ore 09:00 18/11
Eccomi qui. La sera porno attori, la mattina dopo vecchi con l'artrosi. Me ne sto sul letto a gambe aperte a godermi le fitte che, dopo la compressa di analgesico presa ore fa, si ripresentano puntuali come impiegati di ritorno dalla pausa pranzo. La tenda è tirata, la camera da letto è inondata di luce, e sul comodino sono sparsi in maniera del tutto casuale cartacce di merendine, un blister di antidolorifico, tazze con sul fondo tracce di caffè ed il pacchetto di sigarette mezzo vuoto. Tutto sommato non sto malissimo. Ho il telefonino sul letto, accanto a me, e tra le mani la seconda sigaretta della giornata. Il fumo scivola via, tirato con sè dallo spiraglio di vento che filtra dalla finestra socchiusa, e da questa posizione riesco a vedere il bosco dietro casa. Ed il cielo. L'azzurro terso del mattino di tanto in tanto viene interrotto da sciami neri. Gli ultimi stormi di uccelli migratori si stanno preparando a lasciare BonTemps, verso climi più caldi, stagioni meno rigide. Mi ritrovo a pensare che dovrei essere con loro, come ho sempre fatto. Mi viene in mente il Messico e quando ho detto a Neal che presto avrei lasciato questa città per cercarmi un posto più caldo, che sarei andata li a passare l'inverno. Lui, allora, mi ha chiesto di aspettarlo per fare il viaggio insieme e dividere le spese. I mesi sono passati, noi siamo rimasti qui, e il Messico è una parola simpatica che leggo sulle vetrine delle agenzie di viaggi e che profuma di margaritas, tapas e sole. Lo stormo si muove compatto, disegnando sagome scure, proiettandosi nel cielo in buffe, affascinanti, acrobazie. Che strano...funziona che comanda solo uno, di tutti quegli uccellini. Lui decide che si va a destra? Tutti vanno a destra. Decide sinistra? Il gruppo vira a sinistra. E' una tattica splendida, per difendersi, perchè uccelli più grandi vengono disorientati da questo muoversi compatto, non sapendo quale del gruppo puntare per primo. Anche io facevo parte di una cosa simile, finchè improvvisamente tutti gli altri uccellini non si sono decisi a riempirmi di beccate e a mandarmi via.
Altra vita, altra Kim.
Che fa, la Kim di adesso? Sta nel letto di un Mannaro.
Cosa fanno i Mannari? Al momento non lo sappiamo.
Sappiamo solo che quando sono molto incazzati gli si illuminano gli occhi tipo il Gigante di Ferro e allora bisogna scappare.E che hanno i sensi più sviluppati, tanto che sentono distintamente il sorcio banchettare nel cestino dell'immondizia.Ah, e sappiamo anche che la loro pelle scotta, e che quando si feriscono guariscono da soli. Tipico, di Neal. Proprio adatto a lui, che odia essere medicato, odia essere aiutato.
Si incazza, se gli dici che moriresti per lui, perchè lui è l'uomo, lui ha le palle, lui si difende solo, lui, lui, lui.
Dio, se è frustrante non sentirsi capiti. Porco cazzo, perchè non può essere solo contento, se qualcuno gli vuole tanto bene? Perchè non essere felice se voglio aiutarlo?
Sta diventando faticoso, stare con lui in queste condizioni. Vederlo scazzare per ogni piccolezza, sentirlo innervosirsi per ogni minima cosa, ed incassare e ingoiare perchè non vuoi creargli problemi su problemi.
Alterno momenti di gioia estrema, a momenti di profondo sconforto. Come ieri notte. Se una parte di me è incredibilmente felice che lui abbia trovato la sua vera forma, e finalmente sappia chi è davvero, se la parte di me senza famiglia è entusiasta del fatto che lui possa, adesso, ritornare a casa sua, tra la sua gente...beh, l'altra parte avrebbe usato la catena del cesso per impiccarsi. Come faccio a rovinargli la festa, e a fargli capire che mentre mi diceva che tutto il suo parentado nasce, cresce e si moltiplica con i mannari io mi sentivo terribilmente triste, per la prima volta dopo mesi, di essere una strega?
Non posso. Non posso dirglielo. Me lo devo tenere per me. Alla fine, anche io dovrei stare solo con zingari. Eppure sono qui che gli preparo uova e pancetta, sperando di non diventare io stessa pancetta per lui. Alla fine, lui è mannaro da un pò...se volesse mi avrebbe già smollato giorni fa. No? Non lo so.
