I miei figli stanno crescendo. Mi sono ritrovata a pensarlo, per la prima volta, quando Selene ha tirato su la schiena, decretando che era il momento di stare seduta autonomamente. Poco importa che, poco dopo, sia capicollata all'indietro. E' stato il suo primo atto di indipendenza, dalle mie braccia, e la scarica di orgoglio che ho avvertito ha fatto seguito ad una nuova consapevolezza. Stavano diventando grandi. Presto non sarebbero stati più bebè, ma bambini. I miei bambini. E di Neal, ovviamente, che continua a spupazzarseli con nonscialans aberrante, muovendoli come fossero due wurstel piuttosto che due creature vive. Le vesti di padre gli si addicono particolarmente. Non è il classico papà, quello in giacca e cravatta che va a prendere i figli a scuola nell'auto di lusso.
Ma è quello che se li carica sul petto, entrambi, tra quelle sue enormi braccia colorate come un album di acquarelli e che racconta loro favole strampalate, metà indiane e metà vissute da lui o da suo padre in persona. Alcune storie le conosco già, ed è buffo come ritocchi un pò le cose per sembrare ancora più forte e cattivo di quanto realmente non sia. Sicuramente i cuccioli cresceranno con una spiccata predilizione per i racconti horror e splatter. Quanto meno non avranno paura di qualche film visto in notturna, il che dal mio punto di vista è un bene.
E' il padre che si vanta, con i suoi amici, di quanto siano cazzuti. E dipinge loro finti tatuaggi sulle braccia, se li porta a spasso mostrandoli con orgoglio e parlando di prodezze a modo suo. Tipo che Devon ama i capezzoli. Pare essere qualcosa che lo rende infinitamente fiero di lui.
Il padre che si accerta, quando torna tardi la notte, che siano al caldo e dormano tranquilli prima di accoccolarsi vicino a loro, ed a me, nel lettone.
Quello che ringhia se, nel sonno, li sente tirare via come se li volessero rapire. Trovo estremamente rassicurante, questa sua ferocia, perchè parte anche della mia cultura. Per quale motivo dovresti vivere se ti viene in mente di toccare qualcosa di mio?
E' un padre tremendamente innamorato della dolcezza della figlia femmina, e scioccamente contento di quanto gli somigli il maschio, nell'aspetto quanto nei comportamenti. E' un buon padre, insomma.
Com'è, invece, mio padre? Me lo chiedo sempre più spesso, mentre guardo Neal prendersi cura dei bambini. Sarebbe stato buono con me, se mi avesse avuto vicino? Chissà. Forse ha la barba come quella del mio uomo, ed anche a me sarebbe piaciuto tirargliela. Oppure no. Magari le sue guance sono lisce e sbarbate di fresco, profumate di tabacco e erbe di campo. Le sue camice odorano come certe giornate estive: di cielo, di vento e di pulito. Forse è uno stregone, ed io ho ereditato anche un pizzico dei suoi poteri. Oppure un semplice umano, e sarebbe stato sconvolto dalle cose che sua figlia è in grado di fare. Forse. Non ho certezze, in merito. Vorrei tanto che, tutti questi tempi al condizionale, divenissero presente indicativo. Vorrei tanto sapere qualcosa in più di lui, che vada oltre le mie supposizioni, oltre i miei sogni di bambina. Tutto questo potere che mi pulsa dentro, legato al mio sangue, potrebbe essermi utile in tal senso? Secondo Jeanne vale la pena provare. Ma...non mi sentirò un pò una deficiente a chiamare qualcuno "papà" alla mia età? Dopotutto non sono più una bambina. Ok, Neal mi da della bambina cattiva di tanto in tanto ma...ecco, è un contesto totalmente diverso il nostro.
