New Orleans - 31 Dicembre 2012
Non era musica da camera, nè musica per rilassarsi. Probabilmente, per molti, quella non era neppure musica ma un'accozzaglia regolare di suoni elettrici, martellanti e sfibranti. E quello non era il pubblico che ci si aspetterebbe di fronte alla messa in scena di un'opera lirica. Non c'è niente di colto, di raffinato ed elegante in un rave ma in genere c'è sempre un mucchio di gente che sa bene come sballarsi. Musica, luci psichedeliche, alcol a fiumi, droghe di diverso tipo e persino una piscina gonfiabile piena di detersivo. Piuttosto improvvisata, a dirla tutta, ma c'era comunque chi ci si buttava a torso nudo per scivolarvi con la pancia. Un ciccione strafatto, in particolare, aveva gettato il panico tra la folla perchè nel gettarsi lungo quello scivolo aveva creato una sorta di effetto "palla da biliardo", facendo finire a terra persone anzichè birilli. Neal aveva riso di gusto, alla scena, sgomitando con i ragazzi con cui era uscito quella notte, e che frequentava regolarmente da qualche mese. La parola regolarmente, quando si parla di Neal, non deve ovviamente essere presa troppo alla lettera. Aveva gettato a terra un bicchiere di plastica, l'ennesimo residuo di un cocktail di robaccia ad alta gradazione, dalla scarsa qualità ma comunque bevibile, e di tanto in tanto gettava un'occhiata alle travi del capannone che ospitava il rave e che tremava come se dovesse implodere da un momento all'altro, finendo col divorarsi tutti loro e seppellire tra la polvere le porcate e i trip che si stavano consumando tutto intorno a lui. Neanche lui era lucidissimo, in realtà, ma ci vedeva ancora piuttosto bene. E la biondina che aveva cominciato a ballargli davanti aveva due tette davvero degne di nota, e per di più si dimenava in maniera ammiccante, era tutto uno sfarfallare di ciglia e un vibrare di chiappe. Joe, il più basso dei tre, si era avvicinato per urlargli all'orecchio che andavano a prendersi ancora da bere. Lui aveva dato un'occhiata all'orologio. Mancava ancora un quarto d'ora al nuovo anno, ed anche lui doveva trovarsi qualcosa con cui brindare. O qualcuno
"Bere. Mi pare un'ottima idea" aveva risposto, malizioso, scostandosi da lui per avvicinarsi alla bionda e metterle una mano sul culo, chinandosi a dirle qualcosa all'orecchio di lei
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"...che ne dici, se dopo andiamo a farci un giro? Mi andrebbe da morire un cheesburger"
"...si...""
"...sei carino, potremmo uscire qualche volta"
"...si..."
"..come hai detto che ti chiami?"
"Neal...adesso, AnneLee, perchè non usi un pò la bocca invece della mano?"
"Mi chiamo BrendaLee!"
"...va bene, ma adesso succhia. Da brava. Cosi..."