Fottuta confusione, fottuta sigaretta troppo breve, fottuti uccelli che continuate a sghignazzare felici dalla finestra mentre noi litighiamo via messaggio perchè io ho l'ardire di mettere in discussione che lui possa difendersi da solo. Fottuta felicità. Vi odio. Se penso al nostro rapporto penso ad una corda, e vedo un bambino cattivo che con una lametta si diverte a recidere la stoppa colpo dopo colpo. Sfilaccia via tutte le speranze che ho su di noi, i momenti belli, le cose importanti. Ed io mi sento sempre più sola, quando fa cosi, sempre meno capita, sempre più stanca. Che farò, quando taglierà via anche l'ultimo ponte? Quando sarò stufa di sentirlo gridare per niente, di dover calibrare le parole? Quando mi convincerò che non c'è "noi", che per me esiste lui, e per lui esiste...lui. Cosa farò? Ci sarà uno stormo nel cielo, pronto ad attendermi. Ci sarà altro da fare, da pensare, da vivere oltre lui. Credo. Non lo so.
ore 02:00 17/11
Sono stesi sul tappeto, e non si capisce più dove inizia l'una e dove finisce l'altro. E' un intreccio complicato di corpi, voci e calore, in un alternarsi ritmico di bisbigli e grida. Perchè in certe cose non è che si ha sempre il tempo di pensare, di trovarsi un senso, di darsi una ragione. Chi se ne importa? Se un pò si divorano e un pò si assaporano, se confondono i linguaggi oltre che le lingue, e si interrompono per guardarsi smarriti per poi ricominciare con maggiore forza, come se non gli rimanesse altro da fare che aggrapparsi l'uno all'altra. Lui continua a stringerla, e a morderla, a inchiodarla a terra sul tappeto polveroso, incurante di quanto sia duro il pavimento sotto di loro, dei lamenti che sente quando una spinta è troppo forte, o una presa eccessivamente decisa. Ogni suo "no" a lui suona come un "si", ed è talmente preso dall'idea di possederla, di fare in qualche modo parte di lei, che il resto sono solo stupidi dettagli e si deve davvero sforzare per evitare di farle male sul serio. Lei, di suo, non aiuta a fermarsi. Il modo in cui si muove, in cui respira, in cui singhiozza e si inarca, persino il ritmo con cui il sangue le scorre dentro le vene strappano via ogni briciolo di ragione, ogni buon proposito ed ogni minima scintilla di raziocinio. C'è qualcosa in lei di incredibilmente carnale, un marchio invisibile che si porta perennemente dietro e che smuove via ogni dubbio, ogni incertezza sulle cose che le si vogliono fare, o che si vuole che lei faccia. Ci sono particolari, di quello che stanno facendo, che la mente inquadra come in una fotografia, e che sa che gli rimarranno impressi a fuoco nel cervello anche nei giorni a venire. Assorbe quelle immagini, quei fotogrammi, come se fossero acqua fresca e lui si portasse dietro una sete centenaria. Il taglio dei suoi occhi, il modo in cui l'iride muta colore quando il corpo si eccita, lo sguardo a tratti sottomesso e a tratti battagliero che gli rifila, e che pare un invito a dominarla, una sfida ad essere dominato. Lo schiudersi improvviso della sua bocca, e il gonfiore delizioso delle labbra, il punto di rosso che assumono, come se fossero sporche di sangue quando invece è lui a sporcarle di saliva, e di respiri, di richieste. Lei sembra fatta di sospiri e di profumo, docile e calda, asseconda il suo volere con sorprendente dedizione. Ed anche a lei, il cervello non funziona, le cose non tornano. Non capisce come dal pavimento si sia ritrovata sul letto, nè che ore siano, nè quanto tempo sia passato. Non capisce perchè, se si sente cosi stanca e sfinita, la sua bocca continui a dire "ancora" invece che "basta". Ha voglia di continuare a sentirlo in quel modo, di ritrovarselo addosso e dentro finchè il piacere non diventa dolore, ed il dolore piacere. I confini si superano, le barriere si abbattono, lui smette di tenersi e lei di pensare. Finchè il letto non diventa una prigione, le loro ossa non sono che sbarre e la pelle la loro divisa a righe. Finchè non smettono di starsene per fatti loro, nel loro piacere, e non diventano una cosa sola anche in quello. Un unico, interminabile, attimo. Come quando esplode una stella, non ne senti il rumore ma ne vedi il bagliore, terribile e meraviglioso assieme. Come un soffione, che muore nel vento.
