Giugno 1982
A Norwood piaceva come i Trinitarios avevano organizzato il
loro “avamposto”, chiamiamolo cosi. Quello che, esternamente, si presentava
come un piccolo agglomerato di negozietti tipici, locali e bottegucce
nascondeva, nel sottosuolo, un’intricata rete di sotterranei che, di fatto,
rappresentava il cuore pulsante dell’organizzazione. Nulla di macabro o
approssimativo. I corridoi erano illuminati artificialmente e ripuliti a
dovere, il che contribuiva a rendere il posto più simile ad una metropolitana
che ad una caverna umida e malsana. Di sicuro, però, non si aspettava che una
volta aperta la porta della stanza in cui doveva trovarsi la riunione si
sarebbe trovato di fronte il sole. Quel sole, nella fattispecie, era Cassandra.
A distanza di anni lui ricorda ancora com’era vestita.
Indossava un tubino bianco, corto al ginocchio e piuttosto accollato, con un
piccolo spacco sotto la gola che scendeva a mostrare uno spicchio di pelle senza mostrare praticamente niente del
seno, il cui profilo tuttavia veniva ampiamente suggerito dall'aderenza della stoffa. A renderla ancora più formale ci pensava la giacca, morbida e bianca, che teneva
aperta e che arrivava diritta fino al
punto vita. Eppure niente, come quella mise semplice, riusciva a mettere in
evidenza la bellezza della donna. Il mannaro aveva fatto scivolare lo sguardo
sul petto, lungo il ventre piatto e sulla curva morbida e accogliente dei fianchi chiedendosi come sarebbe stato
sentirsi quelle gambe, lunghe e tornite, allacciate addosso. Il colore del
completo faceva risaltare la carnagione olivastra e le illuminava il viso, indubbiamente bello, privo di qualsiasi traccia di trucco ed incorniciato
da una folta massa di capelli neri, lisci e lunghi. Norwood resistette
all’impulso di infilarci le dita, meditando tra sé e sé che Miguel Hernandez si
era scelto una moglie troppo bella e troppo giovane per lui, e che tutto quello
era ingiusto.
“Benvenuto, Mr Saunders!
Spero che il viaggio sia andato bene…”
“E’ un piacere incontrarla di persona, Mr Hernandez. Il
viaggio è andato benissimo, e la ringrazio per l’ospitalità. Credo sarebbe il
caso di darci del tu, se non altro perché il lei mi fa sentire…strano”
Miguel aveva riso, girandosi poi verso il gruppetto di
persone alla sua destra
“Le presento i miei figli, Vicente, Abel, Raùl…e mia figlia
Cassandra. Loro, invece, sono…”
L’uomo aveva continuato a presentare anche gli altri membri
di rango superiore che avrebbero presenziato durante le trattative, ma Norwood si era perso.
L’idea che quella non fosse la moglie del capo, ma sua figlia, gli aveva
improvvisamente rischiarato la giornata. Il sorriso si era ampliato, sulla
bocca di lui, quando puntando gli occhi in quelli verdi e grandi di lei ne
aveva letto una, stuzzicante, punta d’irritazione. Adorava le belle donne, e
forse adorava ancora di più il dare loro fastidio. Come quei bambini che,
all’asilo, amano immensamente tirare le treccine alle compagne a cui sono
interessati.
- - -
La discussione proseguiva già da un po’. I tono si erano
mantenuti calmi e civili anche se non si riusciva a trovare un accordo
definitivo su determinati punti. Al momento, per esempio, stavano parlando di
quanti uomini avrebbero dovuto occuparsi del trasporto dei clandestini, e di
che mezzi impiegare durante la traversata dal Messico al suolo americano. Cassandra si era
rivelata particolarmente intelligente, dimostrando di possedere un'intelligenza ed una prontezza allettanti quasi quanto il corpo che la natura aveva voluto donarle. Attentissima alla discussione aveva
messo subito in chiaro che lei li non fungeva da elemento di decoro, ponendo
domande piuttosto precise e interessanti a Drake, l’Oficial che Norwood aveva portato con sé assieme ad altri quattro
uomini di fiducia e che si sarebbe occupato dell’operazione. Il mannaro non
aveva perso tempo ad infilare, nel discorso, uno o due battutine per provocare
la donna che, con suo enorme disappunto, aveva glissato rimanendo calma e
composta accanto al padre con la grazia di una signora e l'indifferenza di una divinità. Al momento era la sua voce, carezzevole e
decisamente piacevole a sentirsi, che stava intrattenendo i presenti. Aveva un
modo di fare, tra l’altro, che attirava immediatamente l’attenzione.