Le aveva messo la mano sulla testa, e se l'era spinta tra le gambe. E lei aveva ubbidito. Lo speaker aveva gridato che mancavano venti secondi alla mezzanotte, questione di attimi e un altro fottutissimo anno si sarebbe affacciato sul calendario. Neal continuava a muovere la mano, indirizzando il movimento di lei, che se ne stava a terra, le ginocchia nude a contatto col pavimento sporco di vomito e alcol, mentre lui se ne rimaneva sbracato sui divanetti, la testa girata a guardare il culo della cubista poco lontana e l'espressione beata di chi si sente a un passo dal paradiso. Il movimento della mano si era fatto più veloce, quando la voce dell'uomo aveva cominciato il vero e proprio conto alla rovescia. Tre, due, uno...Buon anno! E mentre l'uomo urlava, la gente urlava e saltava, trombava intorno a lui, si lanciava addosso alcol e risate, strusciandosi in un'orgia di corpi e droghe degna di un baccanale. Mentre lui veniva e la biondina, da brava, beveva ciò che le veniva servito per evitare di soffocare Neal ripeteva, tra sè e sè
"Buon anno, vecchio mio. Davvero un buon modo, di cominciare"
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Miami - 1 Gennaio 2013
Mezza nuda, le gambe impanate di granelli di sabbia sottile, circondata da bottiglie vuote di ogni genere e sorta, Kim teneva fissi gli occhi sul sole nascente, giocando ad affondare la punta dei piedi sulla spiaggia fredda e muovendo, lentamente, le dita in un gesto ripetitivo fatto senza pensarci troppo. Aveva freddo, e stava cercando di capire se era perchè aveva passato li la notte o perchè, più semplicemente, aveva addosso solo una specie di pareo. Solo quello. Ed una fascia sottile, annodata alla fronte, che le conferiva un'aria vagamente hippie e che non ricordava di avere indossato. Ma, se per quello, non ricordava neanche chi fosse il tizio che dormiva accanto a lei sulla spiaggia. Aveva un bel pò di tatuaggi, e approfittando della luce fioca e arancione del mattino e del fatto che neanche lui fosse particolarmente vestito glieli aveva osservati bene. Alcuni erano davvero bellissimi, cosi intricati e colorati da sembrare pezzi di quadro appiccicati alla pelle dell'uomo, ben piazzato e barbuto, che continuava a dormire della grossa. Non erano soli, e qua e la lungo la spiaggia era possibile vedere persone, o ciò che rimaneva di loro se vogliamo, appisolate o intente a smaltire i postumi di una colossale sbornia. Si era alzata in piedi, poco dopo, stiracchiando le braccia al cielo e incamminandosi a recuperare, da terra, la sua borsa poco più in la. Aveva cercato le sigarette, ma poi aveva cambiato idea. Di nuovo, la borsa era stata buttata a terra, mentre lei si incamminava verso la superficie mossa e chiara dell'acqua. Non si era neanche presa la briga di togliersi il pareo, immergendosi completamente in quell'acqua deliziosamente fredda. In quel momento, li, c'era solo lei. Non c'erano i giorni, i fuochi d'artificio, il vago senso di amaro in bocca dopo una bevuta colossale. Non c'era tabacco, non c'era casino, nè musica. Si lasciava cullare dal rumore dell'acqua, bracciata dopo bracciata, e ad ogni immersione rimaneva affascinata a guardare le piccole, argentate, bolle d'aria scivolare via dalla propria bocca e risalire verso la superficie, verso quel cielo trasparente che dava l'impressione, visto da li, che l'acqua in realtà non finisse mai e arrivasse a toccare il tetto del mondo.
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Quando era riemersa, dalla lunga nuotata, iniziava ad essere troppo "mattina" per rimanere cosi svestiti in un luogo pubblico. L'uomo, tra l'altro, si era svegliato e se ne stava fermo a guardarla avvicinarsi a lui.
"Stai fumando le mie sigarette"
"Ieri mi sono scopato la tua fica, e non mi pare la cosa ti sia dispiaciuta"
"Stai parlando di un anno fa, ora è diverso"
Aveva cominciato a raccogliere le sue cose o, comunque, le cose con cui era arrivata li, infilando su un paio di pantaloncini, ed una canotta, coi i capelli umidi che gocciolavano vistosamente e le si incollavano attorno al viso, creando una fastidiosa tendina di fronte ai propri occhi mentre compiva quei gesti.. Le scarpe erano dei sandali maschili, e le stavano larghi, per cui si era chinata a stringersi i lacci intorno alla caviglia
"Ti va di fare il bis?"
"No. Ma se la cosa può farti piacere, ieri notte sei stato bravo"
"Mh...e ora dove vai?"
"Non sono cazzi tuoi"
"...Si può sapere perchè cazzo fai l'acida ora?"
