corpo di Norwood. Cha'tima sta tracciando un pentacolo sul sale che ricopre il suolo, con quello che a conti fatti mi sembra del sangue. Ci troviamo in una grande distesa completamente bianca, ai piedi della roccia che viene identificata come Devil's Tower e che ci fa da sfondo, un chiarore dovuto al sale che increspa la superficie. E' notte, ma la luce di numerose torce ci consente di vedere tutto perfettamente. Cha'tima sta bisbigliando antiche parole, ed io al momento sono l'addetta alle erbe. Sto mantenendo vivi tre fuochi, dove arde legna di melo, e su richiesta del Negromante getto su ognuno di essi la mistura di erbe preparate ogni qual volta ripete una parola precisa. Salvia, Assenzio, Tasso. Ogni manciata fa sollevare un fumo denso, e sprazzi di luci rossastre. Siamo in tredici, con me inclusa, e ognuno ha qualcosa di diverso da fare. Finchè non è l'anziano a chiamarci a raccolta, e a farci disporre in cerchio. Nastas mi sta vicino, e mi chiede se ho paura. Un sentimento che vedo riflesso negli occhi di parecchi dei presenti. Non tutti sono negromanti, non tutti sono allievi di Cha'tima. Se mi concentro sento ancora il tepore della labbra di Neal premute sulla mia tempia, quando ci siamo salutati. Gli rispondo che con due gemelli e un marito mannaro non ho il tempo di avere paura. Lui ride, un sorriso sdentato che sa di tabacco, di anziano, di magia. Il Negromante inizia a parlare.

Ata'halne, principe della morte.
Tu che eternamente dimori nelle immensità dello spazio,
mio signore, mio demone
i cui tratti somigliano a quelli di un cane,
Custodisce i canali del Lago di Fuoco;
divori i cadaveri dei trapassati;
squarti i loro cuori e spezzi le loro anime
pur rimanendo invisibile.
O tu, che potentemente regni sulle Due Terre,
Signore dei Rossi Demoni!
Io so che tu domini sui luoghi delle esecuzioni
e che gli intestini dei morti sono il tuo cibo preferito.
Scostati da me! Spalanca per me le porte dell'Inferno, ho uno scambio da offrirti


Se tutto questo non fosse abbastanza inquietante, il terreno ha davvero cominciato a creparsi. E davvero l'inferno si è svelato, sotto i nostri piedi. Il tizio al palo urla, mentre dalle profondità del sottosuolo, attingendo al fumo dei fuochi, si plasma sotto ai nostri occhi la figura antropomorfa di un demone. Le nostre aure si fanno più intense, si stringono intorno a quella del Negromante. E il demone parla, con un tono che di umano non ha niente. Pensandoci, non riesco a descriverlo. Ricordo solo un suono talmente orribile, talmente angosciante, da far salire in gola il più remoto dei singhiozzi, e rinforzare anche la più piccina delle paure. Suppongo gli stia chiedendo dello scambio, dal momento che  Cha'tima indica Norwood, e infine si avvicina al palo. Tira fuori dalla tasca un athame, e senza troppi preamboli va a conficcarlo nel petto del sacrifico. Uno zampillo di sangue scroscia in avanti, colpisce il corpo del mannaro, e sembra fomentare il demone. D'improvviso, le fiamme si fanno più intense, e salgono in alto come colonne di fuoco a sostegno del cielo. L'energia che avverto è spaventosa, cosi come spaventoso è ciò che vedo. Il demone si avvicina al corpo, spalanca la bocca e strappa via l'anima a morsi, divorandola. Dice altre cose orribili, e infine sprofonda di nuovo nel terreno. Norwood rimane immobile e inerte, ed io non capisco. E' Cha'tima a farmi segno di avvicinarmi. Il buco nel terreno non si è rimarginato, l'energia è intatta nell'aria, le colonne di fuoco continuano a imperversare. Il Negromante mi fa segno di poggiare la mano sul petto del mannaro, e si preoccupa di tingermi il viso col sangue del sacrificio

"Va a riprenderlo, se ci riesci"


L'attimo dopo,  ho la sensazione di essere risucchiata via dall'interno. Una fitta dolorosa e il buio chiudono lo spazio dei miei ricordi.