Gesticolava con un garbo ed una grazia tali che davvero risultava difficile non
sentirsi coinvolti, nel suo discorso.
“…pertanto direi che per i carichi con un numero di persone
inferiore a 20 potrebbero bastare 6 uomini. Tre nostri, finchè rimangono
all’interno del nostro territorio, e tre vostri. Ovviamente…”
“Non sono d’accordo” Norwood l’aveva interrotta e lei si era
girata a guardarlo, zittendosi. In realtà non era contrario, all’idea che stava proponendo, ma come già detto
voleva stuzzicarla. Lei aveva respirato, e il battito nervoso del suo cuore
aveva reso felice il mannaro, contento di averla finalmente irritata “Cosa non la convince, Mr Saunders?” continuava ad usargli
del Lei, ed a prendere le distanze. “Credo che ne servirebbero di
più. Non mi fido dei calcoli fatti da una donna, è già tanto che sappiano
scrivere il loro nome, figuriamoci contare” era troppo. Cassandra si era alzata
di scatto, dalla sedia, e tutti si erano girati a guardarla. Attoniti,
l’avevano osservata trasformarsi, in un bellissimo quanto agile lupo dal
manto nero, e saltare con un balzo oltre il tavolo. Si era avventata su
Norwood ringhiando, e l’impatto aveva fatto accappottare la sedia su cui lui
sedeva, facendolo finire a pancia all’aria. Le zampe di lei lo tenevano fermo,
mentre ringhiava ferocemente, gli occhi che da verdi erano divenuti dorati come
l’oro. L’espressione di lui, da sorpresa, si era fatta intrigata. L’odore
selvatico della mannara, tutta quella rabbia gettata li sotto i suoi occhi, il coraggio che dimostrava nell'aggredire apertamente un maschio nettamente più forte di lei nonchè capo di un branco abbastanza potente da ingaggiare una cruenta guerra col proprio e la
violenza con la quale aveva morso la mano di uno dei suoi fratelli che si era
precipitato a togliergliela di dosso, l’avevano incredibilmente eccitato e sedotto.
E in cuor suo sperava che nessuno dei presenti, quando lei finalmente si era decisa a liberarlo zompando lontano e uscendo dalla stanza,
si fosse accorto della terribile erezione che quell’attacco gli aveva procurato.
“Io dico che non abbiamo bisogno di lui”
“Cassie…”
“Andiamo, l’hai visto? E’ tremendamente arrogante e pieno di
sé…solo perché ha preso il posto del suo vecchio Alpha”
“..E’ molto in gamba, e si sta dimostrando più abile e ben
organizzato del vecchio XX. I suoi traffici sono floridi, e le cose vanno di
gran lunga meglio”
“E’ solo una coincidenza”
“Cassie…”
“Io non credo che lui possa davvero…”
“Ora basta” Miguel Hernandez ne aveva piene le scatole dei
bisticci tra i propri figli. Saunders gli piaceva, gli piacevano i suoi modi –
forse non proprio ortodossi – e soprattutto gli piaceva la prospettiva di una
fiorente collaborazione insieme.
“Cassandra, la collaborazione resta. Se non te la senti di
avere a che fare con un tipo come lui, evidentemente non sei all’altezza del
compito che ti ho assegnato” per lei era stato come ricevere uno schiaffo, di
fronte al resto della famiglia. Aveva alzato la testa, e puntato un paio di
intensi quanto fiammeggianti occhi, sul padre.
“Sono perfettamente in grado di gestire la situazione” Mr
Hernandez sapeva che facendo leva sull’orgoglio della figlia avrebbe ottenuto
esattamente quella risposta.
“Molto bene. Ti occupi tu di mostrare al nostro ospite il
territorio dove dovrebbero avvenire gli scambi?”