- - -
Boston - 1985
Ne era attratto, e non sapeva neppure bene perchè. Certo, era bella. Ma quante belle donne c'erano, nel mondo? No, assolutamente. Quello che gli piaceva, in Luminitza, non aveva solo a che fare con la bellezza. Leggeva la sorte all'angolo della strada, e si era fatto leggere la mano in cambio di qualche dollaro solo perchè lei aveva insistito, spiegandogli che non accettava l'elemosina. Lei aveva mani forti, ruvide di lavoro, ma anche terribilmente ospitali. Il gelo di Boston rendeva quelle lisce ed eleganti di Stellan perennemente confinate nelle tasche. Certo, non era paragonabile ai climi della Svezia, ma lui era sempre stato di salute piuttosto cagionevole. Incontrare la mano di Luminitza, però, si era tramutato in una sorta di toccasana. Giorno dopo giorno, quel contatto fugace si era rivelato - per il giovane medico - una sorta di rituale del buongiorno. Qualcosa con cui iniziare bene la propria, faticosa, giornata ed il pretesto ideale per continuare a sondare in quegli occhi scuri e neri, macchiati di tristezza, terribilmente in contrasto con quella bocca che conosceva tanto bene il sorriso. Insomma, ogni qualvolta lei gli prendeva la mano, tra le sue, a Stellan sembrava che il proprio arto fosse una nave che, dopo una lunga e burrascosa tempesta, trovava finalmente riparo in un porto sicuro.
"Cosa significa, Stellan?"
"Significa tranquillo. E Luminitza, invece?"
"Luminosa"
"Trovo che ti stia molto bene, come nome"
"Perchè indosso sempre molti gioielli?"
"Perchè...è come se brillassi. Da dentro. Di tanto in tanto ti accendi"
E la mano di lui, lentamente, era scivolata dal palmo al polso di lei, carezzando la pelle olivastra e avvertendo, sotto la pressione lieve dei polpastrelli, l'aumentare leggero del battito cardiaco. Pulsazione dopo pulsazione, quella fragilità nascosta sotto strati di abiti colorati e chiassosi, sembrava affascinarlo sempre di più. Come una maledizione o, ancora meglio, come un potente incantesimo. Luminitza emanava magia, pur essendo sprovvista di Aura, ogni suo gesto era pregno di una forza nascosta eppure allettante, potente. Persino l'aura di Stellan, se n'era accorta, sviluppando nei confronti della donna una propria personale predilizione e ritrovandosi spesso a far fioccare, sui suoi capelli scuri, una fitta pioggia di fiocchi di neve che lei, ovviamente, non poteva vedere.
"Ogni tanto mi ricordi l'inverno"
"Perchè mai?"
"Perchè io amo, l'inverno"
- - -
"Sporcaccione"
"Non sai quanto.. stavo giusto pensando ad un incontro ravvicinato con quel bel culo che hai avuto la premura di sbattermi sotto gli occhi"
"Non sporcaccione in quel senso. Nell'altro. Però, magari, se un bravo padre mette i cuccioli a dormire, una brava madre potrebbe sbattere di nuovo il culo, dove le pare»
"Sono sicuro che i bambini sapranno come dormire da soli. Una ciucciata di birra a loro, un’altra di altro genere a te e vi prometto che vi mando tutti a dormire contenti e sfiniti "
Lui caccia, anche mentre scopa con me. Lo fa come se sfogasse un bisogno istintivo, animale, come se non potesse fare a meno di prendermi e di farlo in un modo tale da sottomettermi per sempre. Oh si, giocare gli piace, ed è alquanto compiaciuto quando sono io a prendere l'iniziativa, a condurre i tempi standogli addosso. Ma queste non sono che parentesi, in un continuo dove è lui a comandare. E' il maschio, della coppia, e neanche dei più tranquilli. Al punto che non si accontenta di spogliarmi, e si limita a seguire l'istinto, strappando via i vestiti, timbrandomi la pelle con lo schiacciapugni, prima di schiacciarmi con altro. Esiste qualcosa di più deliziosamente penoso, del peso del suo corpo contro al mio? Dentro, al mio? Il cuore mi batte talmente forte, nello sterno, che quando afferra il seno nel suo palmo è un pò come se mi stringesse il cuore tra le mani. Non c'è che uno strato sottile di carne tenera e pelle odorosa a separare la sua stretta dal lavorare incessante dei ventricoli. E la sua pelle è cosi calda, cosi profumata, cosi saporita che è un pò come una rara malattia africana. Mi infetta il cervello, e mi ritrovo la bocca riarsa, mi ritrovo a delirare, ad avere caldo, ad avere freddo. Sono malata di lui, eppure lui è la mia cura. Una cura che scivola verso il basso, con la bocca, e lo fa con una lentezza tale da farmi soffrire
