martedì 4 febbraio 2014

E la Luna bussò, alle porte del Buio

Kim teneva tra le mani una foto molto vecchia, raffigurante la nonna ed il nonno da appena sposati. Il labbro della bambina era adorabilmente arricciato in una posa pensierosa ed assorta. Stavano sedute sui gradini del carrozzone, e la donna pettinava i capelli castani della piccola con gesti lenti e ripetitivi, quasi ipnotici. Lei l'uomo non l'aveva conosciuto, era morto quando sua madre era ancora piccola, come avrebbe potuto?

"Nonna, com'era il nonno?"
"Molto paziente. Chiunque voglia restare vicino a noi, deve esserlo. Molto"
"Perchè?"
"Perchè abbiamo tante cose da nascondere, e in generale un brutto carattere"

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[ Mi faro' vivo nel frattempo e magari passo a casa ogni tanto. Tu fai la brava e se succede qualcosa fammi sapere. 

Ti amo ]

Non ricordo, cosa gli ho risposto. E non posso neanche saperlo, perchè ho rotto il cellulare. Ce ne dev' essere un altro da qualche parte in magazzino, ma non ho voglia di cercare. Non ho voglia di fare niente. Neanche di vivere

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I muri della casa, però, ricordavano tutto. Il modo pauroso in cui lei era sbiancata, e il labbro che tremava come fosse impazzito. Le dita che digitavano qualcosa, poco prima che il cellulare venisse scagliato contro il pavimento con tanta forza da spezzarlo in due. E poi era stato tutto un gridare, e un rompere, un lanciare incantesimi e un urlare forsennato. Kim si era presa a schiaffi e messa le mani tra i capelli, urlando come una pazza, dando sfogo alla rabbia e al dolore come forse non si era mai concessa, sino ad ora. Aveva affondato le unghie nel petto, lasciandosi segni rossastri, e rivolgendosi direttamente al demone

"Esci fuori, esci da qui! Dimmi cosa cazzo vuoi che faccia e lo farò, mi senti? Voglio riscattarmi! ESCI!"

Ma forse il demone è sordo, oppure ciò che ha visto gli piaceva, perchè non ha accennato ad uscire. E allora lei ha perso qualsiasi forma di autocontrollo, ed ha iniziato a distruggere ogni cosa. Se non era un mobile da ribaltare, era un soprammobile da ridurre in pezzi. Dopodichè è toccato agli specchi. Poco dopo il contagio di Neal aveva sognato che il proprio riflesso, in uno specchio, la derideva. Si era fermata a guardarsi, ansante, sconvolta, i lineamenti stravolti e la bocca amara come fiele, come quando si viene sconfitti e abbattuti. E risente quella voce, la sua voce, ripetergli le stesse parole


"Ne vale la pena? Ne vale davvero la pena? Hai idea del casino in cui ti stai cacciando? Hai idea di cosa ti toccherà sopportare? Ne vale la pena, Kim? Vuoi davvero farci questo?Per un uomo che "crede" di amarti e che potrebbe riempirti di botte al primo screzio? Tu lo sai bene, cosa succederà. Non è più in lui, e forse non lo sarà mai...forse rimarrà cosi per sempre. Credi davvero che a un uomo dispiaccia avercelo sempre duro e scopare come un pazzo? Lui non vuole guarire, Kim. Ed anche se volesse, forse non esiste neppure rimedio. Te la senti, di vivere in questo modo? No...non puoi. Non devi. Puoi prendere le tue cose e andare via, trovare altri uomini, legami più semplici. Puoi occuparti di te stessa, come hai sempre fatto" 

E stavolta bruciavano di più. Facevano ancora più male. Perchè lei lo amava molto più che allora, e perchè era evidente come la luce del sole, che non poteva fare nulla per aiutarlo. Perchè non era più lui, ed anche lei non era più lei, e forse sarebbero rimasti cosi per sempre. Di nuovo, la furia si era riaccesa. Ed esattamente come nel sogno, lei aveva preso a pugni lo specchio. Solo che stavolta era vero. Era vero il dolore alle nocche, era vero il suo sangue tra le schegge, era tutto vero. Ogni singolo specchio, era stato distrutto. E la cosa orribile era che nonostante tutto la violenza la eccitava. Terribilmente. Avrebbe continuato per ore, ed ore. Davvero, Ira non aveva motivo di voler abbandonare una cosi brava discepola. Prima, però, si era tolta l'anello. L'aveva baciato e messo al sicuro nel cassetto sotto la televisione. La parte "vera" di lei, aveva chiesto quest'unica grazia, e il cervello di Kim l'aveva accontentata. Ci sarebbe stato tempo dopo, di essere felice. Forse.

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Non ce la faccio, ad andare in camera da letto. Non ci riesco. E allora ho usato la telecinesi, per fare arrivare qui la sua felpa. Prima ci sono entrata, per rompere lo specchio, ma prima non ho proprio visto il letto. Ero presa da altro. Non voglio vedere. Credo che starò qui, sul divano. La finestra si è rotta, ma non mi interessa, la riparo domani tanto non posso sentire più freddo di cosi. Non sento niente. Ho persino pensato di incantare la bottiglia, per non dovermi alzare a prenderne un'altra appena sarà finita. Mando giù un sorso ogni volta che penso qualcosa che non sia stupido. Ogni volta che ripenso che Neal non tornerà, mi sembra che mi si strappi il cuore. Ogni volta che penso che non mi sopporta più, è come se morisse qualcosa, dentro di me. Jude aveva ragione, lo so che è meglio cosi, per entrambi. Ma allora perchè mi sento cosi vuota, e triste? Perchè mi sembra che mi abbiano tolto davvero tutto? Io ho perso, in realtà. E non c'è niente che voglia vincere dopo, niente che mi faccia sentire meglio. Persino questo liquore, sa solo di piscio. E questo divano è fatto di pietra. O forse sono io, che sto diventando una statua, e non me ne rendo conto. 

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Kim si era alzata, dopo che Baba le aveva detto di farlo, e aveva cominciato a fare la giravolta. Le piaceva moltissimo il modo in cui la gonnellina si gonfiava attorno alle gambe, le ricordava una campanula. E a lei piacevano quei fiori. E poi si era fermata, colta da un nuovo dubbio. Ha girato il viso a cercare, coi propri, gli occhi verdi della nonna e finalmente aveva chiesto

"Nonna...anche io ho un brutto carattere?"
"No tesoro, tu sei un angelo. Sei il mio piccolo angelo"

La donna aveva teso le braccia, verso di lei. E Kim si era precipitata ad abbracciarla, stringendola con trasporto, grata di sapere che stare con lei sarebbe stato più semplice che con loro.

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Offa continuava a vorticare, preoccupata, attorno al corpo della sua padrona. Osservava il sangue rappreso sulle nocche, e le bottiglie vuote, e il corpo fermo nel sonno. E le scivolava sopra, premurosamente, tentando di rianimarla. Ogni tanto Kim apriva gli occhi, una fessura, abbozzando un sorriso ubriaco e triste "Domani...domani sistemo. Ora sta buona. Da brava. Lasciami dormire"

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