Lei aveva aperto la bocca, come per protestare ancora, ma il
padre aveva inarcato un sopracciglio. Era bastato questo a farle richiudere di
scatto le labbra, in una posa stizzita e sconfitta. Poi aveva annuito, ed era uscita dalla
stanza. Decisamente poco entusiasta.
Norwood, invece, era in estasi. Se ne stava stravaccato sul sedile
anteriore della Jeep, il corpo totalmente rivolto verso la mannara che gli
sedeva accanto, e che ostinatamente teneva il viso rivolto verso la strada
innanzi a sé, rifiutandosi di guardarlo. Guidava lei. E guidava in una maniera deliziosamente
spericolata, col chiaro intento di innervosirlo
o di fargli venire il mal d’auto. Ma lui resisteva, ed era compiaciuto
dal fatto che lei possedesse uno spirito cosi dispettoso. Cassandra era come un lago, e se esternamente sembrava
tranquilla e immobile, avvicinandosi era
possibile vedere, al di sotto delle apparenze, il fremere impetuoso di forti
correnti. Indossava un paio di shorts ed una camicetta annodata alla vita, un abbigliamento
poco formale e che era adatto ad essere abbandonato qua e la nel deserto. Si
stavano lasciando indietro un’incredibile scia di sabbia e polvere, e parte
della stessa filtrava dal finestrino e si
depositava sulle labbra screpolate di lei e sulla carnagione olivastra.
Avrebbe volentieri allungato un dito a ripulirle la bocca da tutta quella
terra. E forse, non solo un dito. Cassandra aveva inchiodato, bruscamente, tanto che lui aveva finito con l'impattare contro il cruscotto e
senza neppure degnarlo di uno sguardo era scesa dall’auto. Dopo che anche lui era sceso e la vettura era stata richiusa si era spostata verso un gruppo di rocce, andando a nascondere le chiavi tra due sassi. Da come si muoveva era evidente
che conosceva bene il posto.
“Dunque…oltre quella duna inizia il confine. Pertanto gli
spostamenti potrebbero avvenire lungo questa fascia” Aveva sollevato il braccio tracciando una linea in aria.
Norwood, però, continuava a tenere gli occhi su di lei
“Esattamente…che problema hai con me?” aveva detto, un
sorriso da schiaffi stampato sul viso e le braccia conserte attorno alla
camicia chiara che indossava. Cassandra si era girata a ricambiarne l'occhiata, sopracciglia aggrottate
ed espressione piuttosto seccata. Anche questo, gli piaceva, il modo fiero con cui ne sosteneva lo sguardo
“Come scusa?”
“Si…mi spieghi perché ce l’hai tanto con me?”
“Non ce l’ho affatto, con te”
“E’ per quella battuta sulle donne? Sul fatto che è tanto se
sapete contare?”
“…No”
“Guarda che era solo uno scherzo. Non lo penso davvero…”
“Quello che tu pensi non mi interessa affatto”
“…d’altronde, se non sapeste contare, come fareste nella
vita di tutti i giorni? Voglio dire…la spesa, le poppate. Robe cosi. La
matematica vi serve”
Lei aveva stretto i pugni, e lui aveva accolto quel gesto
con un guizzo divertito negli occhi azzurri. Si era passata la lingua sulle
labbra, ma non aveva colto la provocazione
“…Se hai finito di dare il tuo prezioso contributo sulle
tesi riguardo il ruolo della donna nella società direi di trasformarci e di
perlustrare la zona insieme”
“Direi anche io”
Era rimasta a guardarlo, a quel punto accorgendosi solamente in quel momento di quanto fosse ben piazzato. Davvero, ben piazzato. E
quando i suoi occhi si erano soffermati per qualche istante di troppo su quegli
avambracci lei si era scazzata ancora di più. Con se stessa, stavolta
“Beh…non ti trasformi?” aveva sbottato, passandosi nervosamente una mano a ricacciare indietro i capelli.
“Oh no, prima le signore” era evidente che volesse guardarla nuda e si era
persino appoggiato col culo contro il cofano dell’auto per gustarsi meglio la
scena. Lei aveva ringhiato, un suono decisamente poco umano e rassicurante, ma invece di aggredirlo aveva aggirato la Jeep per spogliarsi sul
retro. Norwood aveva sciolto le braccia dalla posa, cominciando a esternare con ampi gesti la propria disapprovazione in merito al suo comportamento.