- - -
Un anno fa, circa, i miei poteri venivano a galla. In un bosco popolato da presenze mistiche di ogni sorta, tra driadi danzanti e satiri brilli, lo spirito dell'Aria mi veniva incontro e liberava l'energia che ora mi scorre dentro, in un fiume impetuoso di elettricità e vento. E' stata un'esplosione, come quei documentari sui gayser, dove la pressione dell'acqua e del vapore arriva a spezzare la crosta terrestre con la stessa facilità con cui io rompo il guscio di un uovo alla coque, col cucchiaino. Un anno fa, Santiago entrava nella mia vita in un ruolo nuovo, e con lui Melissa. La cicatrice sulla mano pulsa, maledettamente, ma penso sia solo suggestione. E' necessariamente cosi. Dei tanti tradimenti, subiti nella mia corta vita, e delle ingiustizie sopportate quello della Coven non sarà di certo l'ultimo degli esempi. Eppure mi chiedo possa esser capitato, di cosi terribile, da compromettere il sano e rendere guasto il puro. Sono dubbi che mi sfiorano, di tanto in tanto, con la stessa leggerezza con cui la brezza fuori casa mi mescola i capelli. Il vento sta cambiando, le foglie del bosco accanto si stanno macchiando di oro e arancione, come la prima volta che ho messo piede qui.
Ero un mucchietto di stracci colorati, una giacca da uomo a coprirmi le spalle, lo stomaco quasi mai pieno e le ossa infreddolite fino al midollo. Non avevo altra aspettativa che arrivare al giorno dopo, e il giorno dopo arrivare a quello ancora seguente. Ma ero libera. Infinitamente libera. Di fare, dire, prendere e volere quello che più mi pareva. Adesso, mi rendo conto, è tutto molto diverso. Non posso buttare due stracci in un borsone e spostarmi in un altro punto, a me più congeniale, sulla cartina. Ho i cuccioli, a cui badare, e Neal. Non so bene se siano o meno due mannari, due streghe, due ibridi o chissà cosa...ma chiamarli cuccioli mi piace sempre un sacco. Mi da l'idea che debbano essere maggiormente protetti, e accuditi. Comunque, dicevo, non posso muovermi cosi, come se nulla fosse. E devo ammettere che l'altro giorno, quando ho visto scivolare via verso l'orizzonte della stataleun'ordinata carovana di camper, ho sentito un morso al cuore che conosco bene. Non sono mai stata tanto a lungo in un posto, e sebbene mi piaccia Bon Temps certe volte mi sembra di impazzire nel vedere le solite facce, i soliti muri, le solite cose. Certe volte il desiderio di prendere la mia famiglia e andare via, anche per un pò, si fa cosi disperatamente intenso da farmi bruciare la gola. Ma non ho cuore di parlarne con Neal, non dopo quello che sta passando il suo branco ultimamente. Non se ne andrebbe mai da Bon Temps in una situazione cosi delicata qual è quella attuale. Sarebbe da vigliacchi, da parte sua. E lui non è codardo, Dio solo sa quanto. Cosi mi faccio forza, inghiotto la prepotenza con lui la libertà viene a sussurrare al mio orecchio, e mi dedico alle piccole cose di ogni giorno. Ai bambini, certamente, a lui. Alle mie amiche. Ad Aria. Al negozio. E quando il vento torna a fischiare, prepotentemente, e sbatte addosso alle imposte della mia casa gridandomi di dissolvermi con lui, di andare via a provare il mondo, io giro il viso dell'altra parte, e do ascolto all'Acqua dentro di me. Acqua che nasce dalla roccia, che si crea in un punto preciso. Poi, però, penso che anche l'acqua scorre via. E allora, per distrarmi, mi metto a fare qualcosa in cui sono tremendamente poco brava. Sbuccio patate. Le pelo davvero di merda, e farlo mi richiede una concentrazione tale da farmi dimenticare il desiderio di vagabondare. Almeno per un pò.