 - - - 

Kim si risveglia a casa Saunders. E' fuori, Norwood è seduto nel portico al suo solito posto, e lei è li accanto a lui. E' una splendida giornata estiva, il sole sta tramontando e neppure una nuvola inquina il cielo. L'uomo, che sta sorseggiando una birra,  la guarda stupito.

"Cosa ci fai tu, qui?"

"...Dove siamo?"
"Siamo nel Paradiso"
"Sarebbe questo, il Paradiso?"
"Ognuno se lo costruisce come vuole. Io l'ho costruito cosi"

La Strega sente un dolorino, allo stomaco, e quando abbassa gli occhi c'è il pancione ad attenderla.

"Il tuo paradiso prevede che io sia incinta, Norwood?"
"Ovvio. Mi piace essere nonno. Specie delle femmine. Selene è davvero carina"

Da un altro sorso alla birra, mentre Kim gli si avvicina, poggiandogli una mano sulla spalla.

"Ricordi cos'è successo?"
"Si. Tutto quanto. E sapevo che sareste venuti a prendermi, ne avevo parlato con Nastas. Non mi aspettavo che venissi tu, però"
"Non me l'aspettavo neanch'io"
"Neal mi ucciderà di nuovo, pensando che tu sei venuta nell'Oltretomba per me"
"Neal ci ucciderà entrambi. Dunque, fossi in te, per la seconda volta amplierei un pò di più le scorte di birra"

Il mannaro ride, alzandosi in piedi e lasciando perdere la bottiglia. La supera di parecchio in altezza, proprio come Neal.

"Sei una nuora in gamba, piccola"
"E tu un suocero troppo giovane e cazzuto per morire cosi presto. Torniamo a casa"

Le poggia le mani sulle braccia, e stringe con delicatezza la presa, annuendo. Kim chiude gli occhi, e recita il resto del rituale. 

Tu che sei l'Oggi, lo  Ieri, il Domani.
Possa il nostro cuore fisico ritrovarsi al suo posto!
Possa il nostro cuore cosciente ritrovarsi al suo posto!
Che le nostre gambe ci siano restituite,
affinchè noi possiamo camminare tra i vivi.
Che ci siano ridate le braccia, affinchè possiamo abbattere i nostri nemici!
 Facci attraversare le porte che hai schiuso per noi.
Riportaci a casa.






- - -



"Se continui a stringermi cosi mi uccidi"
"Non ti permettere di parlare di morte dopo ieri, Kimberly. Se ti muovi da questo fottuto letto ti uccido sul serio. Finisco quello che ho cominciato in Messico, quant'è vero che mi chiamo Neal. Sta buona, e fatti imboccare"
"Ma posso mangiare da sol...vabbè, non c'è bisogno che mi guardi cosi. Imboccami"

Norwood è di la, sta subendo lo stesso trattamento da parte di Cassandra. E' debolissimo, e non  si ricorda di nessuno. Poco importa, tutti ricordano chi sia lui. E la moglie è ben determinata a fargli tornare la memoria. Neal, invece, pare intenzionato a non lasciare andare Kim più lontano del bordo del loro letto matrimoniale. C'è un pò più di serenità, adesso, in casa loro. La situazione è ancora critica, e delicata. Ma il capo branco è vivo. E loro sono insieme.

"Neal.."
"Che vuoi.."
"...Ti amo"
"...io no. Mi da solo al cazzo che la mia roba muoia, senza il mio permesso"
"..."
"...altro chili?"
"Si, grazie"
"Sei molto stanca?"
"No, ora sto meglio, perchè?"
"Mh...perchè magari dopo ti imbocco altro"
"Mh...perchè aspettare?"

Gli è salita addosso, ridendo, non badando al suo blando protestare di quanto non possa fare troppi sforzi. Qualcosa che gli è balzato via di mente quando lei si è sfilata le mutande, poco prima di scansare i boxer di lui. Ben intenzionata a fargli vedere che è ancora viva. Decisamente viva.




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