“Andiamo…sei cosi timida? Eppure non ti facevo tanto…”
Si era sporto, per guardarsela meglio, ma lei era già
diventata la splendida lupa nera che qualche giorno prima gli era saltata
addosso. E senza attenderlo stava correndo via, verso il confine, falcate ampie
e portamento fiero di chi non teme niente e nessuno. Neanche l’alpha di un
branco vicino. A lui non era restato che trasformarsi a sua volta, e
seguirla.
Avevano finito col cacciare insieme. In realtà non era
previsto nei piani, l’idea di Cassandra era quella di portarlo a perlustrare il
territorio, approfittando della maggiore discrezione e agilità con cui godevano
nella loro forma ferina, e poi di ricondurlo alla Jeep e ritornare subito al campo.
Semplice, veloce e pulito. Gli ordini di suo padre erano questi. E invece no.
Norwood aveva fiutato delle antilopi poco distanti, e avevano cuccioli con sè. E alla fine, complice una luna in fase crescente, Cassandra si era lasciata tentare finendo col seguirlo. L'inseguimento selvaggio in cui si erano lanciati aveva dato i suoi frutti ed erano riusciti ad abbattere un esemplare adulto. Infervorati, dopo essersi saziati si erano concessi una passeggiata nelle rare zone boschive che la mannara conosceva cosi bene. Si erano ritrovati ad inseguirsi, a giocare a rincorrersi tra gli alberi, quando l'odore di una nuova preda li aveva distratti. Un cervo. Norwood si era dimostrato particolarmente valido durante gli attacchi. Non solo era forte ma incredibilmente silenzioso. Il che aveva contribuito a far gradire, a Cassandra, la sua compagnia in quella forma molto più che in quella umana. Il cervo era stato battuto e banchettavano vicini quando il leone di montagna aveva fatto la sua comparsa, reclamando come propria la preda che tanto faticosamente avevano ottenuto. Nessuno dei due sembravano disposti ad arrendersi, e dopo un primo scambio "orale" fatto di ruggiti e cupi ringhi, Cassandra aveva attaccato. Sulle prime si era difesa bene, ma poi il leone l'aveva scagliata contro un albero, con una zampata. Prima che potesse avventarsi su di lei, però, il mannaro era intervenuto mettendosi in mezzo. L'artigliata era penetrata a fondo, nella carne, strappandogli un guaito di dolore. L'occasione sembrava delle più favorevoli, però, per la mannara. Sapeva che Norwood, da solo, non poteva uscire vittorioso dallo scontro ed avrebbe potuto lasciarlo in balia del leone e dire che il capo dei Desert Dust era rimasto vittima di un terribile incidente. Questo, per lo meno, era ciò che le diceva la mente. Il cuore, invece, pulsava tutt'altro. E lei si era ritrovata incredibilmente confusa, indecisa sul da farsi
- - -
"Vieni, fatti ripulire" erano nudi, entrambi, sporchi di sangue ed incredibilmente stanchi. La lotta era stata cruenta, ma alla fine avevano avuto la meglio sul leone, che era fuggito. Si erano spostati lungo un fiume poco distante, fortunatamente non ancora in secca, e Cassandra in ginocchio lungo il bordo aveva messo le mani a coppa per raccogliere quanta più acqua possibile per poi lasciarla ricadere sul petto sanguinante di Norwood. La ferita era profonda ma non eccessivamente grave, e questo aveva strappato un sospiro di sollievo alla mannara. Non se n'era andata, alla fine, rimanendo al suo fianco a combattere a rischio di rimetterci lei stessa le penne. Lui aveva numerose artigliate anche sulle braccia e sulle gambe, e in quanto a lei c'era una vistosa ferita sulla coscia destra. Al momento, però, sembrava preoccuparsi solo di lui. Che pensava a tutto, tranne che alle ferite. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, e non pensare quanto fosse bella. Bella mentre mostrava le zanne al leone, mentre lo afferrava alla gola. E bella anche adesso, nuda e sporca, stanca e ferita. Entrambi sapevano che la vicinanza li avrebbe aiutati, nella guarigione, dovevano solo dare alla rigenerazione il tempo di fare il proprio effetto
"Ti fa molto male?"