- - -
"Volevo mostrarti il mio nuovo potere ma..."
"Fammi diventare il cazzo ancora più duro. Consideriamolo con un vecchio potere"
Stronzo. Giuro, glielo strapperei dalla faccia quel sorriso da stronzo che ha, sollevando un vento cosi forte da scorticargli la pelle. Questa prepotenza, e questi modi bruschi. Stronzo. Dio, non voglio che smetta. Non adesso. Ora che mi è di nuovo dentro, e che la sua natura si scontra con la mia, mentre altro di noi due si scontra. E lo fa talmente bene che sembra essere stato fatto apposta per scoparmi. E lo fa cosi divinamente che non importa quante volte capiti, da quando stiamo insieme, in ognuna riesce a levarmi il respiro, e la voglia di andare a godere altrove.
"Hai voglia di scopare sotto i fulmini, Neal?"
"Puoi parlare, puoi gridare, puoi concentrarti e scagliarmi tutti i cazzo di fulmini che vuoi...non smetterei comunque di fotterti "
Ne era attratto, e non sapeva neppure bene perchè. Certo, era bella. Ma quante belle donne c'erano, nel mondo? No, assolutamente. Quello che gli piaceva, in Luminitza, non aveva solo a che fare con la bellezza. Leggeva la sorte all'angolo della strada, e si era fatto leggere la mano in cambio di qualche dollaro solo perchè lei aveva insistito, spiegandogli che non accettava l'elemosina. Lei aveva mani forti, ruvide di lavoro, ma anche terribilmente ospitali. Il gelo di Boston rendeva quelle lisce ed eleganti di Stellan perennemente confinate nelle tasche. Certo, non era paragonabile ai climi della Svezia, ma lui era sempre stato di salute piuttosto cagionevole. Incontrare la mano di Luminitza, però, si era tramutato in una sorta di toccasana. Giorno dopo giorno, quel contatto fugace si era rivelato - per il giovane medico - una sorta di rituale del buongiorno. Qualcosa con cui iniziare bene la propria, faticosa, giornata ed il pretesto ideale per continuare a sondare in quegli occhi scuri e neri, macchiati di tristezza, terribilmente in contrasto con quella bocca che conosceva tanto bene il sorriso. Insomma, ogni qualvolta lei gli prendeva la mano, tra le sue, a Stellan sembrava che il proprio arto fosse una nave che, dopo una lunga e burrascosa tempesta, trovava finalmente riparo in un porto sicuro.
"Cosa significa, Stellan?"
"Significa tranquillo. E Luminitza, invece?"
"Luminosa"
"Trovo che ti stia molto bene, come nome"
"Perchè indosso sempre molti gioielli?"
"Perchè...è come se brillassi. Da dentro. Di tanto in tanto ti accendi"
E la mano di lui, lentamente, era scivolata dal palmo al polso di lei, carezzando la pelle olivastra e avvertendo, sotto la pressione lieve dei polpastrelli, l'aumentare leggero del battito cardiaco. Pulsazione dopo pulsazione, quella fragilità nascosta sotto strati di abiti colorati e chiassosi, sembrava affascinarlo sempre di più. Come una maledizione o, ancora meglio, come un potente incantesimo. Luminitza emanava magia, pur essendo sprovvista di Aura, ogni suo gesto era pregno di una forza nascosta eppure allettante, potente. Persino l'aura di Stellan, se n'era accorta, sviluppando nei confronti della donna una propria personale predilizione e ritrovandosi spesso a far fioccare, sui suoi capelli scuri, una fitta pioggia di fiocchi di neve che lei, ovviamente, non poteva vedere.