"Buon anno, tizio. Ieri è stato bello, oggi è un altro giorno, stammi bene e riguardati"
Aveva recuperato la borsa, e allungato la mano a strappargli la sigaretta di bocca incastrandosela tra le labbra e spostandosi verso la strada. Chissà perchè, il primo dell'anno lei era sempre di cattivo umore. O forse il perchè c'era, ma a lei non andava di pensarci. E di sicuro, non le andava di condividerlo con quell'uomo, cosi come non le andava di dividere le sue sigarette. Mentre gli occhi scivolavano oltre, a cercare un chiosco qualsiasi per fare una qualsiasi colazione, la mano destra si cercava al collo la collanina per poi stringerla tra le dita sottili
"...Andiamo. Altri 364 giorni da vivere. In un modo o nell'altro. Buon anno. Buon anno anche a te, nonna"
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Houston - 31 Dicembre 2013
Dakota e Kim si erano allontanate per andare in bagno, mentre Neal e Ben le aspettavano al bancone. Si erano fermati ad un autogrill lungo la strada giusto per fare il pieno, visto che avevano intenzione di passare l'ultima notte dell'anno a Houston. La scelta non era del tutto casuale. I gemelli sarebbero tornati a Phoenix il tre Gennaio, e quello era un modo per fare insieme un pezzo di strada. Avrebbero festeggiato, e poi loro sarebbero tornati in Arizona mentre Neal e compagna avrebbero ripreso la strada verso casa. Questo era anche il motivo per cui stavano viaggiando con entrambe le Jeep. La strega aveva fatto prima della mannara, e l'attendeva fuori dai bagni, poggiata contro il muro. Il vestito, corto e dorato orlato di frange in stile anni '20, che indossava non la faceva di certo passare inosservata. Un uomo dal look da camionista, ventre prominente e alito da decomposizione in stato avanzato, pensò bene di avvicinarlesi e di attaccare bottone
"Ehi...puttanella, quanto vuoi per una botta?"
"..."
"Cos'è, sei fuori servizio? Mi va bene anche solo un pompino..."
"Gira al largo..."
"...con quella bocca che ritrovi, secondo me sei brava"
"...non sono una puttana"
"Vuoi dire che me la dai gratis?"
"..."
"Ehi...dico a te. Guardami"
Lei non lo aveva degnato di uno sguardo, finchè lui non aveva allungato una mano a toccarle il braccio. A quel punto si, si era girata, fissando un'occhiata poco sensuale ma piuttosto rissosa sul volto dell'uomo.
"Voglio dire, che stai per passare dei guai. Guai del tipo che se ti sente il mio uomo, e credimi è spaventoso quanto sia formidabile il suo udito, ti strapperà la spina dorsale e la userà come filo interdentale. E quando avrà finito lui, giocherò io con te. Ho giusto bisogno di ripulirmi i tacchi, e il tuo culo flaccido sembra fatto al caso mio. Va via, ho detto, non ho voglia di tacchino arrosto stasera"
Nel poggiare la mano, su quella dell'uomo, per scostarla dal proprio braccio mentre parlava aveva rilasciato una lieve scossa, sufficiente a far bruciare i peli sul dorso della mano del tizio che aveva gridato, ritirando il braccio e allontanandosi di fretta.
"Mio fratello ha avuto proprio buon gusto, non c'è che dire. E tu, sei davvero una degna di stare in famiglia"
Dakota era rimasta sulla porta, a guardarla. Aveva sentito le voci, ma aveva preferito scoprire come Kim affrontasse certe situazioni, riservandosi di intervenire solo se necessario. Ciò che aveva visto, a quanto pare, le era sembrato molto più che sufficiente.
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Miracolosamente, lui si era svegliato prima di Kim. Nella camera del motel c'era un casino pazzesco, e sapeva perfettamente che anche nella stanza accanto, occupata da Ben e Dakota, il casino doveva essere simile. Nella penombra del primo pomeriggio se ne stava disteso accanto alla strega, che gli dormiva nuda tra le braccia. La mano, del braccio parallelo al suo fianco, stava carezzando dolcemente il tatuaggio che lei si era fatta in un punto delicato tra inguine e basso ventre. Ne era quasi ipnotizzato. Ipnotizzato dal ritratto del lupo stilizzato, di profilo, vagamente tribale e dalla bellezza del gesto in sè. Stava meditando ancora su questo quando lei si era mossa, mugugnando nel sonno, la voce impastata e gli occhi ancora ostinatamente chiusi.
"Mh...Che ore sono?"