"No...perchè lo hai fatto?"
"La ferita va pulita"
"Non parlo di quello"
"E di cosa, allora?"
"Perchè sei rimasta?"
"Perchè da solo non potevi..."
"Si ma...perchè?"
"Beh non potevo lasciarti qui da solo,no?"
"Perchè no? Sono un estraneo, non mi devi niente"
"Sei in affari con la mia famiglia"
No, non era quello. Neanche lei sapeva perchè non se l'era sentita, di andarsene. Forse era semplice gratitudine per averla difesa, poco prima. Ecco, si. Sicuramente era per quello
"...e poi, tu avevi difeso me"
Norwood aveva allungato la mano a recuperare il suo viso giacchè stava chino a controllargli le ferite, per poterla guardare negli occhi. Per la prima volta, lo sguardo che lei gli aveva rivolto non aveva stizza nè disprezzo. Sembrava intimidita, e schiva. Ma come se avesse paura di lui, un timore che nulla aveva a che vedere con la forza fisica. Era qualcos'altro, di lui, a spaventarla. E lui, incantato da quell'aria smarrita, aveva rivolto un sorriso strano. Non sapeva di ironia, di sarcasmo, di malizia. Era un semplice, gentile, sorriso
"Ho dovuto insultare il genere femminile e farmi squartare come un pollo alla brace, ma alla fine ti sei accorta di me, mh? Devo...devo dire che ne vale la pena. Intendo...farsi aprire in due. Ne vale la pena, se poi tu mi guardi cosi"
Aveva sentito la pelle della guancia di lei farsi più calda sotto il palmo della mano. Cassandra stava arrossendo, ed era addirittura riuscito a farle abbassare lo sguardo. A quel punto lui si era chinato, scivolando in basso. Con delicatezza, la mano si era staccata dal volto per poggiarsi sulla coscia, e il mannaro aveva cominciato a leccarle la ferita, ripulendola dal sangue. Per un attimo, il respiro le era venuto meno per poi tornare, prepotente, a farsi largo tra i polmoni. Il cuore aveva iniziato a battere, disperatamente, con la stessa disperazione con cui lei si ritrovava a desiderare che quella lingua non smettesse, ed anzi scendesse più giù, tra le sue cosce. Anche Norwood cominciava a contenersi a fatica, sentendo ad ogni lappata il sapore e il profumo della sua pelle, del suo sangue, l'odore intenso dell'eccitazione di lei. Più la sfiorava, più sentiva che non gli bastava, che ne voleva ancora, e che non voleva interrompere quel contatto. Si era rialzato, ritrovandosela di fronte ad occhi socchiusi, ansante e scossa. Ma quando aveva accostato la bocca alla sua, per prendersi un bacio da quelle labbra rosee e umide, lei si era girata di lato, deglutendo
"No..."
"Mi vuoi, ti voglio. Cosa no?"
"E' la luna...è colpa degli..ormoni"
Erano bastate quelle parole, a farlo rinsavire. L'idea che lei lo desiderasse solo per via di un astro, in fase crescente, era poco dignitosa per lui. Insomma, si era sentito punto nell'orgoglio. Si era leccato le labbra, ritirandosi indietro con la schiena, lentamente. Era rimasto zitto per molto tempo, attendendo che i battiti di entrambi si calmassero. E poi, con calma, aveva aggiunto
"Bene. Vorrà dire che attenderò che la luna sia nuova per scoparti esattamente come tu desideri essere scopata"
Cassadra si era arrabbiata, e aveva allungato la mano finendo con l'assestargli un ceffone. Dopodichè si era alzata e, zoppicando, si era diretta verso la Jeep cominciando a ritrasformarsi. Norwood, che si era beccato lo schiaffo, era rimasto a massaggiarsi la guancia sfoggiando un sorriso divertito.
"Mi vuoi. Dio, se mi vuoi" aveva mormorato contento, prima di seguirla nella trasformazione.
(continua)
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