"Ogni tanto mi ricordi l'inverno"
"Perchè mai?"
"Perchè io amo, l'inverno"
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"Sporcaccione"
"Non sai quanto.. stavo giusto pensando ad un incontro ravvicinato con quel bel culo che hai avuto la premura di sbattermi sotto gli occhi"
"Non sporcaccione in quel senso. Nell'altro. Però, magari, se un bravo padre mette i cuccioli a dormire, una brava madre potrebbe sbattere di nuovo il culo, dove le pare»
"Sono sicuro che i bambini sapranno come dormire da soli. Una ciucciata di birra a loro, un’altra di altro genere a te e vi prometto che vi mando tutti a dormire contenti e sfiniti "
Lui caccia, anche mentre scopa con me. Lo fa come se sfogasse un bisogno istintivo, animale, come se non potesse fare a meno di prendermi e di farlo in un modo tale da sottomettermi per sempre. Oh si, giocare gli piace, ed è alquanto compiaciuto quando sono io a prendere l'iniziativa, a condurre i tempi standogli addosso. Ma queste non sono che parentesi, in un continuo dove è lui a comandare. E' il maschio, della coppia, e neanche dei più tranquilli. Al punto che non si accontenta di spogliarmi, e si limita a seguire l'istinto, strappando via i vestiti, timbrandomi la pelle con lo schiacciapugni, prima di schiacciarmi con altro. Esiste qualcosa di più deliziosamente penoso, del peso del suo corpo contro al mio? Dentro, al mio? Il cuore mi batte talmente forte, nello sterno, che quando afferra il seno nel suo palmo è un pò come se mi stringesse il cuore tra le mani. Non c'è che uno strato sottile di carne tenera e pelle odorosa a separare la sua stretta dal lavorare incessante dei ventricoli. E la sua pelle è cosi calda, cosi profumata, cosi saporita che è un pò come una rara malattia africana. Mi infetta il cervello, e mi ritrovo la bocca riarsa, mi ritrovo a delirare, ad avere caldo, ad avere freddo. Sono malata di lui, eppure lui è la mia cura. Una cura che scivola verso il basso, con la bocca, e lo fa con una lentezza tale da farmi soffrire
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Un anno fa, circa, i miei poteri venivano a galla. In un bosco popolato da presenze mistiche di ogni sorta, tra driadi danzanti e satiri brilli, lo spirito dell'Aria mi veniva incontro e liberava l'energia che ora mi scorre dentro, in un fiume impetuoso di elettricità e vento. E' stata un'esplosione, come quei documentari sui gayser, dove la pressione dell'acqua e del vapore arriva a spezzare la crosta terrestre con la stessa facilità con cui io rompo il guscio di un uovo alla coque, col cucchiaino. Un anno fa, Santiago entrava nella mia vita in un ruolo nuovo, e con lui Melissa. La cicatrice sulla mano pulsa, maledettamente, ma penso sia solo suggestione. E' necessariamente cosi. Dei tanti tradimenti, subiti nella mia corta vita, e delle ingiustizie sopportate quello della Coven non sarà di certo l'ultimo degli esempi. Eppure mi chiedo possa esser capitato, di cosi terribile, da compromettere il sano e rendere guasto il puro. Sono dubbi che mi sfiorano, di tanto in tanto, con la stessa leggerezza con cui la brezza fuori casa mi mescola i capelli. Il vento sta cambiando, le foglie del bosco accanto si stanno macchiando di oro e arancione, come la prima volta che ho messo piede qui.
