sabato 19 ottobre 2013

Ottobre 1995 - Ironville



Le grida della bambina si levavano alte, nel bosco, e forse era proprio il silenzio del posto a renderle cosi assordanti. Si dimenava come un'ossessa, mentre l'uomo la teneva a pancia in giù sul proprio ginocchio e distribuiva schiaffi sul sedere e le cosce della bambina, e tanto per essere sicuro di farle male le aveva persino sollevato la gonna. Segni rossastri si distribuivano a macchia sulla pelle chiara e lei tendeva le mani verso il terriccio, vi affondava le dita con disperazione sollevando cumuli di polvere e foglie, tentando di sgattaiolare via da quella presa, da quei colpi. L'uomo, sulla quarantina, scuro e dai lineamenti piuttosto rozzi, imperfetti, continuava a colpirla come se nulla fosse. C'erano, nello sguardo, la stessa tranquillità e sicurezza che una casalinga avrebbe usato per ribattere i materassi a fine stagione. Poco lontano alle loro spalle, un gruppetto di donne, uomini e bambini, assisteva alle scena a braccia conserte, in religioso silenzioso. Ancora oltre, dietro di loro, le roulotte e le tende che avevano montato li etichettavano definitivamente, a scanso di equivoci, quali travellers. La scena sembrava destinata a durare ancora per molto, finchè non accadde qualcosa di imprevisto. Qualcosa che è difficile possa verificarsi, di norma, e che comunque quel giorno accadde. Un ramo morto, dal diametro pari a quello di un braccio umano, si libra in aria staccandosi silenziosamente dal suolo e va a colpire l'uomo in testa.  Non cade da un albero, non viene lanciato, nè mosso da fili invisibili. E' come se una mano trasparente lo avesse sollevato da terra e, presa bene la mira, tirato sulla zucca di Gàspar che, colpito, urla a sua volte allentando la presa sulla bambina. L'istinto di sopravvivenza ha la meglio, e lei ne approfitta per sgusciare via dalla stretta dell'uomo e scappare. Non guarda neppure dove va, corre e basta, il viso rigato di terra e lacrime, rosso e ansante. Va a sbattere contro qualcosa di morbido e duro al tempo stesso, e davanti a sè vede solo la stoffa colorata di una gonna, prima di sentirsi afferrare da un altra mano. Una mano vecchia, tiepida e familiare. Baba.

"Toccala ancora, Gàspar, anche solo col pensiero e non vivrai abbastanza da vantartene"

A parlare è una donna anziana, i capelli bianchi che sbucano appena da un vecchio fazzoletto annodato in fronte, piccola e gracile in apparenza. Sono gli occhi, a parlare per lei, a trasmettere forza e solennità alle sue parole. Accarezza la guancia di Kim con la propria mano e resta immobile. Il gruppo di zingari si è disperso, silenziosamente come si era radunato, e in quel punto di foresta ci sono loro tre soli adesso. Gaspàr, dolorante, si rialza. Sa bene che Baba gli sta di fronte, e che il ramo l'ha colpito alle spalle...ma non ha dubbi sul fatto che sia stata lei, a muoverlo. E' furente, per l'affronto subito, ma c'è qualcosa di molto potente che è in grado di renderlo docile, innanzi alle vecchina. E' la paura. O forse, semplicemente, la superstizione.

"Lei si è di nuovo avvicinata a mio figlio. Non può stare con noi! E' figlia del demonio!"
"Se con noi può stare un animale come te, allora può stare anche lei"
"Ma..."
"Toccala, e le mie maledizioni ricadranno su di te e sui tuoi eredi. A te la scelta, Gàspar"

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Il rumore dell'acqua che scroscia, dalla brocca alla tinozza, si mescola a quello delle risate di Kim. Ha i capelli talmente lunghi che le arrivano fin sotto al sedere, sedere che porta ancora le tracce del pomeriggio burrascoso. E mentre lei si insapona il corpicino, amorevolmente, Baba le districa i nodi con un pettine d'osso. Lei è ancora una delle poche che preferisce il carro, alla roulotte. Un carro tempestato di ninnoli, rametti di erbe messe ad essiccare, sonagli e un mucchio di cose bizzarre ai più

"Non ti avevo detto di non ficcarti nei guai?"
"Ma sono i guai che vengono da me! Ho detto a Leon che non posso giocare con lui, ma è lui che viene a cercarmi"

E lei non lo respinge. E' una bambina, dopotutto, e vuole giocare con un'intensità tale da rasentare la disperazione.

"Baba...mi evitano tutti per via di quel brutto segno sulla schiena?" la vecchia gliel'ha mostrato con uno specchio, parecchi anni prima, e le ha già fornito la risposta a questa domanda. E' una voglia, il segno, a forma di testa umana su cui spiccano, inquietanti, due lunghe estremità ritorte come le corna di una capra. Un segno di malaugurio, per la comunità di zingari in cui Kim sta crescendo

"Si, proprio cosi"
"Baba, puoi toglierlo?"
"No, non posso"

Ogni volta le stesse, identiche, domande. Ma stasera Kim stupisce l'anziana, chiedendo qualcosa di diverso

"Io...dovrò stare sola per sempre?"

La donna smette di pettinarla, e rimane zitta per un pò a fissare la bambina, che le da le spalle. Posa il pettine a terra, e la gira delicatamente in modo che possa guardarla negli occhi. La piccina ha gli occhi chiari del padre, e la bocca pronunciata della madre. Uno splendido esempio di come, la mescolanza tra razze, produce esemplari di rara bellezza. Ma sul faccino paffuto e morbido non c'era nè la gaiezza nè la spensieratezza dell'infanzia. Solo il timore e l'angoscia di chi sente che, davanti a sè, avrà anni difficili ad attenderla.

"No Kim, tu non sarai mai sola. La gente che adesso ti tratta male è sola, perchè vive chiusa nella sua ignoranza. Tu avrai sempre qualcosa in più, rispetto agli altri. Ed è quel qualcosa che ti consentirà di non essere mai del tutto sola, nella vita" la voce era vibrante di calore, di dolcezza e di affetto. E Kim, rassicurata, le aveva sorriso. A Baba era sembrata che l'intera stanza si illuminasse.

"Alzati, adesso, è ora di uscire dall'acqua o diventerai un'orribile sirena con le branchie al posto dei polmoni e le gambe ti diventeranno pinne"

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Ripensando a quel giorno, e a Baba, a distanza di anni Kim sorride. Da bambina aveva pensato che la donna, nel parlare di "qualcosa in più",  si riferisse alla macchia e al coraggio che le toccava dimostrare, giorno dopo giorno, per integrarsi e andare oltre. Adesso, invece, dopo gli ultimi avvenimenti aveva capito che non era cosi. Che lei aveva visto giusto, e aveva visto oltre.

Perchè lei, e su questo gli zingari avevano ragione,  non era come le altre bambine della comunità.
Kim era una Strega Elementale, il suo Elemento era l'Aria, e da quando il potere era venuto fuori aveva smesso, una volta per tutte, di sentirsi del tutto sola.

Adesso c'era la sua magia, a farle compagnia. E la felpa di Neal...ma quella, quella era un'altra storia.


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