martedì 5 novembre 2013

Maggio 1998 - Missouri





C'era sempre un buon odore, nel carrozzone, odore di spezie, di erbe essiccate e di sapone per bucato. Uno dei primi ricordi che ho, di quando ero bambina, è quello delle lenzuola. La nonna le stendeva su dei pali che montava fuori dal carrozzone, tra i quali tendeva un filo. Non mi lasciava mai da sola, ed anche da piccolissima mi portava con sè. Da dentro il mio cesto, la osservavo appendere lenzuola bianche, camicie colorate,  fazzoletti. Il mio primo ricordo, quindi, sono teli gonfiati dal vento come vele di una nave,  drappi colorati che danzano su di me e verso i quali tendevo le manine, mentre mia nonna continuava a canticchiare, sommessamente. Si appuntava le pinze lungo l'orlo della maglia, prendendole a poco a poco con gesti abili, rapidi e sicuri. Aveva mani laboriose, che non sembravano conoscere mai riposo. Tutti pensano che gli zingari siano solo dei ladri, dei truffatori. Molti, in realtà, ricorrono a certi espedienti solo in caso di necessità o quando si presenta loro un'ottima occasione, e nel resto del tempo si mantengono facendo un altro mestiere. Mia nonna, ad esempio, era una sarta. Di viaggio in viaggio, di città in città, aveva il suo piccolo giro di clienti e si faceva pagare piuttosto bene. Addosso a lei trovavo sempre frammenti di filo spezzato, scampoli di stoffa attaccati all'orlo della gonna, briciole sforbiciate dal tessuto e aghi appuntati al petto, vicino alla scollatura. Sono cresciuta tra i ritagli di pezze di diversi colori e consistenze e vestiti altrui che stavano con noi il tempo di essere sistemati. Come un cacciatore di tesori, attenta a non macchiarli, facevo scivolare le mani sugli abiti alla ricerca di un dettaglio sorprendente...e poteva essere una ruches deliziosamente arricciata, un ricamo variopinto, la superficie scintillante e ruvida di un dettaglio in perline e strass. Cercavo la lucentezza del raso, l'impalpabilità dello chiffon, la voluttuosa morbidezza del velluto. Cercavo un intreccio geometrico, la stampa di un fiore, miscugli di lettere e colori. Cercavo cose che non potevo avere, e che mi accontentavo di ammirare.

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"Ahia!"  Kim porta il dito alla bocca, e solleva gli occhi verso la nonna. Sono sedute davanti alla finestra, su sedie di legno di dimensioni differenti, che la portano ad avere il viso quasi a livello delle ginocchia della donna anziana. Avrà si e no otto anni, e una certa irrequietezza nei modi che non la fanno andare troppo d'accordo con l'ago. La luce filtra tenue dalle tendine bianche, illumina i loro lavori discretamente, soffusamente. Quello di Kim, adesso, ha una macchiolina di sangue ad impreziosirlo. La nonna sorride, abbandona sul grembo il gilet che sta riparando, e allunga le mani verso quelle delle bambina. 
"Devi fare con più calma, finchè non hai imparato bene. Fa vedere cosa ti sei fatta...ecco, non è niente"
"Ma io voglio essere brava come te, e subito!"
"Lo diventerai, ma con il tempo. E con la calma. Ricomincia ora, che il lavoro non si finisce da solo"
"Nonna...un giorno posso avere anche io un abito da sera tutto per me?" - l'ha sussurrato, come fosse un segreto, una richiesta da fare solo a voce bassa. E  la nonna ha sorriso, annuendo. Qualche giorno prima ne ha riparato uno per una cliente piuttosto facoltosa e non le è sfuggita l'occhiata estatica della nipote, mentre lo sistemava addosso al manichino.
"Si, bambina...e dì un pò, com'è che lo vorresti?"
E lei aveva ricominciato a parlare, a descriverlo fantasticando, esagerando coi dettagli e abbondando coi particolari. Voglio le maniche gonfie come nuvole, e che sia lucente come il sole, brillante come la rugiada, confezionato dalle fate. Che sia bello, che sia ricco, che sia mio, solo mio. La nonna ascoltava, in silenzio, e sorrideva senza interromperla. A quella bambina la vita aveva già tolto tanto, perchè negarle anche la voglia di sognare?