"Le tre di pomeriggio"
"Mhhh...ho lo stomaco sottosopra"
"Lo è tutta la stanza"
"I tuoi fratelli sono svegli?"
"Ben sta ancora russando, e Dakota è scesa a fare colazione da poco. Porterà su qualcosa anche per noi"
"Quindi possiamo stare a letto?"
"Si...sei stata brava ieri"
"Quando?"
"Quando hai spinto via quella tizia vestita di nastro adesivo, ti sei messa in mezzo e mi hai spinto una mano tra le cosce. Questo vizio è una gran rottura di coglioni, ma tu sei brava a tenerlo a bada"
"Si però al ritorno vai da Santiago. Perchè io non posso starti sempre attorno"
"Beh, come guardia del corpo non sei male. Me lo guardi proprio bene..."
"Te lo guardo e basta?"
"Si"
"Come si?"
"Si, mi stai trascurando. E' tanto che non mi fai un grattino, ad esempio"
"Sai che si dice che se fai i capricci a Capodanno, li fai tutto l'anno?"
"Ah si? Beh, allora niente capricci. E niente grattini. Salimi addosso, facciamo qualcosa che mi andrebbe proprio di ripetere, per tutto l'anno"
"Uhm...direi che si può fare.
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Phoenix - 1 Gennaio 2014
Norwood aveva passato il Capodanno lontano. Affari urgenti richiedevano la sua presenza per alcune complicazioni, al confine col il Messico, e stava rincasando solo quel pomeriggio. Nel vederlo, Cassandra gli era corsa incontro, finendo col saltargli tra le braccia. Si stupiva sempre di come sua moglie riuscisse, nel tempo, a mantenere quei tratti spensierati, da ragazza, nonostante le preoccupazioni e gli impegni. Ma nel vederla cosi felice, nel sentirne l'eccitazione e la gioia cosi strettamente legate al suo odore ed al suo atteggiamento si era, per un istante, impensierito e incuriosito. L'aveva baciata, tenendosela stretta, per poi sussurrarle tra i capelli
"Ehi...l'ultima volta che mi hai fatto questa accoglienza eri incinta. Dobbiamo tirare fuori le culle dal garage?"
"Ho notizie, si, belle notizie. Ma niente culla. Si tratta di Neal"
Norwood si era allontanato quel tanto che bastava per guardarle negli occhi. Non c'era bisogno che la moglie gli dicesse nulla, aveva capito. Era un mannaro. Suo figlio era un mannaro, ed il gene si era manifestato. Adesso poteva tornare a casa. I suoi occhi, in un lampo, riflettevano un mare di emozioni differenti. Sollievo, orgoglio, soddisfazione, gioia. Era la bocca, tuttavia, a rimanere ancora un pò perplessa
"Come fai a...?"
"Dakota. Mi ha scritto poco fa. Sono andati da lui, e si sono visti"
"Dov'è, ora?"
"A BonTemps"
"Beh, che cazzo aspetta a tornare?"
"C'è...una donna"
"Una donna?" l'aveva pronunciato con sdegno, leggermente innervosito. Li per li, "donna" gli suonava più simile ad "umana" che a "mannara". La domanda seguente, era ancora più indisponente
"...l'ha messa incinta?"
"...l'ha messa incinta?"
"Insomma, cos'è oggi tutto questo interesse per la gestazione? No. Non è incinta. Dakota ce ne parlerà quando torna"
"Ma quindi Neal non torna con loro?"
"No, credo di no. Non l'ha detto"
"...Quel ragazzo, continua a farmi incazzare come nessun'altro al mondo anche ora che è uno di noi"
"Nor..."
"Che c'è?"
L'occhiata della moglie, di profondo rimprovero e brillante di irritazione, era stata abbastanza elusiva da rabbonirlo un poco. Aveva sbuffato, prima di incamminarsi con lei verso casa. Il silenzio, però, era durato poco. Perchè, ovviamente,come ogni maschio di casa Saunders ci teneva ad avere, sempre e comunque, lui l'ultima parola nelle discussioni.
"Va bene, va bene. Ma, e non osare contraddirmi donna, quando torna un pugno alla mascella per aver preferito una sottana a suo padre non glielo leva nessuno"
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