Ero un mucchietto di stracci colorati, una giacca da uomo a coprirmi le spalle, lo stomaco quasi mai pieno e le ossa infreddolite fino al midollo. Non avevo altra aspettativa che arrivare al giorno dopo, e il giorno dopo arrivare a quello ancora seguente. Ma ero libera. Infinitamente libera. Di fare, dire, prendere e volere quello che più mi pareva. Adesso, mi rendo conto, è tutto molto diverso. Non posso buttare due stracci in un borsone e spostarmi in un altro punto, a me più congeniale, sulla cartina. Ho i cuccioli, a cui badare, e Neal. Non so bene se siano o meno due mannari, due streghe, due ibridi o chissà cosa...ma chiamarli cuccioli mi piace sempre un sacco. Mi da l'idea che debbano essere maggiormente protetti, e accuditi. Comunque, dicevo, non posso muovermi cosi, come se nulla fosse. E devo ammettere che l'altro giorno, quando ho visto scivolare via verso l'orizzonte della stataleun'ordinata carovana di camper, ho sentito un morso al cuore che conosco bene. Non sono mai stata tanto a lungo in un posto, e sebbene mi piaccia Bon Temps certe volte mi sembra di impazzire nel vedere le solite facce, i soliti muri, le solite cose. Certe volte il desiderio di prendere la mia famiglia e andare via, anche per un pò, si fa cosi disperatamente intenso da farmi bruciare la gola. Ma non ho cuore di parlarne con Neal, non dopo quello che sta passando il suo branco ultimamente. Non se ne andrebbe mai da Bon Temps in una situazione cosi delicata qual è quella attuale. Sarebbe da vigliacchi, da parte sua. E lui non è codardo, Dio solo sa quanto. Cosi mi faccio forza, inghiotto la prepotenza con lui la libertà viene a sussurrare al mio orecchio, e mi dedico alle piccole cose di ogni giorno. Ai bambini, certamente, a lui. Alle mie amiche. Ad Aria. Al negozio. E quando il vento torna a fischiare, prepotentemente, e sbatte addosso alle imposte della mia casa gridandomi di dissolvermi con lui, di andare via a provare il mondo, io giro il viso dell'altra parte, e do ascolto all'Acqua dentro di me. Acqua che nasce dalla roccia, che si crea in un punto preciso. Poi, però, penso che anche l'acqua scorre via. E allora, per distrarmi, mi metto a fare qualcosa in cui sono tremendamente poco brava. Sbuccio patate. Le pelo davvero di merda, e farlo mi richiede una concentrazione tale da farmi dimenticare il desiderio di vagabondare. Almeno per un pò.
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"Volevo mostrarti il mio nuovo potere ma..."
"Fammi diventare il cazzo ancora più duro. Consideriamolo con un vecchio potere"
Stronzo. Giuro, glielo strapperei dalla faccia quel sorriso da stronzo che ha, sollevando un vento cosi forte da scorticargli la pelle. Questa prepotenza, e questi modi bruschi. Stronzo. Dio, non voglio che smetta. Non adesso. Ora che mi è di nuovo dentro, e che la sua natura si scontra con la mia, mentre altro di noi due si scontra. E lo fa talmente bene che sembra essere stato fatto apposta per scoparmi. E lo fa cosi divinamente che non importa quante volte capiti, da quando stiamo insieme, in ognuna riesce a levarmi il respiro, e la voglia di andare a godere altrove.
"Hai voglia di scopare sotto i fulmini, Neal?"