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Di mia nonna ricordo le mani, sopra ogni cosa. I gesti semplici, che compiva per me ogni giorno. Le sue dita tra i miei capelli, prima di addormentarmi, a scandire il tempo con cui raccontava le storie della buona notte. Ricordo il rumore del mortaio, mentre macinava le spezie, e la polvere sottile che si alzava attorno al pestello in volute impalpabili e profumate. Lo scricchiolare delle erbe secche, mentre le sue mani scomponevano  i mazzetti che aveva lasciato essiccare a testa in giù, appesi al soffitto, e li sminuzzavano finemente per metterli nei vasetti di vetro che impilava in dispensa. La sua mano che teneva la mia, più piccina, quando andavamo per campi a raccogliere foglie, radici, fiori nuovi. Aveva un rimedio per tutto, un sapore per ogni cosa, un trucco per ogni difficoltà. Camminavamo assieme, i cestini appesi alle nostre braccia, intorno a noi nient'altro che il ronzare delle api o il cinguettare allegro proveniente dal fitto di qualche albero. E la voce della nonna, sicura e serena, che continuava a spiegare

"Nonna, qual è il tuo fiore preferito?"
"Mi piacciono le margherite, Kim. Passami le cesoie, adesso, stacchiamo questo rametto qui..."
"E questo che cos'è nonna?"
"E' un Pino"
"E a cosa serve, il Pino?"
"Ah, questo fa benissimo per il senso di colpa, e per quando  ti senti inadeguato"
"E quello laggiù in fondo, invece, che cos'è?"
"Una Quercia...osserva le foglie, vedi che forma particolare che hanno? Con quelle ci possiamo fare un infuso"
"E a cosa fa bene, l'infuso di Quercia?"
"Vedi com'è possente, quest'albero? Le Querce sono il simbolo della forza, e l'infuso allevia la stanchezza. Possono essere anche molto antiche, sai?"
"...Più antiche di te?"
"Si, molto più antiche di me"
"...Più antiche anche del vecchio Fedòr? Leon dice che lui ha come minimo cento anni!"
"Si, anche di lui"
"Mh. Sarà...almeno la quercia non puzza. Fedòr invece si"
Kim aveva arricciato il naso in una smorfia cosi disgustata che la nonna aveva riso, divertita. E poi avevano proseguito oltre. Baba a spiegare, a raccogliere, a mostrare. E Kim ad ascoltare, a fare domande, con quella sua smania di sapere, di scoprire, di imparare

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Mi manchi, nonna. Davvero tanto. Vorrei tu fossi qui, a vedere cosa sono diventata. Vorrei che mi dicessi che spezia associare ad ognuna delle persone che fanno parte della mia vita.
Che spezia è Neal? Che odore avrebbero Santiago, Heikki, Gwendolyn?
Vorrei raccontarti di loro, e presentarteli.
Mi mancano le tue mani, nonna, e le tue ricette. La tua voce ed i tuoi abbracci, mi manca il modo che avevi di parlarmi del mondo e di cosa vi fosse li, in serbo per me.
Sei sempre nei miei pensieri, ogni giorno...ma oggi sento tremendamente la tua mancanza perchè passando davanti casa dei vicini, per andare da Aislyn, ho visto una margherita lungo il ciglio della strada. Non è stagione, di margherite, dev'essere spuntata per via del caldo di qualche giorno fa.
 Eppure c'era, era li, sulla mia strada.
Ti sembrerà sciocco, e ne rideresti, e probabilmente è cosi sciocco che non avrò mai il coraggio di raccontarlo a nessuno...ma ho pensato che quello non fosse solo un fiore nato prima del tempo.
Oggi, per un attimo, ho pensato che fosse il tuo modo per ricordarmi da lontano che non ti eri dimenticata di me, che c'eri sempre.

Ti voglio bene, Nonna

<custodita gelosamente dentro le pagine del diario, la margherita del bordo strada riposa, essiccando lentamente vicino ai ricordi della ragazza>


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