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ore 16:00 18/11
Che uomo complicato. Che uomo meravigliosamente complicato. Dio, è...un mosaico. Cosi tanti tasselli e tanti colori, a dare un'immagine stilizzata di ciò che in realtà lui è, di ciò che rappresenta. Mi si illuminano gli occhi quando mi dice certe cose, e lo so per certo perchè è il cuore per primo ad illuminarmisi. So quanto faccia fatica, a parlare di sè, so che parlare in generale gli sta sul culo. Quindi ogni volta che si confida, che si apre un pò, per me è un regalo grandissimo. Ho apprezzato che abbia scelto di dirmi dei suoi, visto che non ne era affatto obbligato. E della sua natura. Non è una cosa cosi scontata, il confidarsi, e probabilmente molti avrebbero fatto storie perchè ne accenna solo adesso dopo mesi che ci vediamo. Ma insomma, mi rendo conto che uno non può uscirsene di punto in bianco con "Sai, forse c'è la possibilità che io prima o poi diventi mannaro. In questo casa sappi che bla bla bla". Non ha senso. E' successo ora, e me lo racconta ora. Ogni cosa che lui si sente di condividere con me, la vivo come un regalo. Ed è un regalo anche quando mi lancia messaggi. A pezzi, in codice.
"Mi piacciono i tuoi capelli"
"Hai un bel sorriso"
Lo so. Molte penserebbero che non è molto, che mezze frasi, briciole. Fanculo...per me questo è pane. Perchè so che fatica è per lui dire anche una cosa cosi piccola, e so che va intesa col significato di mille meravigliose parole. So quanto gli costi ammettere che il pensiero di perdermi, anche se per salvare il culo a lui, lo faccia incazzare da morire. E nonostante la confusione che sento, nonostante la stanchezza, e i momenti di solitudine...lui continua ad essere il mio piccolo, personalissimo, raggio di sole. Se c'è tempesta, lui poi è l'arcobaleno. O le carote. E sento ogni mio sforzo, ogni mio sacrifico, ripagati da quelle piccole rassicurazioni che lancia, di tanto in tanto, nei nostri discorsi. Forse è vero che non è lui la Volpe, nel nostro rapporto. Ma possiamo fare che è lui il Bambino, ed io la Strega. Possiamo fare che siamo una Strega e un Lupo. E che ci addomestichiamo inselvatichendoci. Possiamo fare quello che ci pare, finchè continua a volermi bene. Non lo so, se mi ama, non si capisce bene perchè è talmente caotico, e un pò dice un pò non dice, si tiene le cose dentro ed è difficile capire. Ma bene me ne vuole. Tanto che all'idea di perdermi lui scazza. Tanto che rompe le porte, per non sfiorarmi. E si inventa viaggi ad minchiam, per venire con me a San Diego. Perchè l'ho capito, che lui li non ha un cazzo da fare. Però ha me. Ed io ho lui.
ore 19:00 18/11
Lui lo sa. Sa che oggi mi ha fatto arrabbiare. Ma invece di fare la checca dispiaciuta, invece di smielarsi in infinite promesse e parole di scusa, a casa mi farà trovare il panino con gli affettati. Ha cucinato lui, insomma. E ha comprato del vino buono, per berlo con me...ok, da me. Per stare con me. Insomma, se io mi arrabbio lui rimedia portandomi a cena. In casa. Cucina lui. Pensa a tutto lui.
Ecco. In momenti come questo, la confusione svanisce, tutto si appiana e mi accorgo che mi basta quello che mi fa sentire, non importa molto cosa sente lui.
In momenti come questo andrei in giro a cantare che è l'uomo per me, fatto apposta per me.
In momenti come questo comprendo che Neal mi ha già sbranato il cuore...se anche si prendesse il corpo, non succederebbe nulla di grave.
Il mio posto è qui. Il mio posto è lui. Ed io non sono più stanca.
<Kim per strada incrocia uno stormo di uccelli. Abbassa il finestrino del taxi e solleva il dito medio verso di loro. Non è più invidiosa di non essere li in mezzo. Ha solo fretta di tornare a casa, dal suo pezzo ingombrante, biondo, arrapante e rumoroso di famiglia>
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