"Puoi parlare, puoi gridare, puoi concentrarti e scagliarmi tutti i cazzo di fulmini che vuoi...non smetterei comunque di fotterti "
Ha la voce rauca, impastata ad un ringhiare dannatamente eccitante, che non ha nulla di umano. Cosi come non ha niente di umano la pioggia che comincia, silenziosamente, a scivolare addosso a noi due. Gli ho scritto il mio nome sulla schiena, con le unghie, fino a sentire il sangue sui polpastrelli mentre la pelle si rimargina, Adoro il modo in cui geme, in cui lo faccio gemere. Adoro lo scintillio dorato che assumono i suoi occhi. Lui è un lupo, e me lo dimostra ogni volta. Ma io sono una Strega. Il piacere si condensa in gocce che cadono, una dopo l'altra, sulla nostra pelle accaldata, tra le bocche aperte, nell'incrocio tra i sessi. Piove, e lo sto facendo accadere io. Piove perchè mi ha provocato, eccitato, preso, rivendicato. Piove ed il mio corpo esulta, pago dei brividi che l'acqua mi fa sentire. Si impiglia tra i capelli, scivola sulle curve del mio corpo rendendole lucide e accattivanti allo sguardo. Lui mi gira, ed io semplicemente smetto di pensare. A quattro zampe, come gli animali, a questo punto è troppo tardi per entrambi. Nessuno dei due ha pensato di infilarsi su un pò di ragione, figuriamoci un preservativo.
- - -
Io ti ringrazio, Dea, per quello che mi hai dato. Ti ringrazio vestita d'oro, nel tepore della mia casa, tra la luce di candele marroni e il fumo denso di mirra e di pino. Con una tavola ricca dei tuoi frutti...e di quanto comprato alla tavola calda. Grazie. Mai, come quest'anno, il mio raccolto era mai stato cosi ricco. E tra le mie messi, ho due splendidi bambini, e un marito che mi toglie il fiato. Selene è bella come la luna, le sere d'estate, ogni suo sorriso mi ricorda l'immensità dell'astro, il candore con cui illumina la notte. Va matta per il calore, per l'odore del padre, ed è d'indole abbastanza impulsiva. Lei è la mia piccola esploratrice, irrequieta quanto solo uno spirito libero può esserlo. Ha i miei lineamenti, i miei colori. Chiamarla principessina mi sembra offensivo, noi non siamo tipe da tutù e merletti. Ci vestiamo di sorrisi, e ricopriamo il nostro corpo di magia. Ci sarà altro per lei che un tenue pizzo a renderla accattivante agli occhi altrui. Devon è il mio piccolo uomo, pacato come i laghi d'estate, come le mattinate tra i ghiacci. Mantiene sempre la calma, ma sento che è solo apparenza e che dentro di lui scorre l'impetuosità dei fiumi, la forza degli uragani. Odia l'acqua, intensamente, e fargli il bagno è una tragedia. Ed ama le tette, visceralmente. Quando non ci sta attaccato con la bocca le palpa senza alcun pudore. Mi guarda e tutto ciò che ho intorno si dissolve, perchè riesce a riportarmi indietro nel tempo. Alla prima volta in cui suo padre mi ha sorriso, con quell'aria saccente da sbruffone, e i modi nervosi di una bestiaccia. Lui è il mio piccolo sole, e come tale riesce a dissipare le nebbie di stanchezza che delle volte avvolgono le mie giornate. Neal. Neal è...beh. E' quando hai troppo da dire, e ti accorgi che le parole si incastrano con le corde vocali, annodandocisi. Formano un groppo che non va nè su e nè giù, se ne sta li a fare compagnia alla scarica di emozioni che senti. Lui profuma di adrenalina, di sangue, terra e amore. Si. Se un giorno i miei figli dovessero chiedermi se l'amore ha un nome, io risponderei che si. Che ha l'odore di lui. Ha l'odore del cuscino, quando la mattina si sveglia per andare a farsi la barba e mi lascia li la sua impronta, tiepida e assonnata. Aly tempo fa mi ha detto che Neal nel branco è temuto da tutti. Ma è pur sempre lo stesso uomo che quando mi vede tornare distrutta, da lavoro, mi porta a cena fuori. Solo io e lui. Ti ringrazio, Dea, per questo raccolto.
E ti ringrazio per Jeanne. Per Joy. Per Rahsan. Ognuna di loro è un piccolo mondo, un piccolo universo. Ognuna di loro fa parte della mia fortunata e ricca stagione. Tutti loro, sono la mia luce
"Nel mese del passaggio, nel difficile varco fra i mondi, ci diamo qui oggi l'augurio di custodire, mentre il buio avanza, la memoria della luce"
- - -
Assieme ai miei gemiti, assieme al piacere, cresce qualcos'altro. Finchè la passione non diventa talmente spiccata da abbattere gli argini. E se Neal mi prende, di nuovo, sono io adesso a lasciar defluire via una parte di me.
"Cazzo!"
"Si proprio quello che ti sto’ dando. Fallo ancora…"
Il rumore del fulmine caduto a un passo da noi fa ancora fischiare le orecchie. Espressione palpabile della violenza che mi fa scorrere dentro. I discorsi si fanno sconnessi e non sono che richiami rochi e gutturali. I miei gemiti cercano i suoi, in una corsa sfrenata vicino a un capolinea che conosciamo cosi bene. Sta facendo l'amore con me, con tutta me. Con i miei poteri, con le mie emozioni, con la mia testa. Mi scuce di bocca volgarità e moine, carezze e schiaffi. Ho la schiena a pezzi, il corpo mi fa male, e la testa martella violentemente. Ho il suo odore, e i suoi umori addosso, assieme a lividi e graffi che mi sono cercata. Ci sono dolori di cui non potrei mai fare a meno. Ci sono momenti che vorrei portare con me per sempre. Belli e terribili, come il lampo di un fulmine, lo schioccare della saetta. Belli e dolorosi, come un fiume che spezza via gli argini, e la grandine sui vetri, l'uragano tra le assi di una vecchia casa
- - -
Kim sorride, soddisfatta, mentre rivede sul cellulare la foto di Jeanne. L'ha scattata qualche sera prima, la stessa in cui hanno fatto il rito di protezione a cui ha partecipato un ospite inatteso. Gabriel Blanchard. <Pallone gonfiato> Kim lo borbotta, guardando la foto dopo, che ritrae tutti loro intenti a bere vino. Le piace e non le piace. Un pò le sta sul culo un pò...pure. Sta al parco, attende che Neal la raggiunga per fare insieme una passeggiata coi bambini. Rimette il cellulare in tasca, e si china per prendere il pezzo smontabile dell'ovetto e sistemarlo sulle ruote, quando si sente afferrare da dietro. Spaventata, si gira, raddolcendosi quando gli occhi di Neal le sorridono sbarazzini. Con una mano ha afferrato il passeggino, come fosse una bustina di carta velina, sistemando l'ovetto al posto giusto. L'altra mano ha preso Kim dalla vita, scivolando sicura lungo la schiena e fermandosi sul culo. Che sprimaccia, tirandosela vicina
"Ciao, Djali. Qualcuno qui era nostalgico oggi?"
"Ciao BigFoot"
C'è un bacio, una di quelli poco mansueti, eppure sorprendentemente dolci, delicati, sul finale. E poi si spostano, verso le giostrine. L'uomo al chioschetto osserva, interessato. Se avesse una memoria migliore, ricorderebbe. Quella ragazza sporca, che dormiva nel tubo vicino alle altalene dove ora - la stessa ragazza - si diverte a dondolare i bambini. E quel ragazzo sbruffone, che le ha messo una mano sul collo non appena lei si è avvicinata a pulirgli il mento dalla maionese. Ricorderebbe come si guardavano, con diffidenza, e noterebbe quanto diversi siano adesso. Erano arrivati li, un anno fa, ognuno per fatti suoi, con i propri problemi, la propria vita, le proprie tristezze. Adesso erano ancora li, non come singoli ma come famiglia. Altri problemi, altri fattacci, altri tristezze. Ma, stavolta, li affrontavano insieme. In due. In quattro, se ci infiliamo dentro pure i due blablavendoli che si portavano dietro.
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